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Un fatto eclatante nasconde un mistero che sconvolge d’un tratto la solita “routine” nella vita di Raffaele, bancario ribelle e dinamico che non accetta le regole ed i dogmi della “Banca”, portandolo a vivere una esplosione continua di eventi ed emozioni.
Parallelamente, le vicissitudini di Roberto, bancario tipicamente rassegnato al ruolo che occupa e fedele al senso di responsabilità che contraddistingue la categoria dei “funzionari” di banca, si intrecceranno attraverso un terzo personaggio: Daniela, dolce e sensuale “collega”.
Cosa centra Daniela in tutta questa vicenda?
E come si accomunano i due colleghi apparentemente agli antipodi? Chi è coinvolto
dietro le quinte?
Alberico Lupi, col suo trascorso nella “categoria” dei bancari ci vuole inviare un messaggio premonitore.
Avvincente, veloce, semplice. Lo stile di questo giallo vi porterà ad un crescente interesse per sapere la verità… ed in un “batter d’occhio” vi troverete alla soluzione del mistero.

BanKari (testo completo)

ALBERICO LUPI- BANKARI- finito di scrivere a Ravenna, nel 1996- Questo libro è frutto della fantasia dell’autore. Personaggi e luoghi menzionati in quest’opera non riflettono alcuna correlazione con la realtà o con fatti realmente esistiti. Qualsiasi analogia è quindi assolutamente casuale. - Prefazione - Le ultime vicissitudini riguardanti “Bancopoli” nonché i mutamenti lavorativi che mi hanno coinvolto dopo il ‘96, mi inducono a distanza di dieci anni esatti dalla sua stesura, a pubblicare il giallo che vi state accingendo a leggere. Nel 1996 infatti appartenevo ancora alla “categoria” e non osai pubblicare un libro che evidenziava molti lati oscuri del mondo delle banche nonostante molti di voi riconosceranno che ciò che sta accadendo oggi fosse già “lampante” fin da allora e vi rispecchierete probabilmente in quel “modus cogitandi” dei protagonisti del libro poiché quella mentalità si sviluppava in maniera decisa intorno a noi. Purtroppo, quando fui pronto, mi avvertirono di una serie di “inimicizie” che mi sarei potuto procurare e di pericoli che avrei dovuto affrontare con la pubblicazione di questo libro a rischio di ledere la mia vita in Banca, tali da indurmi ad essere “prudente”. Pubblicai quindi un altro libro: il romanzo “Zio Nets”, che ebbe un discreto successo, ma che non sconvolse più di tanto la mia vita né mi diede la risonanza che speravo di avere con “BanKari”. Occasionalmente fornivo una copia inedita a qualche amico, così tenendo stretto il posto di lavoro; diventò quindi il mio “Sogno nel cassetto”... ignaro che avrei lasciato la Banca comunque pochi anni dopo vittima di una brillante azione di “convincimento” che ho scoperto avesse un nome: “Mobbing”. Nonostante “BanKari” sia una mera invenzione basata sulle molteplici “dicerie” che circolarono tra colleghi nell’ambiente di lavoro per oltre venti anni e che quindi non si riferisca a nessun fatto veramente accaduto o a personaggi realmente esistiti, esso è divenuto di brillante “intuizione e lungimiranza” se lo si colloca giustamente nel periodo della sua stesura. Alla luce di ciò, ho evidenziato nel libro tutto quello che negli ultimi dieci anni il “sistema bancario” ha effettivamente trasformato o vissuto: le maxi fusioni, le scalate per incorporazione; gli scandali; la mala governabilità e l’esistenza di reti delinquenziali insite nelle strutture di potere che oggi la Magistratura ha messo in piena luce… E cosa dire del “Mobbing” attuato per le categorie dirigenziali da “eliminare” ed ai licenziamenti di massa quando i governi europei lo consentirono… o allo “smembramento” delle nicchie professionali, non per far posto a nuove assunzioni bensì per cacciare via personale “in esubero” ? Ma quale esubero! Il sistema bancario si impoverì tutto ad un tratto della professionalità che aveva, facendo risentire gravemente questa carenza al Mercato durante gli anni a venire. Per oltre quarant’ anni abbiamo assistito alla guerra per il potere tra le Banche e l’Industria; abbiamo vissuto le manovre Massoniche e mafiose che ci hanno portato al Crack del Banco Ambrosiano ed agli intrecci politici con le sue morti “eccellenti” … ormai “Storia” nel nostro Paese; abbiamo ascoltato le continue menzogne dei suoi “Guru” che ci hanno traghettato fino ai nostri giorni fin quando non ci hanno impoveriti dei nostri sudati risparmi creando prima, per poi disfare, le “bolle speculative” e ci hanno derubato con operazioni di “insider trading” (solo pochi anni fa ne era la prassi; quasi un privilegio per chi deteneva il potere di saperne prima degli altri). La Magistratura, i Politici, i Giornali, gli esperti dei Programmi Radiofonici e Talk-shows televisivi hanno tutti ultimamente evidenziato che gli ultimi scandali delle intercettazioni telefoniche derivano dal fatto che il “Controllato controlla i suoi Controllori” … Non era già evidente dieci anni fa la lotta per il controllo della Banca d’Italia da parte delle Banche? Ci hanno anche dimostrato quanto “marciume” ci circondi col caso “Consorte” e “Fiorani”… ma fino ad oggi non ci hanno forse fatto crescere “felicemente” in un sistema corrotto e spesso illegale senza mai dirci niente? Cito le “ottime opportunità di investimento “Cirio” e “Parmalat””; i “Bond Argentini”… tanto per citare gli ultimi e i più eclatanti investimenti indicati dalle banche da “piazzare” alla clientela senza che i dipendenti potessero obiettare, che parlano molto chiaro su quello che fu l’atteggiamento delle banche verso i loro risparmiatori e del fatto che nessuno, come la Consob e Banca d’Italia incluse, si fossero mosse “prima” di autorizzare le O.p.a. e prevenire le truffe. Era difficile che all’epoca un operatore commerciale o Promotore Finanziario riuscisse a leggere e “capire” i difficili e pesanti libri chiamati “Opuscoli Istituzionali” che la Legge imponeva semplicisticamente di “leggere” prima dell’adesione a migliaia di Opv o Opa che si susseguivano mensilmente durante gli anni 1998-2000… gli anni della Bolla speculativa. La maxi-truffa in America “Enron” coadiuvata dal comportamento delinquenziale della “Arthur Andersen” –notissima ed importantissima Società di Revisione che doveva “controllare” i bilanci della stessa Enron- dimostrò inoltre come era corrotto il sistema di controllo delle banche e delle operazioni finanziarie. Ma chi volle tutto ciò? Chi ha sempre detenuto il potere oscuro di manovrare il mercato e lo ha sempre esercitato per scopi illeciti ai danni dei risparmiatori? Quanti altri scandali e truffe scopriremo nel futuro che sono attualmente perpetrate dentro i templi del “Dio Denaro” senza che si sappia niente? E’ nata forse oggi “Bancopoli”, o è sempre esistita ed oggi fa “comodo” tirarla in ballo per opportunità politica? Perché esistono ancora i “Paradisi Finanziari” nel mondo che non riusciamo a debellare come la Svizzera, il Principato di Monaco, San Marino, Cipro e le isole Cayman… (per citarne solo alcuni)? Perché esiste il “Segreto Bancario”, il “Conto Cifrato”? Cambierà qualcosa nella società italiana o dopo questo “ennesimo polverone” che ha costretto il Governatore della nostra prestigiosa Banca Centrale a mollare la “poltrona a vita” accadrà qualcosa che ci “distrarrà” nuovamente facendoci diventare insensibili e vaccinati alle solite ruberie, pensando alla propria pagnotta quotidiana da sudare? “… E tutti torneremo al nostro “caro” posto di lavoro, sottomessi e “grati”… con la testa china e lo sguardo apatico… pensando al nostro futuro ed a quanto siamo stati fortunati di non aver perso la nostra poltrona…” Purtroppo i recenti scandali piovuti sugli Organi della Banca Centrale ed i casi Giudiziari aperti contro personalità del mondo politico e bancario del nostro Paese, imbrattano d’infamia tutta la “Categoria dei Bancari”. Nonostante la mia “presa di distanza” da quel mondo e mentalità ormai a me lontane, non lo ritengo giusto e voglio spezzare una lancia a favore di tutti coloro che lavorano in quel mondo, in quanto il suo popolo è formato da persone selezionate e con curriculum di grande moralità ed onestà. Il Prestigio, le banche se lo sono meritato grazie ai loro dipendenti, ed il fatto che siano esistite ed esistano tuttora le “mele marce” non deve infangare una categoria intera. “BanKari” diventa in questo contesto più attuale che mai, facendo riaffiorare le sofferenze ed i sentimenti, i dogmi e le fedi del “popolo delle banche” che combattono da sempre per il “bene” e per la giustizia all’interno della propria Azienda: Questo libro è dedicato a tutti quei bancari coscienziosi, onesti e dediti alla loro professione, che -comunque fedeli agli ordini impartiti dai superiori-, riescono a “pensare” e a “ribellarsi” agli ordini sbagliati o impartiti dai mascalzoni. Il mio invito a tutti coloro i quali vivono quotidianamente le problematiche di questo antico mestiere è di ragionare con la propria testa e di ascoltare la propria coscienza e di lottare fermamente per i principi di onestà e correttezza morale. Quei principi in cui hanno creduto i loro predecessori, facendo dei Bancari, una Grande Categoria. Vivere in Banca... come Roberto e Raffaele. Alberico Lupi ----- Capitoli Ottobre - Ieri - Oggi Qualche giorno dopo Lunedì Novembre - OTTOBRE - Ieri - 1 - Era una giornata fredda, piovigginosa, grigia. Tutt’intorno era umido e le goccioline di acqua danzavano giù per i vetri della grande finestra che dava sul parco. Raffaele si sentiva umido addosso. Si era messo il vestito più bello che possedeva, per quella occasione. Ma adesso si sentiva a disagio, così inumidito... Il vestito emanava un odore strano. Di muffa? No, forse di stantio. Era la prima volta che si vestiva invernale. Era la prima giornata un po’ fredda che faceva in quel mese di ottobre. Strano. In genere fino alla fine del mese si stava bene ed il clima era mite, ma quest'anno il freddo era arrivato un po’ prima. Si guardò intorno: a parte la grande vetrata sul parco, la stanza era ovattata da moquette per terra e stoffa alle pareti. I suoni venivano soffocati dal condizionatore creando un ambiente irreale, come in un "limbo", come se il tempo si fosse fermato. Erano le otto in punto. Aveva sonno ma i pensieri gli frullavano nella testa ad un ritmo accelerato come il ticchettio dell'orologio. Era un giorno importante, quello. Non doveva sbagliarsi. Guai a sbagliare le parole!. Era nervoso e se lo sentiva addosso; gli sudavano le mani... i pensieri scorrevano troppo veloci, disordinatamente. Si mosse per vedere più da vicino un quadro (di autore?) appeso ad una delle pareti. Non conosceva il nome dell'autore ma i colori erano appariscenti, vivi. La trama non si evidenziava, era una di quelle tele che dicono e non dicono niente... un quadro moderno da interpretare, fatto da chissà chi e comprato tanto per riempire il "buco" e " arredare"... Forse (pensò) qualche dirigente aveva imposto l'autore per favorirlo... facendosi anche un regalino ... magari a casa sua. Tangentopoli non finiva certo al punto in cui erano voluti arrivare! Tanto per la cronaca Raffaele aveva saputo che la sua azienda aveva pagato fior di quattrini ai maggiori giornali per evitare "notizie sfavorevoli" o "contrarie". Oppure, per restare in tema di gestione acquisti, solo una ditta aveva avuto l'appalto esclusivo per la stampa di tutta la loro modulistica... Fior di miliardi che sicuramente avevano fatto mangiare tutta la Direzione Generale! Mah... Pensava e osservava il quadro. Gli occhi gli si chiudevano. Non aveva dormito per niente la sera prima, dal nervoso. “Quando mi tolgo il rospo dallo stomaco” diceva a se stesso “mi passerà la gastrite”. Difatti Raffaele soffriva di gastrite e di coliche nervose da quando le cose in banca non erano andate più per il verso giusto. Il lavoro certo non lo esaltava. Non si sentiva per niente "tagliato" per quel mestiere e soprattutto non si sentiva realizzato. Ma ciò che lo faceva imbestialire era il metodo di gestire il personale. “Numeri!” ripeteva sempre. “Siamo solo dei numeri per loro!”. E le giornate passavano inesorabili tra un litigio e una lavata di testa da parte di qualche superiore. Uno sgarro e una vendetta, qualche rogna o un cliente inviperito allo sportello... il capoufficio che si lamentava perché c'era troppa gente che si segnava lo straordinario o il capo del personale che redarguiva il collega perché troppe volte in una giornata era stato visto prendere il caffè al distributore automatico. Poi, però, quando ai capi serviva, venivano spostati da un ufficio all'altro senza poter dire “ah” Mai che venissero incontro al dipendente: “desidera andare in qualche ufficio particolare?... dove si sente maggiormente realizzato?... Ha qualche preferenza per un’Agenzia?” Macché! Lui era stato sballottato per mesi da un posto all'altro. La mattina all’agenzia di Piazza Spagna, poi, appena arrivato, veniva un contrordine e si doveva recare "di corsa" a Monte Mario. Arrivato dall'altra parte della città (e a Roma si sa quanto tempo si impieghi a spostarsi da un capo all'altro della città) gli era stato detto : domani all' E.U.R.. E così per circa tre mesi. Si era anche dato malato per vedere se ci mandavano qualcun altro. Tic... tac... erano solo le otto e cinque. Il tempo scorreva lentissimo. L'appuntamento era alle otto e mezzo e di questo passo il tempo non sarebbe passato mai. Si guardò le scarpe. Erano bagnate anche loro, sulla punta. Si erano pure sporcate di fanghiglia. Estrasse un fazzoletto di carta e lo insalivò senza toccarlo con la lingua. Poi lo stropicciò leggermente sulla scarpa e la pulì asciugandola appena, onde evitare di lasciarci attaccata la carta. Adesso erano un po’ più decenti. Si toccò la cravatta per vedere se il nodo "alla scappino", come gli aveva insegnato a fare suo padre (era l'unico nodo che conoscesse), fosse fatto bene e se la cravatta pendesse correttamente. La barba se l'era aggiustata corta corta di circa 1 millimetro la sera prima ed aveva usato il profumo costoso, quello regalatogli dalla sua mamma l’ultimo compleanno. Voleva fare una bella impressione, come vuole l'etichetta, visto che il colloquio era col Capo del Personale. Ma come mai questa convocazione? Non era proprio riuscito a capirne il significato. L'aveva chiesto al suo capo diretto, il sig. De Filippis, vicedirettore, il quale sapeva parecchie cose, lì dentro. Ma questi l'aveva squadrato bene negli occhi e senza battere ciglio gli aveva risposto che non ne aveva la più pallida idea. “Io sono contento di te” gli aveva anche detto per rassicurarlo. No, non pensava fosse stato lui a farlo chiamare. D'altronde ci potevano essere mille motivi per andare all’Ufficio del Personale. Da semplice routine a qualche spostamento di ufficio oppure... per una promozione! Ma no… Raffaele sapeva che di promozioni non se ne parlava da un bel pezzo. Dallo sportello l'avevano “convinto” a trasferirsi all'ufficio “Incidenti e Contenzioso”. Una bella roba! Tutte “rogne”, dalla mattina alla sera: una messa in mora, un reclamo, un incidente col cliente tal de’ tali... un decreto ingiuntivo urgente... oh! Per non dimenticare le noiosissime riunioni di "salvataggio" di alcune aziende con i rappresentanti delle banche ed i curatori che proponevano “concordati preventivi” prima di dover affrontare un eventuale fallimento. Anche se doveva riconoscere che, in effetti, professionalmente aveva avuto modo di crescere un po’. Ultimamente si vociferava però nei corridoi che lo avrebbero nuovamente spostato allo “Sportello” del pubblico. Perché “sbatterlo” nuovamente quando già ci stava? Forse, pensava lui, prima lo avevano declassato togliendolo perché non rendeva . Ma allo sportello non ci potevano neanche mettere un deficiente... perché allora rimettercelo? Oltre ai risultati che si dovevano portare bisognava avere presenza, pugno di ferro, savoir-faire ed astuzia con la clientela per non farsi scappare l'affare; agganciare il cliente tentennante e fargli fare quell' investimento o quell' altro affare…per la banca, s’intende. Insomma, non fare “dirottare” i fondi che erano la linfa vitale della banca. “La Raccolta!”, quella famigerata parola che riempiva la bocca del Direttore, e poi del Condirettore, e poi dei vicedirettori, e poi ... e poi... poi c'erano i “Funzionari” come Raffaele, che avrebbero dovuto rompersi l'osso del collo per farla questa famigerata “Raccolta”!. Agli impiegati non potevano forzare più di tanto la mano perché li mandavano a “spigolare”. Quello perché ormai quasi in pensione se ne fregava, l'altro che aveva la moglie malata gravemente e quindi bisognava essere comprensivi. Uno era sindacalista e nessuno osava andarlo a stuzzicare. Un altro era “scoglionato” (termine tecnico bancario sinonimo di “demotivato”) e Raffaele tentava in tutti i modi di spronarlo, ma senza aumenti di “stipendio” o di “grado” (che aiutava per far “carriera”) non era affatto facile. L'unica “carota” che Raffaele poteva sventolare a quella gente era accordar loro permessi retribuiti (di nascosto al Personale) ed accordare le ferie per i periodi estivi e di Natale-Capodanno, periodo che tutti chiedevano. Le otto e venti. Si sedette di nuovo. L'intestino brontolava. Era tipico per Raffaele sentire il ventre in subbuglio quando era nervoso. L'ultima volta che ricordava di essere stato male, ma proprio male, era stato dopo la terza rapina. Sì, proprio una brutta faccenda. Quelli erano drogati ed impauriti, tanto che a uno gli tremava la mano. “ Adesso spara un colpo” pensò allora. Il cassiere, con duecento milioni di lire per terra, dentro la cassetta di ferro, gli diceva al bandito “i soldi li ho nel caveau!... vieni giù che te lo apro!” rischiando la propria vita e quella dei colleghi qualora il delinquente si fosse accorto della bugia. Che imbecille ed irresponsabile era stato! Se la ricordava bene quella maledetta colite spastica durata ininterrottamente più di un mese! Lo curarono col bromuro perché dicevano che i nervi sotto choc contraevano in continuazione le budella!.. E poi, la grande delusione. Arrivarono i “Grandi Capi” a rincuorarli per lo spavento subìto portando wisky, grappa e dolci, “abbracciandoli paternamente” avvolgendoli e stringendoli con le braccia in senso paterno. Raffaele pensò veramente di far parte di una “grande famiglia”, ma dopo un po’ di tempo gli fu spiegato da colleghi anziani e smaliziati che in dette occasioni il capo del Controllo e quello del Personale “tastavano” i dipendenti per coglierli in flagrante qualora avessero nascosto delle mazzette (lasciate dalla frettolosa fuga dei ladri) nel taschino interno della giacca o nei pantaloni... Ci mancava che lo avessero tastato nelle parti “basse”! “Chissà cosa vuole quello?” pensò di nuovo Raffaele: “Forse mi farà veramente tornare in agenzia... e se lui mi dovesse chiedere cosa preferisco... allora gli dirò che sono letteralmente scontento di tornare in trincea. Mi sentirà proprio… Oppure gli dirò che sono stufo di essere trattato da "tappabuchi", che ho una certa professionalità che non sfruttano e che mi sento un numero. Gli dirò che voglio nuovi stimoli!.” Difatti Raffaele aveva un patrimonio linguistico notevole e si sentiva sprecato nel fare lavori che non fossero collegati con le sue capacità. E poi odiava la routine. D’altronde anche il lavoro di Agenzia non era ciò che più gli si confacesse: sempre e comunque le stesse cose, nella rincorsa infinita dei budget da raggiungere, e le solite problematiche col personale! D'improvviso la porta si aprì. Si affacciò una bella fanciulla di nome Daniela. Lavorava per l'ufficio del personale. Portava una bella gonnellina blu a plissé ben fasciata. Corta un palmo sopra le ginocchia che sfoderava due belle cosce, ben fatte, con tutto il resto... ed una caviglia sottile, raffinata come un cavallo da corsa. Era mora e aveva gli occhi a mandorla, scuri. Un bel sorriso ed una bocca carnosa. Portava gli occhiali che le davano un tocco di classe... (un po’ della "Segretaria tuttofare".) - Ciao Raffi, come stai? - disse lei arrossando lievemente. - Ciao... sto benissimo - rispose lui ammiccando. - Sei venuto per il "Capo", vero ? - - Hmm... sì. Mi ha convocato lui... - - Ah... e a che ora? - - Adesso, praticamente...- poi riflettendo chiese - A proposito, sai il perché? - Raffaele aveva recentemente avuto una storia con Daniela, e si erano lasciati in ottimi rapporti. Così ottimi che ogni tanto si vedevano ancora. Solo da amici, ma si vedevano. Adesso aveva preso coraggio e si era lanciato nel chiederle quella informazione, così importante per lui. Non riusciva a capire il perché di questa convocazione e si sentiva un po’ come il "sig. K" nel Processo Kafkiano. Aveva la sensazione di essere inquisito; tutto quell' alone misterioso intorno ad una convocazione senza una ragione apparente. Daniela rispose negativamente con la testa e alzò leggermente le spalle a mo’ di scusa per non essere al corrente e non poterlo aiutare. Gli disse che se serviva qualcosa lei era “a disposizione”, e con quel “doppio senso” si congedò con uno sguardo languido e furtivo nel richiudere la porta. Raffaele non fece in tempo a dirle di lasciarla aperta. La porta si chiuse e lei si dileguò. Si sentiva soffocare adesso che erano le otto e trentun minuti. La sensazione di panico si faceva sempre più forte e col riscaldamento acceso,la voglia di togliersi la giacca invernale, diventava irresistibile. Si toccò il polso per sentirne le pulsazioni: erano regolari seppur un po’ veloci, ma sapeva bene che in uno stato di agitazione era normale avere un po’ di tachicardia. Si alzò; andò verso la porta del salottino d'attesa e la spalancò. Si sentì un po’ meglio. Stette vicino alla porta qualche secondo, poi si affacciò timidamente fuori e osservò il commesso che leggeva il giornale. “Ha bisogno?” fece questi alzando lo sguardo. “Sa se il Sig. Battigia sia già arrivato?... avrei un appuntamento…” disse timidamente Raffaele. “Guardi che è qui dalle sette e quaranta!, vediamo un po’... posso telefonargli se vuole...” “No, no!... grazie...” Raffaele aveva timore di essere impertinente a sollecitare il capo del personale soprattutto per un colloquio di cui non conosceva neanche il contenuto, e sentiva crescere l'ansia dentro di sé. No. Chiamarlo e fargli presente che non era stato puntuale l'avrebbe potuto irritare ulteriormente. No, no... - Non si preoccupi, aspetto - e si ritirò in buon ordine nuovamente dentro la saletta d’attesa riaffacciandosi alla finestra. Fuori non pioveva più. Si era alzato un po’ di vento. Qualche foglia gialla cadeva trasportata giù in mille piroette. Il sottobosco del parco ne era pieno. Da lì si vedeva l’ arteria principale dell’E.U.R. . Era trafficatissima a quest’ora. Ormai era l'ora in cui tutti dovevano arrivare al proprio posto di lavoro, e tranne i lavoratori ministeriali che attaccavano prima, essa si affollava di ritardatari innervositi dai semafori rossi e dal traffico intenso. I clacson suonavano come delle trombe in un concerto, accompagnati dal fracassante ronzio dei motori stressati delle motociclette e dei motorini dalla marmitta consumata. Loro invece avevano il foglio “presenze” da firmare che alle otto e venti veniva rigorosamente ritirato dai commessi, più rigidi delle “SS”. Poi ci si doveva “giustificare” all’ufficio Personale, e al terzo ritardo scattava la prima lettera di avvertimento. Alla terza lettera poteva anche scattare la “giusta causa” per essere licenziati. Raffaele era funzionario e quindi era esonerato dal firmare, ma la responsabilità di aprire e chiudere il “Tesoro” lo costringeva ad arrivare sempre prima dei cassieri ed a uscire dopo tutti gli altri... e dopo il suo Capo. Raffaele la considerava una vitaccia. Dalle dieci alle undici ore al giorno senza poter più segnare lo straordinario. Era sicuro di averci rimesso economicamente a diventare quadro direttivo. Pesavano ormai su di lui molte responsabilità tra le quali i risultati commerciali, strettamente collegati al personale, che doveva galoppare senza lamentarsi; le firme da apporre sui contratti, fideiussioni o affidamenti... tutto soltanto perché aveva "la Procura". Ma cosa firmava? Spesso lui non lo sapeva neanche. - Devi firmare e basta - gli rispondevano i colleghi o i suoi superiori. - Ci vuole la doppia firma - rispondevano altri. - Spetta a te, hai la “Procura”- e così via. Il commesso si affacciò: “ Il signor Battigia la sta aspettando.” Il cuore incominciò a battere forte. “Eccomi!” disse Raffaele affrettandosi verso la porta. Si aggiustò la giacca e ritoccò per l'ultima volta il ciuffo di capelli all'indietro. Si ripulì i denti con la lingua e deglutì con fatica quella poca saliva che gli era rimasta in gola. Seguì il commesso attraverso una porta, poi dentro un corridoio in linoleum di color beige maculato: voltò dietro di lui a destra passando lo sportellino delle impiegate del personale... quello sportellino basso più del solito… Fino allora Daniela e Raffaele si erano sempre e soltanto salutati quando si incontravano per i corridoi della Sede. Saluti seguiti da sorrisi maliziosi, ma Raffaele non si era mai azzardato a fare delle “avances” poiché le sue informazioni sulla “collega” erano che fosse sposata … e poi lavorava in un ufficio che era “tabù” per chi era “di carriera”. Era stato per caso che si era leggermente chinato quella volta davanti allo sportellino per parlare con Daniela -dovendo chiedere delle informazioni- e avesse intuito che anche lei si fosse separata... era bastata una sua battuta lanciata casualmente… -come mai non porti la fede?- un invito a farle nascere la voglia di parlarne, di sfogarsi... -come hai fatto a capirlo?- rispose lei arrossendo lievemente. -Mi è già successo… so come ci si sente e posso aiutarti… Guarda che si sopravvive… Ci si sente finalmente liberi e si ricomincia a vivere… Guarda me!- ribattè sorridendo. Poi, vedendo che lei lo fissava interessata e che si era avvicinata per parlare a bassa voce con una certa complicità, si fece coraggio e chiese: -Se ti può far piacere, stasera non sono impegnato… possiamo parlarne bevendoci qualcosa assieme- ammiccò lui col cuore trepidante. La risposta fu fugace ma impulsiva. Decisero di vedersi dopo l’orario di lavoro. Seguì prima un “drink” allo “Shangri La”; poi una cena da “Checco allo Scapicollo”; due bottiglie di “Corvo di Salaparuta”... prima ancora di capire ciò che stavano facendo, tutti e due erano ubriachi in macchina. Raffaele la fissò e chiese se poteva baciarla e lei, evidentemente stupita, a quelle parole aveva risposto: -Prenditi ciò che desideri! Non devi “mai” chiedere!- Da quando Raffaele aveva il suo appartamento e poteva farlo senza sotterfugi, lo stuzzicava farlo in macchina, per strada... anche se vi era il rischio di essere visti dai passanti e passare dei guai. Ma quell’ invito inconfondibile lo aveva svegliato dal torpore dell’alcool. La sua mano finì velocemente sotto la gonna e sfiorò dolcemente le cosce scivolando giù fino a spostare le sue mutandine; Daniela si fece accarezzare lentamente mentre lui la baciava appassionatamente. Eccitata da morire, si sedette su di lui…. Così ebbe inizio la loro storia. Una “scopata selvaggia” in macchina; in un punto isolato e buio della strada. Si erano rivisti ancora, ma in banca si salutavano appena per evitare che gli invidiosi spettegolassero. Non aveva mai capito se quello sportellino era stato concepito così basso apposta. Forse era stato opportunamente studiato per farli inchinare (e farli sentire sottomessi... ). Le forche caudine. Lì -dopo tutto- c'era l'ufficio del Personale! Il commesso, che portava una uniforme grigio chiaro con cravatta blu, proseguì per il corridoio interno -privo di finestre e quadri- tutto di color beige... Raffaele dietro, che sudava freddo. Si fermò al cenno di "alt" che l’altro gli fece arrivati davanti ad una porta che neanche si notava, camuffata con la stessa carta da parati del muro. Il commesso accennò di attendere e bussò leggermente due colpi. Poi aprì la porta di appena qualche centimetro e attese... Si sentì dall'interno una voce autoritaria e pacata che lo invitò dentro, e il commesso disse: “C'è il sig. Minardi”. Dopo qualche secondo di pausa si udì: “Lo faccia entrare” 2 La stanza era illuminata da una grande finestra che dava anch’essa sulla strada principale. La scrivania era posta perpendicolarmente a questa e la luminosità accecava colui che entrava, facendo scorgere solo il profilo di una sagoma in controluce. Pian piano tutti i colori prendevano forma: grigio, beige, nero, bianco… rosso. Il sig. Battigia era un uomo sulla quarantina dall’aspetto giovanile, alto, snello, elegante e dalle donne considerato molto “interessante”. Molte tra le colleghe erano innamorate di lui. Effettivamente era un bell' uomo, ma aveva uno sguardo che più che “penetrante” era proprio “freddo”. Lo chiamavano “ice-man” : uomo di ghiaccio, quando si voleva far dell'ironia su di lui. Il grosso problema per i dipendenti era la sua grande abilità diplomatica a rigirare i discorsi e fregarli tutti con una perfetta dialettica. Ragionamenti ineccepibili da un punto di vista aziendale, ma in realtà spesso ipocriti o ingiusti. “Buon giorno sig. Minardi, si accomodi...” Un sorriso forzato in segno di cortesia, con la mano che indicava la sedia di fronte a lui. Raffaele entrò rispondendo al saluto e si sedette ringraziando. Battigia aveva un classico doppiopetto nero ma sfoggiava una cravatta rosso cardinale, quasi volesse spezzare quel grigiore che li sovrastava. La pioggia era smessa e qualche nuvola si era assottigliata facendo entrare in quella stanza una gran quantità di luce che riverberando con le gocce di umidità presenti nell'aria era divenuta accecante come per strada, dopo la pioggia, quando esce il sole e ci abbaglia, costringendoci a socchiudere le palpebre. Giocava a suo favore poiché l'ospite doveva adattarsi subito al nuovo ambiente, ancor più ostile in quelle circostanze. “Sta bene?” gli chiese. “Sì... grazie” rispose con un timido sorriso Raffaele. “Almeno finora…” pensò “Come mai questo colloquio, signor Battigia?” chiese con un filo di voce che gli prendeva tutta la gola ormai asciutta. Battigia prese gli occhiali e se li lustrò con un panno meticolosamente per qualche secondo; poi alzò lo sguardo verso di lui e disse con molta calma e voce grave. “Vede, signor Minardi... tempo addietro avevamo l'impressione...” Si mise gli occhiali e prese una lettera in mano guardandosi bene dal farne vedere a Raffaele il contenuto “…che lei non avesse quelle qualità indispensabili per ricoprire il ruolo di un Funzionario... qualità che indubbiamente si acquisiscono col tempo... col sacrificio... che nel suo caso non si sono ancora manifestate, nonostante i suoi venti anni trascorsi nel nostro Istituto. Personalmente l'avevo già avvertita in quanto mi sembrava corretto farle presente che il suo atteggiamento non le avrebbe giovato alla carriera, e almeno in quel campo abbiamo visto che lei si è dato da fare ed è leggermente migliorato…, non però quanto basti...” “Quanto basti... a cosa?” chiese col cuore in gola Raffaele. Trepidava nell'attesa di sentirsi dire che gli avrebbero segato la carriera... oppure di sentirsi sentenziare un trasferimento. Ma sperava niente di questo fosse possibile. Negli ultimi tempi si era dato una calmata. Le polemiche le aveva messe da parte e aveva cercato di dire "Signorsì" ogni volta che un superiore gli aveva imposto qualcosa. Non aveva litigato con nessuno da ormai tre o quattro mesi e faceva gli straordinari fino alle sette o le otto ogni sera senza mai lamentarsi; ovviamente non era pagato. No, non era possibile. Forse qualche stronzo gli aveva fatto rapporto apposta per rovinarlo. “Quanto basti a ricrederci su di Lei e sull'idoneità al ruolo che occupa in questa grande Banca” rispose Battigia. “Lei è certamente un buon elemento e lo ha dimostrato negli anni dedicandosi sempre con entusiasmo ed onestà al suo lavoro, ma non ha mai capito come “vivere in banca”. Lei non mi ha mai “aiutato ad aiutarla” e si è fatto fare non uno, bensì tre biasimi scritti dal Sindacato per avere usato il pugno di ferro contro alcuni impiegati e...” “Ma erano dei lavativi!” obiettò prontamente Raffaele che ormai sentiva vampate di calore ovunque nel suo corpo. La faccia era un bollore e probabilmente la pressione gli era salita parecchio perché ormai si sentiva confuso... non aveva la capacità di ragionare a “sangue freddo”. Si stava agitando e rispondeva alle accuse del Capo del Personale, il quale manteneva invece la calma ed il suo status di , di . “Non sono dei lavativi, come dice Lei. Sono delle persone che hanno sempre meritato la stima e la fiducia della Banca e se per una o due volte non hanno adempiuto ai loro dovere era suo obbligo riferire a me ciò che stava accadendo senza infierire contro di loro in maniera “personale ed eccessiva”. Vede, Noi siamo tenuti ad avere un comportamento ineccepibile nei confronti del personale impiegatizio, se vogliamo poi comandarlo”. Raffaele non replicò. Nella sua mente stava meditando la risposta e si imponeva la calma per non sbagliare. Non voleva alzare la voce ma non voleva però neanche farsi accusare ingiustamente. Fece un respiro profondo. “Signor Battigia. Mi scusi, ma non capisco... è successo tanto tempo fa e mi pareva ormai superato... Lei mi disse che avevo sbagliato e io le chiesi scusa…finì lì la questione... almeno per me. Non capisco perché oggi mi rivanghi il passato... e poi il collega si era messo ad urlare ed inveire contro di me in tale occasione… Neppure quell' atteggiamento mi era sembrato molto corretto.” “Lei doveva mantenere la calma e riferire. Non siamo mica al mercato, qui. Siamo in Banca e lei spesso se lo dimentica. Lei dimentica che gli ordini e . Così come noi abbiamo degli obblighi, li ha anche lei. Signor Minardi, queste sono le "Regole del gioco" e se anche non le dovessero piacere, si ricordi che le deve rispettare.” Prese la lettera in mano e aggiunse: “...La Direzione Generale mi scrive al riguardo che, vista la recente fusione con la Banca Popolare del Nord-Est, si sono creati quasi diecimila esuberi tra le due banche e che occorre fare una cernita per quanto riguarda il personale in essere.” “Mi sta dicendo che devo spostarmi?” chiese Raffaele a bruciapelo con l'aria preoccupata. “No, non le sto dicendo assolutamente niente di ciò, e la prego di non interrompermi. Lei ha il difetto di interrompere e non far parlare la gente!” replicò Battigia irritato. Raffaele deglutì amaramente quel poco liquido che gli era rimasto in gola. Aveva una gran voglia di fumare ma ora non poteva. Voleva mandarlo a ma sapeva che avrebbe così interrotto il “dialogo ed il rapporto di lavoro”. Non poteva rispondere perché sarebbe passato per “polemico” ed “insubordinato". Quindi rimase in fremente attesa del verdetto. “Dunque, dicevo che la Direzione Generale ha deciso di fare una cernita del personale in esubero. Non avendo le caratteristiche necessarie e non potendo tenere tutti, le comunicano purtroppo che è stato licenziato”… “ Ed a me è toccato questo ingrato compito. Nulla di personale.” Raffaele ammutolì. Gli si fermò il cuore e la mente si annebbiò. Battigia posò lentamente la lettera e si tolse gli occhiali. “Sig. Minardi, personalmente mi dispiace e voglio che lo sappia. L'ho anche difesa, nonostante tutto, ma non posso esimermi dal mio dovere di Capo del Personale e... “ “<< LICENZIATO ?!?>>” gridò Raffaele con una voce stridula con le lacrime che gli affioravano agli occhi. “ Lei mi sta dicendo che mi avete licenziato!? Ma com'è potuto accadere? Ma lei.. Lei...” “Si calmi, sono qui apposta per parlarne...” Il suo tono era divenuto adesso suadente; cercava di fare il comprensivo ma le parole suonavano come una sentenza: . Una ghigliottina sul collo. Raffaele era in preda ad una vera e propria crisi di nervi. “ Ma voi siete matti! Tutti questi anni che ho sputato sangue per terra, ho sempre fatto quello che avete voluto... e ora mi dite... mi dite che...” “Si calmi Minardi…” -Ma che calmi e calmi! Voi siete degli egoisti! Non pensate che alla “poltrona” e ci accusate ingiustamente per poi condannarci a morte! Voi...” Battigia alzò leggermente la voce, sempre mantenendo la calma “ Basta! adesso non deve esagerare... io sto eseguendo degli ordini!. Le ho già detto che ho cercato di difenderla ma non ci sono riuscito... e questo perché lei si è sempre comportato in modo arrogante con tutti. Non si è fatto un granché di amici in Banca, lei!” -Io non mi sto giustificando” disse Raffaele con ormai le lacrime agli occhi -Io dico che siete ingiusti, che la Banca è ingiusta. Io mi sono sempre sacrificato... tutte le volte che mi toccò spostarmi di Zona per le sostituzioni, senza chiedere il rimborso chilometrico che mi sarebbe spettato; quella volta che mi passò avanti il collega Ruspoli per il “Corso Fidi” perché dovevate favorirlo; tutte le ore di straordinario “volontario” di cui non vi ho mai chiesto una lira... e poi… quando vi è servito avere i “favori” dal mio amico Primario?... Quando mai sono venuto qui a lamentarmi? Eppure ve ne ho fatti, di favori io! Bel ringraziamento!- -Lo so che lei non si sta giustificando Minardi, si calmi però, non è purtroppo l'unico di questa Filiale ad essere stato licenziato... ve ne sono altri duecento- -Mio Dio! altri duecento! ma cosa sta succedendo!?- -Siamo troppi. Ecco cosa sta succedendo... Comunque, visto che lei fa parte del primo gruppo di "esuberi", ho ottenuto per lei almeno due cose: in primo luogo daremo ottime referenze a chiunque ce le chieda, se lei motiverà l’uscita come “spontanea scelta di dimissioni”... In secondo luogo, le “arrotonderemo” la liquidazione con un "bonus" di indennità aggiuntiva di cinquanta milioni …“netti”-. Raffaele si stava asciugando le lacrime. Era -a dir poco- a terra. Non capiva più perché il destino si era accanito su di lui. Era stato sempre orgoglioso di appartenere alla Banca Romana di Credito Ordinario ed aveva speso una vita dentro quelle stanze piene di polvere ed aria riciclata da condizionatori malsani. Non aveva detto niente quando aveva scoperto che gli aeratori erano foderati da amianto. Erano tempi in cui le pagine dei giornali erano piene di articoli su questo argomento. Centinaia di milioni da spendere… Molte aziende erano state scoperte e i nuclei speciali governativi controllavano a tappeto. L'amianto, si diceva facesse venire il cancro ai polmoni... La B.R.C.O. era stata anch’essa denunciata ai sindacati … ma lui non aveva fatto sciopero per protestare contro l'azienda come gli altri. Lui non aveva “mai” fatto sciopero. Neanche una parola contro l’Istituto quando gli avevano soffiato venti/trenta milioni di premio di cui aveva diritto per il suo trasferimento di Agenzia! Non si era mai lamentato quando gli veniva chiesto di accompagnare su e giù per la città gli amici del Presidente... E quando gli servivano i favori dell’Ospedale? Grazie al suo amico -che faceva il Primario- troppi erano stati i favori resi ai “big” della banca! Bella gratitudine! Era da denunciarli tutti quanti! Ma porca puttana! diceva dentro di sé. Ma porca puttana!. Si alzò. Si affacciò alla finestra. Si prese la testa tra le mani e urlò : -E adesso come faccio!? Mi avete rovinato la vita! siete senza cuore!- Si voltò poi ed implorò il suo accusatore. - mi dica se c'è qualche speranza di ripensamento... - -Mi dispiace, non fisso io le regole... io le eseguo e basta.- -Mi dica almeno quanto tempo ho ancora per organizzarmi..- implorò ancora Raffaele. -L'azienda le da un mese di tempo. Poi deve andarsene.- Un flusso di sangue tornò come un fulmine a ciel sereno nel cervello di Raffaele. La voce si ingrossò. -Io vado dal Sindacato! Dio mi fulmini, qui e adesso, se non vi faccio causa!- urlò. Aveva alzato troppo il tono e si aprì una porta interna dall’ufficio comunicante da dove si affacciò allibito dall’urlo il sig. Toschi, capo ufficio del Reparto. Guardò Raffaele, poi si rivolse a Battigia e disse: -Ha bisogno... ?!- -No- rispose quest'ultimo, che tornò a rivolgere la parola a Raffaele. -Lei adesso rifletta con calma. Se vuole, faccia una passeggiata; vada pure a casa. La esonero dal tornare in ufficio. Poi, per qualsiasi problema cercheremo di aiutarla. Stia tranquillo che non la abbandoneremo come un cane sull’ autostrada!- e si congedò alzandosi in piedi, posandogli amichevolmente una mano sulla spalla e simulando ancora una volta quel sorriso ipocrita che era così abile da camuffare in sincero. Dandogli la mano, infine, lo invitò verso la porta... che si richiuse alle sue spalle. 3 Flash di tutta una vita professionale attraversarono la sua mente con la velocità con cui i fulmini rimangono impressi nella retina mentre si scagliano all'orizzonte in una buia giornata di pioggia…per poi sparire immediatamente, mentre penetrano la terra, assorbiti da una sete insaziabile di energia. Così svanì immediatamente la sua speranza di avere un futuro in banca, svuotandolo di energia e stordendogli la mente. Sua madre ci teneva tanto che il figlio lavorasse in Banca! Era così orgogliosa che lo ripeteva in continuazione a tutte le sue amiche, le quali lo chiamavano "Direttore", "Banchiere" e sorridevano ossequiosamente in segno di rispetto ed ammirazione. Avrebbero desiderato tutte che i loro figli si fossero diplomati ragionieri e fossero diventati colletti bianchi. Lo avevano sempre invidiato, le amiche della mamma, per il tipo di mestiere che faceva, per il fatto che avesse il proprio ufficio e svolgesse un lavoro di concetto... non come i commessi che stavano in piedi dodici ore al giorno oppure gli operai che si sporcavano le mani... E poi, a loro avviso, aveva il potere di determinare la rovina della gente, alla quale poteva richiedere i soldi... “all’ improvviso”. Forse era proprio questo. Aveva sentito raccontare che nei bei tempi passati le persone entravano in Banca con il senso di rispetto, di paura... e la speranza di essere ricevuti. In quei tempi, chi ci lavorava dentro aveva tutte le porte spalancate. I bancari erano persone potenti, importanti. Le mensilità extra (per ignoranza o per invidia) diventavano sedici, venti! Raffaele era stato invece assunto quando la “scala mobile differenziata” era già stata abolita, ed il grande stipendio si vide anno per anno raggiungere da quello dei metalmeccanici, nonché superare da quello di alcuni operai specializzati. La vita costava sempre di più; l'inflazione reale era arrivata addirittura a toccare il 20%, e gli aumenti contrattuali o bonus diventavano insignificanti o inesistenti, perché appena i sindacati dei bancari protestavano o si mobilitavano, la stampa sparava loro contro dipingendoli come "privilegiati". La mamma sarebbe morta d’infarto nel sapere che era stato “dimesso”. Anzi… licenziato! E adesso come glielo avrebbe detto? No. Non lo avrebbe fatto; tanto lei non lo chiamava mai in ufficio. Avrebbe inventato che era in trasferta, in movimento... che non era rintracciabile. Il lavoro era iniziato in agenzia, a contatto col pubblico. Velocemente ricordò i vari "Lei non sa chi sono io!" che i clienti inviperiti urlavano sbattendo il pugno sul bancone perché -non essendo da lui conosciuti- venivano richiesti di girare gli assegni in sua presenza, come volevano le Norme Bancarie. O le litigate tra i colleghi durante i momenti di punta. Le partite a “briscola” o “tre sette” durante l’orario di pranzo, con un panino e una lattina di coca cola… Ricordò il primo giorno di lavoro: come il primo giorno di scuola... l’affiancamento al collega che gli incominciò a spiegare la Partita doppia e i diversi colori nei moduli: blu per il “dare”, arancione per l’ “avere”; come compilare gli assegni circolari, come scaricarli nel brogliaccio e come annullarli quando venivano “pastrocchiati”. In quella agenzia gli era rimasto impresso Camangia, un collega anziano che lavorava in cassa. Divorava paste, panini, o qualsiasi cibo venisse offerto, senza mai contraccambiare. Vi era difatti l’usanza di offrire i bignè con lo spumante quando si festeggiava un compleanno, la nascita di un figlio o un onomastico. Ma si approfittava anche in occasione dell'acquisto della macchina nuova, per le ferie estive o la settimana bianca, per aver fatto un corso di formazione professionale... alla sua partenza e al suo rientro -perché era un modo naturale di scontare il fatto che si faceva “carriera”- e un modo di far pagare la “tassa di matricola” a chi era nuovo. Raffaele si era naturalmente adeguato al sistema ed aveva pagato il suo ingresso di neoassunto; quando ebbe il primo figlio; quando fece il primo Corso professionale; ai compleanni; all'onomastico… poi, dopo tanti anni, ormai stufo di essere tassato… si fermò. Camangia, soprannominato "Ca-magna", approfittava dei colleghi pure quando si andava al bar dopo pranzo. -Chi offre?-… -A chi tocca oggi?-, diceva sempre qualcuno a turno. E lui mangiava due mignon alla volta nascondendosi dietro qualche cliente del bar, in maniera da arrivare sempre in ritardo per pagare convinto di aver fatto una bella figura pur mantenendo la tasca piena. Ma i colleghi ormai lo avevano “sgamato” e lo evitavano il più possibile, criticandolo alle spalle. Qualcuno (il cassiere in seconda che lavorava a stretto contatto) gliene diceva di peste e di corna anche in faccia; ma lui… niente. Continuava imperterrito. In occasione del primo corso, Raffaele aveva fatto amicizia con Bruno e Giovanni, che sarebbero poi diventati i suoi più grandi amici, di quelli che si contano sulle dita di una mano. Adesso aveva bisogno di parlare con Bruno, che era rimasto a Roma. “Brù”, per gli amici. Era a terra. Non erano bastati vent' anni di ingiustizie, insoddisfazioni, sacrifici... Doveva subire anche il licenziamento! Adesso, nonostante la voglia che aveva sempre avuto di mandare tutti a “quel paese”, sentiva che aveva perso pure l'ultima battaglia di una lunga ed estenuante guerra. Mentre scendeva le scale di emergenza per andare al bar a bersi un caffè e riprendersi (aveva evitato accuratamente di prendere l'ascensore per non farsi notare con gli occhi arrossati) pensava al fatto che per anni aveva avuto il desiderio di andarsene. Di cambiar mestiere. -Vorrei fare il floricoltore- diceva ai suoi genitori ed agli amici. Ed ai suoi amici ripeteva spesso: -Ho studiato architettura per finire in banca!-. Ed infine si augurava sempre di avere un lavoro qualsiasi senza padroni... Ma Raffaele ormai era un bancario senza specializzazione. Non era un "Consulente Finanziario” o un esperto “Analista di Bilanci Aziendali”. No. Lui si vestiva in giacca e cravatta, parlava educatamente, faceva le operazioni solite allo Sportello: versamenti, prelevamenti, bonifici... sapeva spiegare al cliente come doveva girare l'assegno per l’incasso; dove doveva firmare il modulo... quali rendimenti davano i titoli di stato, i certificati di deposito... Ma a che serviva nella vita? Che altro mestiere poteva fare, se non il bancario? Qualcosa imparò coi Corsi di addestramento, dopo alcuni anni di gavetta in Agenzia. Poca roba s'intende. Un po’ sugli aumenti di capitale, sulle cedole, i corsi “Tel quel” e la Borsa. Giocò qualche capitale che aveva risparmiato e perse qualche soldo, come tutti d’altronde. Poi in altre occasioni sfruttò le soffiate “giuste” e guadagnò ciò che aveva perso. Insomma la solita bilancia sempre pareggiata. Adesso lo chiamavano "Insider trading" ma anni addietro era la prassi far girare le soffiate giuste e favorire gli amici. Il prestanome ce l’aveva anche Battigia; Giorini -il Direttore della Filiale- e perché no? anche il capo dell’ “Organizzazione” aveva una vecchietta che fungeva da prestanome (la firma sui moduli di compra-vendita era fasulla; lui l’aveva accuratamente confrontata con quella vera, raccolta per caso un giorno allo sportello). Per non parlare dello stesso capo dell’ “Ufficio Titoli”, il Signor Terracini, che aveva oltre al prestanome, il giro di conoscenze, i colleghi corrotti “leccaculo” e anche la collega che “gliela dava”. Arrivò al bar, pensieroso; si avvicinò al bancone e chiese un caffè. -Meglio un cappuccino, Antonio... tiepido…- Aspettò e rifletté appoggiando il gomito sul bancone, privo di fiato e con lo sguardo perso. Doveva sentire il parere di Bruno. Lui sì che aveva gli agganci giusti. Lo avrebbe sicuramente aiutato... si fidava del suo consiglio. Tentare di restare “a tutti i costi” sarebbe stato un modo codardo e lento di soccombere come uomo. Pensava al modo in cui si sarebbe sputato addosso nel momento in cui avrebbe dovuto rispondere "signorsì" o arruffianarsi i superiori nel timore di un rapporto scritto, un biasimo o un “Out-Out” definitivo. E poi… non pareva avesse molte possibilità di rimanere, viste le parole inferte da Battigia, a meno di una fortissima raccomandazione! No. Doveva prendere al volo questa occasione per riflettere... e stavolta seriamente. Forse il destino gli stava aprendo uno spiraglio, dandogli la “maledetta” opportunità di cambiare vita. Ma come avrebbe fatto a campare?. -Cinquanta milioni ... più la liquidazione maturata... hmm... vediamo un po’… - -Ecco “er “cappuccio, “signò”.- Il barista appoggiò la tazza piena di schiuma fumante. Il rumore delle tazzine riposte nella lavastoviglie ed il frastuono dei clienti del bar vociferanti tornarono tutt’ a un tratto come se egli fosse ripiombato sulla Terra. Il profumo del caffè risvegliò anche lo stomaco assopito di Raffaele che addentò un cornetto. Pensava, calcolava... forse ce l'avrebbe fatta per un annetto... e poi? niente più di niente, se non trovava un’altra sistemazione. Ed alla sua età non era certo facile come a vent'anni! Trentotto anni non erano pochi, e il grado di Funzionario non bastava a garantirgli di fargli trovare lavoro in un’altra Banca. Ci volevano forti raccomandazioni persino da giovani! E poi… diceva tra sé e sé che a questo punto non sarebbe più dovuto tornare a fare proprio il "Bancario". “Carpe Diem”, pensò… “In culo” alla Banca!” Pagò e uscì. Lo stomaco aveva smesso finalmente di brontolare e la caffeina aveva dato un po’ di forza a quel cuore demolito. Anche se era affranto, stordito dalla notizia e deluso da quanto gli era accaduto, si sentiva meglio. Si avvicinò ad una cabina telefonica vicino al bar e prese dalla tasca un gettone. Fece un numero. Attese che rispondessero. -Pronto?- -Ciao Bruno, sono io, Raffaele... ti chiamo da una cabina telefonica...-. -Come mai non sei in ufficio?- chiese Bruno sorpreso di essere chiamato proprio da una cabina. -Mi hanno appena licenziato. Devo parlarti.- -Cosa?!- rispose attonito l’amico. -Hai sentito bene. Puoi vedermi a pranzo? Ho proprio bisogno del tuo aiuto...- -Si… Certo... ma cosa ti è successo?. - -Non lo so ma sto pensando che...- -Non dire altro- lo interruppe bruscamente -qualcuno potrebbe essere in ascolto-. -Ma chi? Ti ho detto che sono in una cabina…-. -Taci. Ci vediamo al solito posto. Alle tredici-. Raffaele riagganciò la cornetta e si mise a sedere su una panchina vicina e attese. 4 Quella mattina Roberto si alzò con una gran confusione in testa. La sera prima aveva gozzovigliato fino a tardi; era andato in discoteca e aveva tentato invano di agganciare una biondina che gli stava seduta vicino al bar. Aveva esagerato nel bere -per farsi coraggio e trovare le argomentazioni per attirarla a sé- ma ciò che aveva detto non aveva incuriosito la giovane fanciulla ed era andato in bianco come al solito. Si mise le pantofole con fatica sentendo la testa pesante ed il collo leggermente teso per la cervicale, che gli dava fastidio ogni qual volta prendeva umidità la sera. Con rituale, poggiò a terra il piede destro per primo, poi infilò la vestaglia di colore bordeaux e trascinò lentamente il suo corpo verso il bagno. Spiaccicato sul water, restò immobile per qualche minuto ad occhi chiusi. Cercando di svegliarsi dal torpore stropicciò bene gli occhi e osservò allo specchio i pochi capelli arruffati che ormai gli restavano. Si controllò il pizzo, poi si guardò la pancia che si adagiava in giù flaccida. Si faceva schifo. Si trascinò ancora in cucina e fece colazione con caffé e latte freddo. Niente brioche. Doveva dimagrire. Poi la solita doccia; asciugò i capelli col phon e si profumò a dovere sotto le ascelle. La barba non la fece per avere quell’immagine un po’ “casual” che andava tanto di moda adesso... alla Mickey Rourke. Si lavò accuratamente i denti e si pesò tutto nudo su una vecchia amica bilancia: oggi era solo ottanta chili. Andava bene. Era diminuito nell’ultima settimana di ben due chili e mezzo. Si vestì col suo solito abito grigio scuro; prese la camicia rosa pallido e scelse la cravatta a fantasia rossa. Lustrò le scarpe e si mise la solita schiuma gel in testa tirando tutti i capelli indietro, mostrando le ampie stempiature. Tutto sommato, se non fosse stato per quella maledetta pancetta che aveva messo su da quando aveva smesso di fumare, Roberto se la cavava ancora bene. Per i suoi quarantotto anni, s’intende. Era raffinato nei modi, vestiva elegante e sapeva fare il suo mestiere con diligenza e determinazione. Un “uomo di carattere”. Ancora si sentiva “in forma” nonostante tutto e gli piacevano le donne sempre di più via via che passavano gli anni. Ormai non si sarebbe più risposato. Viveva da solo da ormai dieci anni e aveva riassaporato la sua libertà. Arrivò puntuale ad aprire la banca. Alcuni impiegati erano già lì ad aspettarlo. Entrò in ufficio e salì le scale verso la Direzione. La stanza era vuota e buia. Accese la luce; estrasse da un mazzetto di chiavi quella giusta; aprì la “cassafortina” ed estrasse un altro set di chiavi, un’asta di metallo e un mozzicone di chiave da infilare nell’asta: la seconda chiave della cassaforte del “Caveau”. Richiuse la porticina della cassaforte e, in mezzo al più assoluto silenzio, si avviò per disinserire l’allarme notturno. Qualche attimo dopo aver digitato il codice, si apprestò ad attraversare in fretta il salone del pubblico per arrivare al “Tesoro” e fare il “Segreto” del caveau. -Buongiorno Direttore!- disse il Capoufficio mentre lo vide passare. -Buon giorno Cavalieri; sa niente se il Capo cassiere oggi va all’Istituto Regionale Centrale per quell’ammanco dell’altro ieri?-. -No, ma so che ieri sera il “Numero Uno” parlava di un “Ispettore” da Palermo…- -Ah!- esclamò Roberto. Proseguì fino giù in caveau. Pensò: -Certo l’Ispettore non ci voleva... sono sempre rogne quando controllano la contabilità della Filiale. Trovano sempre qualche irregolarità su quanto dettato dalle procedure con la conseguente ramanzina a me che dirigo l’area esecutiva e commerciale dello Sportello- Fece il “Segreto” quasi trattenendo il respiro... -cinque volte a destra... poi mi fermo sul 43... poi quattro a sinistra...- L’ammanco verificatosi nella mazzetta consegnata dall’Istituto Regionale Centrale era un fatto poco simpatico. Che figura avrebbero fatto con i vertici dell’Istituto Regionale Centrale? Sicuramente avrebbero chiesto: -Ma chi è che ruba lì da voi?- E lui non avrebbe potuto controbattere che erano stati i “loro” cassieri a fregare i suoi ragazzi. Ma poi... ne era proprio sicuro? -Due volte a destra... 50; una a sinistra; mi fermo sullo zero... clic! Ecco fatto- Prese il mozzicone di chiave, ed infilato con veloce maestria nell’asta, lo fece ruotare due volte a destra. Poi lo sfilò, e con metodico rituale tornò nel suo ufficio e accese il computer. Una serie di buongiorno e poi il solito caffè di prima mattina col collega Marco. Andavano sempre al solito bar vicino dove c’erano due belle fanciulle con le quali scherzavano facendo battute di spirito eleganti. Era anche questo un rituale. Come tutti gli esseri umani, anche Roberto amava i rituali, perché davano un senso di “continuità” alla vita. Come si faceva altrimenti a ricordare i “bei tempi” trascorsi nelle varie Filiali, se non attraverso i ricordi di quelle tradizioni consumate giorno per giorno, ripetutamente, quasi fino alla noia? Palermo, Napoli, Roma e poi nuovamente Messina, dove aveva ritrovato i colleghi di un tempo. Gli avevano fatto grandi feste, allora! Tornato in ufficio arrivò la prima telefonata e poi la seconda... I primi fogli di registro da firmare, gli assegni circolari ed i documenti del giorno precedente da vistare. Arrivò il “Direttore” della Filiale e passando dal suo ufficio disse - Macaluso, fra cinque minuti la voglio da me. È una questione della massima riservatezza.- -Va bene Direttore. Penso anche già di sapere di cosa si tratti…- ribatté lui con fierezza. La questione degli ammanchi l’aveva scoperta lui, d’altronde! Quei “cinque minuti” erano così brevi! Doveva ancora chiamare sua figlia Concetta. Fece il numero nervosamente e in piedi. Uno squillo, due... -pronto?- rispose una dolce vocina Roberto innalzava al primo posto tra le sue priorità il rapporto con la figlia, e ci teneva da morire a quella dolce fanciulla dal visino furbo ed intelligente. Aveva ormai tredici anni ed era diventata una vera e propria signorina. Gentile nei modi, viziosetta e ruffianella, sapeva ottenere tutto da lui. Continuava a chiamarlo teneramente “Papi” utilizzando quella “smorfietta” che le faceva chinare leggermente la testa con i suoi lunghi capelli castani e imbronciare il musino che aveva funzionato sin da piccolina ogni qualvolta capiva che suo padre si era infastidito e la stava per sgridare. E allora lui si scioglieva come il burro sul pentolino caldo; la abbracciava e con un sorriso pieno di gioia la coccolava stringendola teneramente al petto. Poi un bacino e via. E così lei otteneva ciò che voleva. Era in un’età pericolosa, e lui le stava molto dietro, nonostante non l’avesse sempre con sé, per proteggerla dal fare qualche sbaglio o brutti incontri. Non lo preoccupava tanto il fatto che di lì a poco avrebbe potuto avere i primi rapporti sessuali; lui si sentiva moderno. Gli sarebbe dispiaciuto di più che si potesse sprecare col “primo arrivato”; avrebbe desiderato per lei che almeno la prima volta fosse una belle esperienza piena di tenerezza ed amore… Lo preoccupavano invece e soprattutto le malattie come l’Aids, e la droga. A spiegarle tutto sugli anticoncezionali ci aveva già pensato la madre con cui Conci viveva, ma sul resto le aveva parlato tante volte anche lui, in prima persona, perché era convinto che il dialogo non dovesse mancare mai tra padre e figlia. Si sentiva il suo confidente, il suo amico. Fu una telefonata breve, ma dette quella sicurezza indispensabile di “continuità di rapporto quotidiano”, che i figli amano ricevere e che i padri divorziati amano mantenere; breve, non inquisitorio, ma che fa sentire il genitore sempre presente. Finito il saluto, salì su per le scale ed entrò nell’ufficio del Direttore. Seduto dal Direttore c’era un signore sulla quarantina e grassottello. Aveva un aspetto serio. Stava seduto con la gamba accavallata e rilassato. Evidentemente era sicuro di sé, oppure qualcuno che contava. Occhi e capelli castani, baffetti curati, aspetto tranquillo e posato. Il Direttore alzò gli occhi, e vedendolo sulla soglia della porta lo chiamò, invitandolo a sedersi con loro. -Le presento il sig. Macaluso, il preposto allo Sportello... - disse all’Ispettore -De Rubertis... è “Colui” che aspettavamo da Palermo... - disse poi a Roberto guardandolo fisso negli occhi e ammiccando. -Piacere.- rispose Roberto. Poi proseguì: -Immagino vi sia qualche problema che non possiamo risolvere da soli... - -Dipende... adesso ne parleremo assieme- rispose il direttore osservando il nuovo arrivato; poi si alzò e disse loro di seguirlo nel salottino. -Lì staremo più tranquilli e lontani da orecchie indiscrete...- 5 Si sedettero intorno al tavolo in rovere chiaro, nella Sala Riunioni principale, e l’Ispettore tirò fuori una sigaretta dal suo pacchetto di Marlboro; ne offrì una a Roberto in segno di educazione e di distensione, ma lui rispose che aveva smesso ormai da quattordici anni, facendo un lieve sorriso per contraccambiare la cortesia. L’Ispettore fece un cenno di scusa mentre il Direttore rispondeva ad una prima telefonata. -No Rossi... le ho già detto che Giannini non può prelevare. Se non ha la liquidità nel conto, che mi porti del “foglio”!... no!... gli dica che non posso più farlo sconfinare... senta, lo sistemi lei il problema! Adesso ho da fare io!... No, no… Macaluso è con me e non può essere disturbato… Non per una mezz’ora almeno... – riagganciò voltandosi nuovamente verso il suo ospite. L’Ispettore osservava l’ambiente compiaciuto. La filiale Messinese della Banca Industriale Sicula non gli dispiaceva. Ne aveva viste, di belle sale, in altre succursali, ma lì vi erano le mura antiche del palazzo che si fondevano piacevolmente con il mobilio moderno. Poi s’intravedeva la vegetazione mediterranea di alcune palme e buganvillee che fuori dalla finestra parevano affacciarsi come delle comari impiccione, completando quel bel quadro dove si trovava da poche ore. Era la prima volta, da quando era entrato nell’Istituto, che visitava quella città. Finora aveva lavorato a Palermo, ma da un paio di settimane lo avevano incaricato di girare per le filiali al fine di eseguire controlli ispettivi. Un lavoro nuovo che gli dava prestigio ma al contempo lo metteva in una posizione delicata ed antipatica. Dover spulciare gli errori dei colleghi lo metteva in imbarazzo. Guardò il Direttore, poi posò lo sguardo furtivamente su Roberto e chiese a bassa voce: -Da quanti anni lavora in questa banca?- Domanda sicuramente capziosa, pensò Roberto, che sapeva quanto gli ispettori in genere si documentassero prima di arrivare in filiale. Figurarsi se non sapeva vita, morte e miracoli di tutti! -Dieci anni- rispose con un sorriso, pronto a raccontargli succintamente (o meglio vomitargli addosso) il suo curriculum vitae. Ma non fece in tempo, perché il Direttore finendo la sua telefonata dopo aver dato disposizioni di non passargliene più, si rivolse a Roberto con aria misteriosa ed a bassa voce aggiunse: - L’altro ieri, Lei mi ha fatto presente un problema... che sembra essere più grave di quanto si possa pensare. Vede… l’Ispettore è stato inviato qui dalla Direzione Generale per risolverlo. Il fatto che l’ I.R.C abbia consegnato al nostro incaricato un quantitativo di mazzette dove si sia riscontrato un ammanco di alcuni milioni è molto serio. Ci impone una serie di cautele nell’espletare la ricerca e nel dare una risposta ai superiori uffici... >> Roberto non capiva dove volesse arrivare. Era stato lui ad avvertirlo dell’ammanco... Lo sentiva quasi un suo diritto, essere in prima linea per risolvere il caso. Adesso gli mandavano qualcuno a farlo per suo conto e la cosa lo scocciava un pochino... -Nonché all’Istituto Regionale…- aggiunse Roberto. -Sì. Proprio con loro... - proseguì l’Ispettore prendendo in mano l’argomento . -Non possiamo asserire che l’ammanco sia stato colpa dei loro cassieri.- -Ma... - Roberto tentò di replicare ma l’altro continuò: -Se noi diciamo all’Istituto Regionale che i loro cassieri rubano... è quantomeno una seria illazione, perché non abbiamo le prove. Ci mette in una situazione alquanto imbarazzante, se non in pessimi rapporti... e voi sapete quanto può esserci invece utile mantenere le buone relazioni, soprattutto con chi ci deve “controllare”…Se invece optassimo per “segnalare” che c’è stato l’ammanco, chiedendo loro di comunicarci eventuali “eccedenze” riscontrate altrove... significherebbe che chi ruba è qui da noi!-. Roberto ascoltava zitto. Voleva dire qualcosa ma non sapeva cosa. Infine replicò: -Allora dobbiamo rimetterci mettendola cifra a “perdite”?-. -Oh... niente affatto! Ecco perché l’Ispettore è qui- disse il Direttore che seguiva attentamente la disamina del problema. -Vede, Macaluso- continuò l’Ispettore -se noi scoprissimo... metta... che l’ammanco in questione non è l’unico... allora potremmo anche pensare che qualcuno qui dentro ha fatto, e continua a fare, il furbo.- -Ma nessuno tra i cassieri ha mai dichiarato ammanchi, prima d’ora... - rispose Roberto. -E’ proprio qui che voglio vederci più chiaramente... ed ho bisogno della sua collaborazione. Nessuno, dico proprio nessuno, deve sapere cosa stiamo facendo, e soprattutto non dobbiamo dare l’impressione di star indagando sull’operato dei cassieri...- Concluse così il discorso e ammutolì. Roberto guardò il Direttore, poi volse lo sguardo alla finestra che dava verso le palme e pensò a voce alta: -Insomma... lei ci sta chiedendo di fare gli 007... - -In un certo modo... si.- rispose questi. Il Direttore si alzò e gli chiese se avrebbe collaborato, e dopo l’accenno positivo di Roberto con la testa, l’incontro si concluse. -Venga pure, Ispettore, le indicherò dove si potrà sistemare per questo periodo presso di noi- disse Roberto, e lo accompagnò in una stanza attigua a quel salotto. -Io pensavo che all’I.R.C. l’incaricato contasse i soldi... - disse infine prima di ritirarsi. -La consuetudine non lo fa fare; sarebbe una mancanza di fiducia nei confronti dei cassieri dell’Istituto Regionale... ma in realtà le norme imporrebbero il controllo.- -Vuol dire che i cassieri o chi per loro debbono rimetterci i soldi?- -Non ho detto questo, ma è una situazione molto delicata ed antipatica. Siamo in una situazione di scacco... se non di scacco matto! Forse, l’unica salvezza... è scoprire chi ha rubato, recuperare la somma sottratta e poi licenziarlo!- Questa parola rimbombò tetra, nella mente di Roberto. Un brivido percorse la sua schiena e i capelli gli si elettrizzarono. Soltanto il pensare che uno dei “suoi ragazzi” avesse potuto rubare quei soldi lo faceva stare male. Salutò con cortesia dopo essersi dichiarato a sua disposizione, e quindi tornò nel suo ufficio. Guardò la foto di sua figlia e pensieroso evitò di rispondere al telefono che continuava inutilmente a squillare. 6 Aveva una marea di cose da fare: per primo telefonare a quei nominativi che avevano esuberato il “fido”; poi proporre le condizioni nuove per le convenzioni dei dipendenti aziendali... i tassi stavano calando paurosamente e la gente si lamentava minacciando di chiudere i conti. Come faceva lui a conciliare le esigenze della sua clientela con quelle dell’Istituto che cercava in continuazione di risparmiare sugli “spreads”? Inoltre doveva firmare la posta giornaliera; siglare le scoperture e controllare la “stanza di compensazione”. Doveva inoltre monitorare l’attività in titoli della Filiale e studiare le nuove emissioni di prestiti obbligazionari che sarebbero stati offerti di lì a poco con una O.p.v... per non parlare del problema del suo capo ufficio che si lamentava sempre del fatto che gli avevano tolto due persone e non riusciva ad addestrare i nuovi cassieri alle operazioni previste dall’ultima riforma. Insomma, tutto ricadeva sulle sue spalle, come la riunione del condominio del palazzo, il riscaldamento che non funzionava, i bagni che perdevano acqua e le modifiche da fare nel salone che non venivano fatte per risparmiare! Per finire, anche il ricambio di aria non funzionava; e tutti pretendevano che fosse lui a telefonare alla ditta di manutenzione. Non ce la faceva più. Arrivarono vari clienti, intercalati da “seccature” nuove e telefonate. il Direttore, che chiedeva i dati dello Sportello... la gente che si accalcava davanti alle casse e ogni tanto qualcuno che borbottava... che si lamentava... che chiedeva il suo intervento. E così tutta la mattinata. Il fracasso della gente che parlottava e le stampanti dei computer che facevano da sfondo erano la sinfonia di tutti i giorni; e Roberto non ne poteva più. Andò un attimo fuori e si recò al bar per un caffé. Il gestore lo salutò cordialmente sorridendo. -Brutta giornata, vero?- -Sì, Piero... dammi il solito cappuccino... oggi è una giornataccia!>> Poi, si fece due passi per il Corso e pensò a sua figlia. Lo distraeva pensare a quella dolce fanciulla. Adesso era a scuola e chissà cosa faceva! Pensò alla notte precedente, e sentì la stanchezza di aver dormito poco accumularsi allo stress di quella mattina convulsa di novità e di lavoro frenetico. Tornò in ufficio. Il salone era gremito di gente. Incontrò svariati clienti che lo salutarono ossequiosamente. Qualcuno gli chiese informazioni con riguardo ai propri investimenti. Quella era la cosa che più gli piaceva del suo mestiere: fare il consulente della gente. Ma si sposava raramente con gli interessi della Banca, la quale voleva “piazzare” i suoi prodotti infischiandosene delle esigenze dei risparmiatori. Ultimamente si sentiva un “venditore” e non un consulente finanziario, e ciò lo disturbava alquanto. La situazione attuale delle banche con le frenetiche “fusioni” o “incorporazioni” era diventata una bella scusa per forzarli a vendere e produrre risultati, con la minaccia di restare fuori dal giro in qualità di esuberi; e Roberto pensava fosse meglio adeguarsi al nuovo sistema che ormai era calato dal Nord da qualche mese. Là, difatti, si parlava ormai di esuberi a migliaia, e la minaccia della “cassa integrazione” diventava sempre più un argomento di attualità. Si paventavano licenziamenti di massa, e al suo posto di lavoro lui ci teneva. Arrivò finalmente l’ora di pranzo. Dopo aver provveduto a chiudere la cassaforte con quotidiana ritualità, posò l’asta e le chiavi nel suo cassetto -chiudendolo poi a chiave- e bloccò il terminale del computer . Non si fidava di lasciarlo acceso per paura che qualcuno potesse passare messaggi contabili. Meglio non fidarsi…coi tempi che correvano doveva stare allerta. Poi prese la giacca e salutando i presenti si apprestò ad uscire per mangiare un boccone. 7 Bruno ascoltava attentamente mentre si accarezzava i baffi folti e rossicci. Il vento soffiava sui suoi capelli lisci e fini spostandogli il ciuffo un po’ sul viso. Camminava lentamente con Raffaele lungo i viali deserti dell’ E.U.R, vicino alla giostra. Era ora di pranzo e non c’era anima viva per le strade. Erano tutti a mangiare. Lui non ci era andato. Il suo carissimo amico, Raffaele, l’aveva chiamato. Era disperato; aveva bisogno di lui e mai si era sentito vicino a quell’uomo come adesso. Era come un fratello per lui. Si ricordava come una sera, quando lavoravano insieme all’ufficio fidi, si sentisse disperato per un dolore addominale sconosciuto che risultò essere un caso di peritonite. Raffaele era accorso in suo aiuto. Lo caricò di peso e lo portò in ascensore. Sfidò poi il traffico romano come un pazzo per portarlo immediatamente al Pronto Soccorso… Lui queste cose non le poteva dimenticare. Non poteva neanche scordare le scene di gelosia che Raffaele gli aveva fatto quando lui lo aveva messo da parte per l’amicizia con Carlo. Si era messo da parte ma gli aveva fatto capire che si sentiva trascurato e che il suo atteggiamento non era quello di un amico. Poi Carlo lo aveva invece deluso. Si era comportato male non interessandosi a sua moglie, quando incinta aveva minacce di aborto. E allora aveva capito chi gli volesse veramente bene. C’era stata una volta che aveva preso una sbandata per una, e Raffaele era stato l’unico presente, a farlo ragionare, senza però imporre alcuna volontà. Gli disse addirittura di farsi una notte con lei, se era proprio ciò che voleva... ma di considerarla solo un’avventura. Non poteva e non doveva rovinare un matrimonio per un desiderio fisico. E difatti era solo quello, e le sue parole lo avevano fatto riflettere. Erano entrate nel suo cervello e avevano salvato il suo matrimonio. Quella ragazza non l’aveva mai più rivista o sentita. Bruno rimuginava. -Non mi quadra, questa storia- disse infine. Raffaele aveva la testa che gli scoppiava. Non capiva se era un male o un bene tutto questo e cercava disperatamente conforto. Aveva voglia di piangere, ma era talmente incredulo su ciò che gli stava accadendo che era entrato in un totale stato confusionale e di abbandono. -Cosa intendi dire?- -Dico che qui c’è qualcosa di sicuramente molto losco e grave. Non si può “licenziare” un Funzionario semplicemente dicendogli che ha un brutto carattere, che non ci sa fare... e poi regalargli un “bonus” perché è tra i primi a pagare le conseguenze di un esubero di personale… Lo licenzi e basta- Poi tirò fuori una caramella, la scartò lentamente e la mise in bocca. -Se tu sei uno tra altri duecento... e questo sarebbe solo l’inizio... calcoliamo duecento per cinquanta milioni... - -Fa dieci miliardi!- replicò prontamente Raffaele con un fulmineo risveglio. -Esatto. Ciò vuol dire che l’Azienda preferisce perdere dieci miliardi e sbarazzarsi di duecento persone... Strano, vero?- -In effetti mi pare un po’ troppo... - affermò Raffaele. -Pensa soprattutto che si parla di diecimila esuberi “potenziali” in tutta Italia! Se moltiplichi, ... diventa una somma assurda!... E allora, dimmi Raffaele, pensi veramente che se tu fossi stato così inefficiente o “rompiballe” ti avrebbero dato l’“extra”?- Si guardarono con un sorriso attenuato, nascosto, d’intesa. No, non era possibile. Qualcosa veramente non quadrava. -Sai per caso chi altro è rientrato “nell’epurazione”?- chiese Bruno. -Boh!... no. Sono forse il primo?... - Bruno disse che si sarebbe informato lui, a “modo suo”, e continuò a parlottare a bassa voce. -Adesso comunque devi stare calmo e non fare passi falsi. Ciò che ti serve sono tre cose: un bel bagno caldo per distendere i nervi e mettere le idee in chiaro; un amico che si interessi di te e ti trovi una sistemazione urgentemente per andare avanti e terzo, una bella “scopata” che ti metta di buon umore e ridia fiducia!- Raffaele non replicò. Ormai era da un pezzo che non aveva avventure. Da quando era stato “mollato” aveva perso parecchia grinta ed era caduto in depressione. Aveva avuto quella storia con Daniela… ma era finita presto perché in cuor suo pensava sempre alla ex moglie. Gli mancava da morire sua figlia, che adesso compiva tre anni. Gli mancava il focolare domestico; era quindi sempre più irascibile, più irrequieto. Spesso si immergeva nei suoi pensieri e rendeva sempre meno sul lavoro. Bruno glielo diceva di stare attento, che un giorno gli avrebbero rimproverato qualcosa!. Ma ormai non credeva più alla storiella degli esuberi e quant’altro sul suo carattere. Evidentemente c’era dell’altro. -Vuoi scommettere che alla fine non sarete in “duecento” ad essere stati licenziati?- disse seriamente Bruno. Si fermò e lo guardò fisso negli occhi aspettando una reazione. -Cosa intendi dire, Brù?- -Dico che “scommetto” che non sarai uno dei duecento licenziati... ma sarai stato l’unico!- -Cosa dici!- replicò incredulo Raffaele. -Dico... dico... So ciò che dico! Ne parleremo quando ti ritroverai da solo in questa situazione, ed allora ti chiederai quale sia la vera ragione del licenziamento e -soprattutto- del perché di tante “balle”!- -Non ti seguo... cosa sai che io non so?- Bruno riprese a passeggiare, lentamente. Lo prese sotto braccio e con aria tranquilla e rassicurante gli disse: -Fidati. Ci sono cose che non ti posso ancora spiegare... te le dirò appena avrò qualche certezza. Per il momento evita di parlare di questo fatto con chiunque. Non accennare alcun discorso al riguardo… soprattutto al telefono.- -Insomma... devo cucirmi la bocca?- -Si. Acqua in bocca. Poi ti spiegherò cosa voglio fare. A costo di far saltare tutto per aria, ti tirerò fuori da questa situazione di merda!- -Saltare cosa, per aria?- -Non te lo posso dire ancora, ma stai tranquillo. Lo farò appena posso. Adesso seguimi, abbiamo molte cose da fare e gente da contattare. Vieni- 8 Daniela stava seduta da sola in mensa in meditazione ormai da un po’. I colleghi le erano passati accanto ammiccando, sorridendo, parlottando e facendo le solite stupide battutine, ma lei non aveva risposto. Era troppo preoccupata per Raffaele e non capiva dove fosse sparito e cosa gli fosse successo dopo il colloquio col capo del Personale. Aveva un presentimento che qualcosa fosse andato storto. In genere lui si confidava con lei e le pareva strano che non si fosse fatto vivo appena finito l’incontro. Attendeva l’ora del rientro e aveva l’intenzione di chiamarlo in ufficio. Sì. Chi se ne fregava se l’avessero scoperta! Tanto ormai lo avevano intuito quasi tutti che avevano avuto una storia. Una breve, ma bella storia. Una parentesi della sua vita che non aveva ancora dimenticato. Era sempre così tenero con lei come nessuno mai al mondo. Neanche suo marito lo era stato. E poi, nonostante si fossero lasciati perché lui non riusciva dimenticare la sua ex, era stato molto onesto e sincero con lei. Non l’aveva ingannata. E poi, anche dopo la fine della loro storia d’amore, aveva sempre un sorriso da donarle, una carezza quando la incontrava ed uno sguardo che lasciava intravedere quanto lei fosse ancora importante per lui. Se lo sarebbe portato volentieri a letto, oggi. Aveva sempre un “sex appeal” incredibile e sapeva come prenderla. La faceva godere come mai aveva fatto nessun altro: a volte era irruente, altre volte era romantico e lo faceva lentamente, facendola impazzire per il piacere. Purtroppo si vedevano di rado e a lei questo non bastava, così avevano deciso di lasciar stare. Ma lei era ancora presa dal profumo della sua pelle, dalle sue spalle sudate mentre le stava addosso e la possedeva... era rapita dal suo sguardo, così... penetrante. Si alzò. Si rassettò la gonna. Aveva gli occhi dei colleghi addosso. Puntavano il suo bel sedere. Labbra carnose esaltate da un rossetto rosso ciliegia, occhi scuri e capelli neri corvino. Neri come l’”Ebano”. Un andamento sinuoso che la faceva apparire attraente. Non avrebbe mai supposto quali fossero i commenti dei suoi “cari colleghi maschi”. Ultimamente venivano fatti pesanti apprezzamenti sul suo conto, specialmente da quando si era saputo che se la intendeva con Raffaele... che era un “Funzionario”! Battigia l’aveva intrattenuta al riguardo e la pratica personale di Raffaele era “sparita” dagli archivi delle ragazze. “Ice-man” aveva poi tentato di agganciarla, telefonandole persino a casa, ma gli era andata male. Lei aveva anteposto la scusa del marito (nessuno sapeva che fosse separata) e si era salvata da un approccio pericoloso. Certo, aveva fatto passare il marito da cornuto, ma sarebbe stato peggio respingere in maniera sgarbata le “avances” del suo capo supremo. Senza prove non avrebbe avuto alcun senso denunciarlo e quindi aveva dribblato abilmente il tentativo con una scusa. Adesso si era infilata su per le scale ed era tornata al suo posto, come tutti i giorni. Dopo pranzo si prendeva solitamente un caffé con Giuliana. Oggi però si sentiva agitata. Pensava e ripensava. Moriva dalla voglia di sentirlo. Prese la cornetta piena di frenesia e tremarella. Fece il numero telefonico interno. Nessuno rispondeva. Poi, finalmente, una voce. Era una collega. Disse che non c’era, che era andato a casa. -Chi sei?- chiese la collega incuriosita. Lei si fece riconoscere. Disse di dovergli comunicare qualcosa che riguardava le sue ferie ma probabilmente la collega non la bevve. Le rispose con aria sospetta: -Ma... non era dal tuo capo?- -Hm... sì, è che io non l’ho più incontrato... va beh, grazie lo stesso.- Chiuse la cornetta e sospirò profondamente. -Vieni a prenderti un caffé! Lavativa!.- La voce forte, allegra e squillante era di Giuliana. 9 -Cos’hai? Ti vedo strana... - chiese Giuliana dopo un po’ che osservava Daniela. -Perché?- fece lei evidentemente imbarazzata. -Niente... sei taciturna... è successo qualcosa?- -Penso di sì. Ma non so cosa... - -Hai litigato con Raffi?- chiese esplicitamente stavolta Giuliana che era ben al corrente di tutta la situazione e anche di quanto lei lo amasse. Quella storia dei “buoni amici” non se l’era bevuta. Conosceva a fondo l’animo della sua amica e sperava che la storia potesse avere un seguito. Anche Raffaele, a suo avviso, era “cotto” di lei. Era soltanto scottato da un matrimonio fallito e credeva ancora di essere innamorato di sua moglie, facendo diventare la scelta davvero difficile. Ma Giuliana la riteneva una storia che col tempo sarebbe andata in porto.... Secondo lei si volevano troppo bene per finire così. -No. Assolutamente. E’ che oggi doveva andare da Battigia e l’ho visto molto preoccupato... poi, dopo pranzo mi hanno detto che era andato a casa.- -E come mai?- chiese incuriosita l’altra. -E’ quello che mi preoccupa... l’ho visto nervoso e lui non si è fatto sentire.- -Strano. Ma perché non lo chiami a casa?- suggerì. -Cercherò di farlo appena sarò sola in ufficio...- Finirono il caffé e rientrarono in ufficio, dedicandosi nuovamente alle proprie scartoffie. Raffaele nel frattempo aveva fatto rientro a casa e si era sdraiato sul letto a fumarsi una sigaretta. Osservava le spirali di fumo che danzavano per aria e si disperdevano sul soffitto. Pensava e si sentiva vuoto. Si sentiva triste. Cosa aveva inteso Bruno nel dire che lui era l’unico ad essere stato licenziato? Chi dovevano contattare? Perché le telefonate erano a rischio di intercettazione?... E soprattutto da parte di chi? Cos’era che “non quadrava”? Cosa doveva “saltare per aria”? Bruno gli celava qualcosa. Cosa aveva da nascondergli? Divorava quella sigaretta come se ad ogni boccata di fumo vi potesse essere una risposta. La sua mente si posò su Daniela. Si rese conto quanto gli mancasse. Avrebbe avuto voglia di raccontarle ciò che gli frullava per la mente, ma non poteva coinvolgerla... specialmente adesso che lei era in ufficio. Quel rapporto finito... forse non era finito. Lei era, oltre che una ragazza stupenda, anche una fedele amica. Era sempre innamorata di lui, e sognava di riprendere quella storia alla quale lui aveva messo uno “stop”. Raffaele pensava sempre più a lei e sempre meno alla ex, e meditava cosa fosse veramente giusto fare. Adesso che non aveva il lavoro sarebbe stato tutto più difficile... la sua vita cambiava improvvisamente ma il bello era che col passar delle ore si sentiva liberato da un peso insostenibile; anziché piangere e sentirsi ferito e triste iniziava a sentirsi leggero. Strano. Si chiedeva cosa sarebbe successo domani e pensava al suo futuro... e lì vedeva chiaramente lei al suo fianco. -Potrei veramente dedicarmi a fare ciò che ho sempre desiderato... - pensava -e realizzare la mia vita.- Gli sarebbe piaciuto coltivare le orchidee. Tutti gli dicevano che aveva il pollice verde. Ma immaginò più realisticamente di finire in cucina a lavare i piatti di una pizzeria per campare. Ricordò la prima volta che incontrò Daniela, e si rese conto quanto il suo rapporto affettivo nei suoi confronti fosse cambiato. Aveva una grande necessità della sua presenza, ora che era in difficoltà. Era perché l’amava o per egoismo? Se lo chiese ripetutamente senza trovare apparentemente una risposta. Passarono alcune ore ed il telefono squillò. Raffaele si era assopito sul letto e scattò di soprassalto a quel suono. Prese la cornetta in mano e rispose. Era lei. La voce trepidante, ansiosa. -Raffi? Stai bene? Ti è successo qualcosa?- -Ciao bellezza…avevo voglia di sentirti.- Mentre le rispondeva sorrise e si sentì pervadere da una emozione molto piacevole. -Puoi parlare o c’è gente da te?- chiese. -Sono sola.- -Ma sei ancora in ufficio?- -Sì. Perché?- -Non parliamo al telefono... Vediamoci stasera. Ho voglia di starti vicino e raccontarti tutto... - Ad un momentaneo silenzio seguì un sospiro. -Ti amo da morire- rispose lei e la cornetta si abbassò. Erano ormai le sette e Raffaele attendeva impaziente l’arrivo di Daniela. Aveva preparato una cenetta rapida, tanto per buttare giù un boccone, ma sapeva che ciò non era importante. Desiderava raccontare tutto alla sua amante e amica, ma non era certo di fare la cosa giusta. Telefonò per rassicurarsi a Bruno che conosceva bene Daniela. Gli disse che di lei si poteva fidare... Gli raccomandò, tuttavia, di non sbilanciarsi troppo, e di informarsi su ciò che lei poteva sapere. Sarebbe stato utilissimo per le indagini che doveva fare. Suonò il campanello. Alla porta c’era lei. Più bella ed attraente del solito. La abbracciò sollevandola leggermente da terra e sentì tutto il suo corpo morbido aderire al suo. La baciò teneramente, a lungo, eccitandosi da morire. Poi la guardò profondamente e le sorrise con dolcezza. -Grazie di essere corsa da me. Avevo veramente voglia di averti vicino.- -Io ti amo e non posso stare senza di te- replicò lei. - E poi... sono preoccupata. Non ti sei fatto più vivo... sei andato via senza raccontarmi cosa ti abbiano detto! Ho paura ti sia accaduto qualcosa!- La fece accomodare sul divano e le offrì un bicchiere di prosecco messo in fresco apposta per l’incontro mentre le accarezzava il viso con le dita. Aveva una minigonna di lana attillata color giallo paglierino, con un maglioncino scollato che gli faceva intravedere il reggiseno in pizzo bianco. La osservò nei particolari. Si intravedevano sia il perizoma che le calze autoreggenti. L’eccitazione aumentava. Le stette vicino, con la coscia attaccata ed il braccio sulla spalla, accarezzandole lentamente i capelli dietro la nuca. La baciò di nuovo... con passione. Posò il bicchiere alla cieca sul tavolino. Lei rimase imbambolata con l’altro bicchiere in mano. Lui glielo tolse; lo appoggiò per terra. La distese lentamente sul divano. Le accarezzò i seni e le alzò la gonna. Era perfetta. Lei lo fissò coi suoi occhi neri, persa nel vuoto, e si fece possedere. Rimasero così, distesi a lungo l’uno sopra l’altra, accarezzandosi il volto, baciandosi il collo, premendosi a vicenda... mormorandosi parole dolci. Poi ricominciarono freneticamente, finché, esausti, si abbandonarono senza fiato. 10 Daniela osservò Raffaele, e bevendo un sorso di vino gli chiese: -Cosa ti è successo?- Lui le accarezzò i capelli e la guardò profondamente con dolcezza. Poi con molta calma le disse: -Mi hanno licenziato. - Lei rimase allibita, poi scoppiò a piangere e lo abbracciò teneramente. -Ma perché?! cosa hai fatto?- -Niente... secondo loro il mio caratteraccio... non so... mi hanno detto che vi sono esuberi e dovranno licenziare altre duecento persone.- Daniela incredula lo guardò e gli giurò sull’amore che provava per lui, che non ne sapeva niente. –Anche se lavoro lì dentro non sappiamo niente di ciò che accade, credimi!- -Lo so. Non c’è bisogno che tu lo giuri. So che mi ami e che non mi nasconderesti una cosa simile-. Poi proseguì -Non hai carpito nell’aria qualcosa di strano ultimamente? Ho bisogno del tuo aiuto per capire cosa sia successo.- -No. Ho visto soltanto che Battigia era molto più distaccato del solito nei miei confronti, ma pensavo fosse a causa della nostra relazione... sai, lui ci ha provato con me tempo fa... te l’ho anche raccontato... - -Sì, lo so... quel bastardo! A me però non quadra molto, e voglio vederci più chiaramente... - -Ma cosa farai adesso?- chiese lei. -Me ne andrò... non ho scelta. E poi... forse è meglio così. Sono un bancario fallito.- Lei controbatté che non era vero. Gli disse che non se lo meritava. Si arrabbiò e imprecò contro i suoi capi. Poi, tutta nuda, si alzò e prese una sigaretta, offrendola pure a lui. Raffaele osservò il suo corpo sinuoso e ben fatto. Quel bel sedere tornito, quel vitino stretto... e i bei seni sodi e dritti... Solo a guardarla si sentì eccitare nuovamente. Lei lo scorse e gli sparò un “Ma sei proprio unico! non ti basta mai!” Si fecero una risata e si baciarono ancora. Poi, sdraiati accanto nudi, ripresero a fumare e a parlare. Raffaele non svelò ciò che aveva paventato Bruno, ma cercò di indagare chi altro sarebbe stato licenziato e con quale motivazione. Poi mangiarono un boccone per cena. Fattosi tardi, lei rimase a dormire con lui. Per la prima volta. 11 Roberto finì con una macedonia il suo pranzo quotidiano e si alzò per pagare il conto. -Ha gradito il pranzo Dottore?- chiese ossequiosamente il titolare del bar. -Sì Giovanni, come al solito era tutto buono, grazie.- -Sa, Dottore... avrei bisogno di chiedervi un favore... se non vi disturbo…- disse mentre apriva la cassa battendo un tasto. -Mio nipote Giuseppe, che Voi conoscete... avrebbe finito di studiare, e non ha una gran voglia di fare l’università... Voi non potreste magari… aiutarlo a entrare da qualche parte? Nella vostra Banca? - Mentre lo guardava gli dava il resto e attendeva un cenno di riscontro. -Guarda Giovanni che mi stai dando troppo resto...- disse Roberto mentre pensava ad una risposta adeguata. -Ma si figuri!... oggi vi faccio lo sconto! e poi voi siete un mio ottimo cliente... ci conosciamo ormai da anni... e scusi se mi permetto, ma il ragazzo ha proprio bisogno di lavorare! Sa, con la disoccupazione che c’è!... - Il barista Giovanni lo guardava così supplichevolmente che Roberto non seppe dirgli di no, anche se dentro di sé sapeva di poter far poco o niente. Era la solita richiesta. Fu la solita risposta: -Fammi avere un suo curriculum... Ma ricordati che non sono tempi positivi... stanno licenziando la gente... vedrò cosa posso fare per lui... – Giovanni lo benedì e manifestò tutta la sua compiacenza per l’interessamento accompagnandolo tipo tappetino fin fuori dal locale. Si incamminò verso la banca sotto uno splendido sole, e pensò alla situazione imbarazzante in cui si era fatto incastrare. Giovanni era una brava persona ed il ragazzo in effetti era meritevole; ma lui, cosa poteva fare? Osservò la facciata del suo Istituto e ricordò il primo giorno di assunzione. Era passato tanto tempo, ma allora era pieno di speranze e di voglia di fare, e quel lavoro lo aveva riempito di orgoglio e di soddisfazioni. Bei tempi, allora! Adesso invece stava cambiando tutto. Ormai la responsabilità e la dedizione al lavoro contavano ben poco. Ora si pretendeva di risparmiare sui costi e produrre sempre di più. Il rispetto che c’era una volta era scomparso quasi definitivamente, e loro si sentivano tutti dei meri “venditori”. La Direzione Generale aveva imposto loro ritmi di lavoro sempre più impegnativi, e i pre-pensionamenti avevano di fatto aumentato in maniera oscena la mole di incombenze pro-capite da smaltire. E poi, pensò che a distruggerlo fosse la quotidiana monotonia delle stesse cose, ripetute sino alla noia. Non riusciva mai a vedere qualcosa di concluso che iniziava un altro progetto, un’altra campagna di sviluppo da sostenere ed un nuovo budget da raggiungere. Era insomma una ruota che ormai ruzzolava in discesa a velocità sempre più vorticosa senza sapere dove andasse. -La banca fallirà, di questo passo- pensava fra sé e sé. -Se continuiamo a fregare la gente finiremo per non avere più clienti... Stiamo andando allo sfascio. Non si può pretendere di raddoppiare gli utili ogni anno... la torta è sempre quella e la fetta è sempre più sottile. Arraffa oggi, arraffa domani, qui si rischia di spolpare la clientela all’osso e poi non ci rimane più niente!- Ridiscese in cassaforte e rifece il “Segreto”. -Cinque volte a destra... 43... poi quattro a sinistra...due volte a destra... 50, una a sinistra; zero... clic! Pensò a Daniela. Pensò quanto avrebbe desiderato avere una donna come lei ed invidiò colui che le stava accanto. Ecco cosa mancava nella sua vita. Una storia d’amore come la loro. Subentrò il malumore. Lui era ormai solo da troppo tempo e le storielle che gli capitavano erano rare e sempre di corta durata. Perché non riusciva a trovare anche lui una bella morettina come Daniela che gli scuotesse la vita? La sua era così lineare che a volte se ne vergognava. Casa e chiesa. Nulla di nuovo, nulla di eccitante... tranne questo ammanco... Adesso doveva spremere le meningi e trovare la soluzione, ma gli avevano inviato l’ispettore. Lo avevano scavalcato... Forse pensavano ci fosse in mezzo anche lui? Erano tutti sempre così malfidati! Tutte le ispezioni, d’altronde, erano fatte per verificare l’onestà dei dipendenti... lui compreso! E a loro volta anche i membri di Direzione venivano controllati dai superiori... che cazzo di mondo! Si adagiò sulla sua poltrona ed osservò le gambe dell’ impiegata seduta di fronte. Anche se di faccia non era un granché, quella aveva un bel paio di cosce e lui l’avrebbe corteggiata volentieri! Con la fame che aveva ultimamente, tutte le donne disponibili erano diventate “carine” o sensuali… pure la collaboratrice, se ci fosse stata...! E poi si diceva che le colleghe fossero “asessuate”... Macchè asessuate! -Macaluso, c’è un problema- Fu il capoufficio Cavalieri a interromperlo nei suoi pensieri erotici. Basso e calvo, con gli occhiali tagliati a spicchio, si avvicinò a Roberto con un foglio in mano. -Cosa c’è, Gaetano?- -C’è che domani mi manca un cassiere; Consoli è in ferie e Furlani è ancora malato... Io non riesco a coprire la “cassa cambiali” oppure rimango scoperto nei “giroconti”... - -Ma che cazzo, Gaetano! Perché mandi in ferie Consoli?- -Le aveva programmate queste ferie... non posso farci niente!- Roberto sbuffò e prese il telefono in mano. Chiamò l’ufficio del Personale e chiese una sostituzione. Dapprima gliela negarono, ma facendo un po’ la voce grossa riuscì ad ottenere un collega per almeno un paio di giorni. -Ce lo mandano da Taormina, solo per due giorni. Vedi di fargli spostare le ferie al Consoli, per il restante periodo... - -Ma Consoli aveva due settimane!- rispose Cavalieri, preoccupato della reazione del collaboratore. -Senti Gaetano, o gliele revochi del tutto per “esigenze d’ufficio”, oppure ci pensi due volte a dare le ferie a fine mese... Lo sai che poi non ci mandano i sostituti... O è per caso una novità?- Il capo ufficio arricciò il naso e obbedì. -Speriamo bene- disse, e si allontanò frettolosamente borbottando –Speriamo bene… se quello va dai sindacati ci parla lei con loro!- Nella giornata si susseguirono problematiche varie, e Roberto firmò tonnellate di tabulati; fece decine di posizioni dei conti correnti al terminale e telefonò ad un mucchio di persone che erano scoperte nel conto. Preparò le convenzioni; si “incazzò” con un paio di collaboratori; pretese i dati giornalieri delle vendite dall’area commerciale; si bevve altri tre caffè ed arrivò alle otto di sera sfinito. Spense il video del computer, salutò il Direttore al piano superiore e si incamminò verso la macchina dopo aver meticolosamente chiuso il caveau, le porte principali ed inserito l’allarme generale della banca. Uscendo incrociò le donne delle pulizie che lo salutarono cordialmente. -Va già a casa, Direttore?- chiesero sghignazzando. -Sfottete pure!- rispose lui un po' seccato, e, chiudendo la porta alle sue spalle, scomparve tra la folla. OTTOBRE OGGI 1 Quando Raffaele si risvegliò, già aveva albeggiato. Si ritrovò nudo nel letto con Daniela. La sua faccia vicino al suo capezzolo scuro. Lo baciò sfiorandolo con le labbra e la guardò mentre dormiva beata. Sembrava una bambola. La accarezzò leggermente con le dita ricordando la sera prima. Forse aveva fatto l’amore con lei per la prima volta. Non era stato sesso, stavolta. Vi era qualcosa che lo attanagliava sempre più a quella trentenne che adesso dormiva accanto a lui. Aveva paura di ritrovarsi incastrato in un’altra sofferenza d’amore ma mentre la guardava e l’ accarezzava pensò che fosse ora di rischiare. -Oggi- disse dentro di sé - è un nuovo giorno nella mia vita... sono libero. Posso cancellare le tensioni e le ansie del mio passato... il ricordo della moglie e del fallimento del mio matrimonio... posso cancellare persino il mio lavoro! Sono libero e posso cercare la mia strada nuovamente ricominciando da zero!- Si spostò dalla camera da letto al salone e lì, nell’angolo cottura, prese la caffettiera e cominciò a preparare il suo caffé quotidiano. Prese il latte e lo zucchero; il cucchiaino e la tazza. Poi aprì la finestra e si mise a guardare fuori. Entrava una brezza fresca ed il cielo era azzurro intenso. Gli uccelli cinguettavano e volavano in stormi sopra i tetti delle case in cerchio. Pareva non avessero una meta. -E invece no- pensò - stanno per migrare... è ora di cambiamento e prima che venga il freddo vanno verso terre lontane... - Pensò anche lui di essere un uccello e di volare verso il caldo, sopra il mar mediterraneo... quando lo svegliò il borbottio del caffé pronto. Bevve i primi sorsi e si accese una sigaretta. Guardò l’orologio : le nove e un quarto. Rientrò silenziosamente in camera e si iniziò a vestire. Lei si era rigirata e dormiva ancora, mostrando il suo sedere tra le lenzuola disfatte. Raffaele fu tentato di unirsi a lei svegliandola dolcemente e facendo l’amore ... poi fece dietrofront e pensò che era meglio telefonare a Bruno per sapere come muoversi. Indietreggiò silenziosamente osservando il suo corpo eccezionale ed accostò la porta dietro di sé. -Ciao... sì... d’accordo... alle undici circa sotto casa tua... vicino all’edicola?... va bene... oh... grazie Brù... sei veramente un amico... no, lo dico sul serio, sei il migliore ... grazie per l’aiuto che mi stai dando... ciao... a dopo-. Finì di bere il caffé e ne preparò un’altra tazzina per Daniela. La svegliò teneramente con dei baci sulla fronte. Lei aprì gli occhi e sorrise nel vederlo. Lo abbracciò, lo baciò e gli chiese che ore fossero. -Le nove e mezzo circa... - -Perché non ti sdrai un attimo qui, vicino a me?- chiese lei accarezzandogli i capelli e grattandogli lievemente la nuca con le unghie. Lui accettò. La abbracciò da dietro e la tenne stretta a sé. Le disse che l’amava... che era stato bellissimo dormire e risvegliarsi assieme a lei. -Non ti è dispiaciuto allora ritrovarmi nel tuo letto?- chiese lei provocatoriamente. -No, affatto.- Le mordicchiò il collo, l’accarezzò dappertutto. Rifecero l’amore. Teneramente. Si fecero le dieci. Si alzarono, fecero colazione, la doccia, e si apprestarono ad uscire. Lei doveva tornare a casa e sbrigare alcune faccende. Lui le disse che si sarebbe incontrato con Bruno. Si diedero appuntamento a dopo in giornata e si salutarono, una volta per strada per entrare nelle rispettive macchine. Raffaele era soddisfatto. Fare l’amore di primo mattino, così dolcemente, era qualcosa che gli era mancato da parecchio tempo e lo rinvigoriva sapere di essere desiderato, perlopiù da una donna che amava anche lui. Si presentò all’appuntamento con qualche minuto di anticipo. Bruno era già lì che leggeva il giornale seduto su una panchina. I due amici si salutarono e, posato il giornale, Bruno gli chiese cosa avesse combinato. -Sembri sereno e... non vorrei dire... ma nel tuo stato attuale di disoccupato mi pari troppo tranquillo... hai visto per caso Dany?- -Che intuito che hai!- -Ci vuole poco a capirlo... guardati le occhiaia!- -Caro amico... stavolta mi sa che mi sono incastrato... – rispose sorridendo Raffaele. -Cosa vorresti dire?- replicò divertito l’altro. -Abbiamo dormito insieme stanotte e stamani… di nuovo... - -Ottimo! sono veramente contento!- esclamò Bruno a cui piaceva Daniela -è una brava ragazza ed è molto dolce, bella ed intelligente. Sono proprio contento che tu abbia preso questa decisione! Era ora che ti sbloccassi!- -Speriamo bene... ho un po’ di paura… ricominciare una storia seria nella mia attuale situazione…- -E perché mai! Devi vivere! Comincia a farlo adesso... - -E il fatto della banca come lo risolvo?- Bruno si mise a ridere. -Il lavoro te l’ho già trovato sciocchino!- esclamò trionfante. Raffaele lo guardò attonito e attese spiegazioni facendo un sorriso che pareva più una smorfia. -Lavorerai per me!- tuonò Bruno. -Per te?- chiese ilare Raffaele che sapeva benissimo che Bruno era un suo collega... anzi “erano stati” colleghi di lavoro, visto che adesso lui non ne faceva più parte, nella stessa banca. -Sì. Non ti ho mai svelato un segreto... ma oggi ho cambiato idea e te lo voglio dire.- Raffaele lo guardò sorpreso e stette senza fiato per non perdere neanche un gesto dell’amico, neanche una parola... -Io- continuò Bruno -lavoro per lo Stato.- Si guardò attorno e, controllato non vi fosse nessuno nelle immediate vicinanze per ascoltarlo, aggiunse sottovoce: -Lavoro per i “Servizi Segreti”... capisci?- Raffaele rimase pietrificato. -Cosa? Ho capito bene?- -Sì. Proprio così. La mia assunzione in banca è solo una copertura. Mi raccomando non lo dire neanche a Daniela. Non lo deve sapere nessuno altrimenti rischio che mi facciano secco.- -E perché allora me lo stai dicendo?- -Perché di te mi fido. Sei come un fratello e hai un bisogno disperato del mio aiuto. Ecco perché.- -Ma... in che consiste il tuo lavoro? e io che centro?... “lavorare per te”?... come?- -Vieni, facciamo due passi che te lo spiego... - I due si incamminarono verso il Parco degli Eucalipti. Quella mattina era talmente splendida che una passeggiata era proprio quello che ci voleva. -Vedi...- continuò Bruno -Io sto lavorando ad un caso che in un certo qual modo ha a che fare con il riciclaggio di denaro sporco... dal Sud pare arrivino grossi finanziamenti qui a Roma, dove vengono “ripuliti” attraverso attività lecite. Vi sono coinvolte alcune grosse banche... in un modo o nell’altro. Io sto cercando di averne le prove... e capire esattamente come facciano. Tra l’altro vi è una serie di personaggi che stiamo cercando di incastrare. Pagano regolarmente le tasse e non abbiamo le prove che i loro guadagni siano frutto di attività criminose.- -E perché ti hanno collocato alla Banca Romana di Credito? Perché proprio da noi?- -Perché le nostre fonti confidenziali ci hanno segnalato delle anomalie sulla erogazione di prestiti da parte di questa banca... non per niente sto all’ufficio Fidi!- -Quindi tu mi stai dicendo che la nostra... hm... la mia ex-banca sia coinvolta nel riciclaggio?- -Si paventa ciò. Adesso ho proprio bisogno che tu mi aiuti.- -Ma in che modo, se ne sono fuori ormai?- -E’ proprio quello! Tu hai sicuramente toccato qualche “tasto sbagliato” e ti hanno messo alla porta!- -Ma che stai dicendo!- replicò incredulo Raffaele. -Questa è gente che non scherza… non ti tengono lì se hanno il dubbio che tu possa scoprire qualcosa.- -Io non sarei capace neanche di accorgermi di un ammanco di cassa... figurati con roba del genere!- continuò a controbattere incredulo Raffaele. Bruno si fermò. Lo guardò fisso negli occhi e continuò. -Tu sei stato “l’unico”ad essere licenziato.- Raffaele si ammutolì. Capì che aveva a che fare con un Bruno diverso. Un amico documentato e perlopiù nei Servizi segreti! Che emozione! Si sentiva ancor più fiero del fatto che glielo avesse detto. Lo aveva fatto partecipe di un segreto che poteva costargli la vita. Glielo aveva comunque svelato! -Cioè?- -Dico che mi sono informato attraverso “chi” conosco, e tu, sei “l’unico”. Ciò avvalora la tesi che sei stato troppo vicino a scoprire qualcosa di grave e di losco. Ecco perché ho bisogno che tu mi aiuti. Tu mi dirai cosa hai fatto per filo e per segno negli ultimi mesi a ritroso nel tempo... e io farò il resto dall’interno... troverò le prove e li incastreremo.- -Ma io ho paura di non ricordarmi…- -Devi. Ho ottenuto dal Ministero degli Interni che tu abbia un riconoscimento economico per questa collaborazione esterna. Certo non sono i “quattro milioni” al mese ma ho comunque ottenuto una bella cifretta.- -Cioè…? Solo per curiosità...!- disse ridendo Raffaele che si sentiva gratificato di tale compito. Era finalmente cambiata la sua vita... quella monotonia che lo frustrava era scomparsa come le nuvole spazzate da un vento di tramontana. -Due milioni e mezzo.- replicò Bruno. -Per non fare un tubo... in pratica... - -Oltre ai rimborsi spesa...- continuò Bruno -per quando andremo in giro per l’Italia... e all’estero... - -Andremo?- -Si, ti puoi considerare assunto. Prendere o... “Prendere”! Non credo tu abbia molta scelta. E poi… mi servi. Sei essenziale per farmi scoprire che cosa stia accadendo.- Raffaele abbracciò l’amico e fissandolo negli occhi gli disse: -Grazie. Accetto molto volentieri!- -Sai che quello che ti chiedo è pericoloso, perciò acqua in bocca anche con i tuoi. Non ne parlare a “nessuno”.- -Stai tranquillo. Capisco bene che ne va della nostra pelle. Adesso però raccontami i particolari della tua indagine... così forse sarò anche più utile.- 2 I due ragazzi seduti di fronte lo guardavano con aria speranzosa mentre Roberto controllava i documenti presentati. -Un bilancio non lo avete?- -No, è solo quattro mesi che abbiamo iniziato l’attività- rispose quello più giovane. -Ragazzi, mi dispiace, ma senza un primo bilancio la Banca è restia a darvi un finanziamento... Abbiamo bisogno di vedere come va la gestione... Mi capite, vero?- Il più grande si alzò di scatto e fissandolo con i suoi occhi scuri pieni di orgoglio e risentimento disse: -Signor Direttore... faccia finta che non siamo neppure venuti ad importunarVi... Togliamo il disturbo!- E rivolgendosi al fratello -Vieni Nicola, andiamocene!- -Ragazzi... ragazzi!- esclamò Roberto, a cui dispiaceva negare un aiuto a dei giovani intraprendenti. -Cercate di capire... la Banca ha bisogno di garanzie per prestare i suoi soldi... Se fossero i miei... allora sarebbe diverso. Siete dei bravi ragazzi... ma la banca non conosce le vostre capacità imprenditoriali... E’ così che purtroppo gira il mondo!- Li invitò alla calma e li fece sedere nuovamente. -Direttore- disse il più giovane -Perché le Banche non aiutano chi ha voglia di fare e cerca di guadagnarsi il pane con un lavoro onesto? Perché ci sentiamo rifiutare da voi un aiuto soltanto perché non abbiamo garanzie da offrirvi? Dopotutto, se non ci aiuta la Banca, chi ci deve aiutare… la Mafia?- -Ehi! Calma...! Non cominciamo coi soliti discorsi sulla mafia... Diamine! Qui si tratta di prestare dei soldi ed avere la certezza di riaverli indietro. Non c’entra la vostra onestà. C’entra purtroppo il fatto che la Banca non riesce ad aver garanzie sul successo dell’operazione perché voi stessi non sapete come “andrà a finire”. L’azienda l’avete appena creata e non sapete se avrete difficoltà a produrre a prezzi competitivi, se troverete i fornitori giusti... se piazzerete il prodotto o se dovrete trovare sbocchi alternativi al mercato locale... Insomma, voi stessi non avete certezze; come volete che le abbia il mio Istituto?>> -Ma allora i soldi li date a chi già ce l’ha!- aggiunse il secondo. -Non è proprio giusto quel che dice, ma... se non ci date delle garanzie temo non potervi aiutare.- -Come non detto. Togliamo il disturbo...- replicò nuovamente il giovanotto dagli occhi scuri. Sembrava demoralizzato. La furia si era dissipata ed era subentrata in lui la depressione. Roberto guardò in faccia i due, poi rimescolò i documenti che aveva in mano. -Non c’è nessuno che sia disposto a garantire per voi?- I ragazzi si guardarono. -Non saprei... qualcuno che abbia un appartamento di proprietà... o un dossier titoli in qualche banca... un risparmio da vincolare a vostro favore... ?- continuò Roberto. -Mia mamma ha una casa di proprietà a Catania- disse il più giovane. I suoi occhi azzurri brillavano pieni di speranza nel vedere il tentativo che il Direttore della Banca stava facendo per risolvere la questione. -Di che valore approssimativamente?- indagò Roberto. -Mah... E’ una vecchia costruzione in centro... saranno cento metri quadrati... Non in ottimo stato sa; però in decenti condizioni... Dovrebbe essere valutata un centinaio di milioni... - -Ma non puoi coinvolgere nostra madre!- disse repentinamente l’altro. -E perché no?- chiese incuriosito Roberto. -Perché è tutto ciò che ha, non mi pare giusto che debba rischiare per noi. E’ una brava donna, nostra madre, ma è anche vedova e non posso permettere che la Banca si prenda la sua casa!- Roberto rimaneva sempre più incredulo. -Mi scusi... Perché dovremmo prenderle la casa se voi avete tutte le migliori intenzioni di riuscire nella vostra azienda... E poi, come pretendete che la Banca “creda” nella vostra iniziativa se voi stessi non ci credete? Non vi pare di esagerare nel pretendere tutto senza alcun onere? O pensate che la Banca finanzi la clientela per “beneficenza”?- Poi proseguì. -Se voi siete onesti come asserite e non avete paura di lavorare, una garanzia fideiussoria di vostra madre risolverebbe il problema. Io vi potrei aiutare... Dapprima con un “fidarello”, tanto per iniziare a far fronte alle spese… Poi si vedrà... Ma quella garanzia è necessaria proprio “adesso”... - I due fratelli si guardarono e rifletterono in silenzio. Poi quello più giovane argomentò che non ci dovrebbero essere problemi a coinvolgere sua madre. L’altro si pronunciò a metà ma asserì che in effetti la madre li aveva già aiutati in passato e forse non si sarebbe tirata indietro neppure adesso. Roberto li congedò, con l’accordo che si sarebbero risentiti quando i ragazzi avessero avuto le idee più chiare e il consenso a firmare da parte della donna. I due lo salutarono ringraziando per essere venuto loro incontro e andarono via con la promessa di rifarsi vivi presto. Una telefonata lo distrasse. Era l’Ispettore. -Le voglio parlare, Macaluso... è libero un attimo?- -Vengo subito, Ispettore.- Riagganciò il telefono e si mise la giacca. Salì le scale e si diresse verso il salottino dove stava l’ospite. 3 -Gaetano... devi riuscirci- disse Roberto posando gli occhiali sul tavolo, tra le carte sparpagliate ovunque. -Se non attuiamo la riforma prevista dalla circolare organizzativa n° 445 del settembre scorso sul riassetto dell’area commerciale, io non riesco a garantire i risultati che l’azienda si aspetta.- -Ma io non ho la gente!- rispose nervosamente il capo ufficio che incominciava ad alterarsi come al solito quando Roberto gli sollecitava un aumento delle incombenze superiore alla quantità di “forza lavoro” presente. -Io non ti chiedo di fare i miracoli, ti chiedo di organizzarti in modo tale da riuscire a mediare le tue esigenze con quelle dell’area commerciale. Vedi, se tu non riesci a far digerire il cambiamento ai tuoi collaboratori, io salto per aria con i miei impegni e pure tu successivamente ne risenti.- -Ma lo sa che ormai ci hanno tolto definitivamente due persone? Inoltre io non riesco più a trovare il tempo per addestrarli poiché spesso supplisco direttamente... Cosa vuole la banca da noi? L’ha visto che arretrato abbiamo al di là del bancone!?- Roberto si accasciò sulla poltrona e guardò il pubblico che sostava pazientemente davanti alle scrivanie dei suoi impiegati. -Gaetano... lo vedi come sono oberati di lavoro anche loro? Pretendi forse che facciano tutto? Debbono aprire i conti, risolvere i problemi alla clientela, parlare di investimenti; diamo loro una possibilità di svolgere bene il lavoro altrimenti mi scoppiano! -Lei pensa che non capisca la loro situazione…Non è così... ma qui si pretende da noi ciò che è impossibile! Lei potrebbe anche dirglielo al Direttore questo!- -Non sono del tutto d’accordo Gaetano. Se tu hai la costanza di insegnare loro una metodologia diversa, vedrai che alla fine ti seguiranno. Ognuno di noi è restio al cambiamento ed è comprensibile. D’altronde anche a noi viene imposto il sacrificio di fare un nuovo lavoro, ma se tu non ci aiuti non riusciremo mai a farlo.- Gaetano era nervoso. Si sentiva dire ormai da troppo tempo di fare di più; il lavoro era aumentato brutalmente e gli uomini erano diminuiti. Si era spesso caricato di responsabilità che secondo il suo parere non spettavano al “back-office”, ed era stanco di sentirsi imporre “ordini di scuderia” senza una vera e propria logica e senza buon senso. Girò i tacchi borbottando che a lui gli poteva importare “assai” ciò che poteva accadere in futuro…< tanto il problema se lo sarebbe ritrovato poi sul suo tavolo comunque >, che era ora di finirla con la schiavitù e roba del genere. Roberto, che conosceva bene le capacità e la serietà del suo collaboratore, fece finta di non raccogliere le minaccie e lo lasciò sfogare, convinto che poi avrebbe fatto tutto ciò che gli aveva richiesto. Un cliente attendeva il suo turno; appena Roberto congedò Gaetano, si avvicinò con aria sottomessa e timidamente chiese udienza. -Mi scusi... Direttore... sono Di Donato... mi ha cercato al telefono ieri sera... - disse a bassa voce. Il telefono squillò e Roberto, mentre rispondeva prontamente, cercò di ricordare chi fosse questo Di Donato... -Macaluso… Sì… Vengo subito Direttore... abbia solo pazienza cinque minuti ... sono con un cliente.- Riagganciò mentre cercava di ricordare. Poi, cercando confusamente tra le scartoffie estrasse quel foglietto dove aveva annotato la posizione irregolare di alcuni conti, fra i quali forse vi era il suo... Trovò qualcosa che gli ricordò la telefonata del giorno prima. -Ah... sì...Di Donato Cesare… ho parlato con sua moglie, vero?- -Sì. Era per il conto se non erro... io ero al lavoro a Barcellona Pozzo di Gotto e non ho potuto richiamare… sono arrivato tardi. Mi scuserà Direttore.- -Certo…certo, Di Donato. Lei non ha pagato le ultime due rate del credito personale che le abbiamo erogato poco tempo fa. Così non può andare... incominciamo troppo presto a non rimborsare… Se non versa subito qualcosa e continua ad accumulare rate impagate, io dovrò “adire le vie legali” nei suoi confronti e non credo proprio sia il caso!- Guardò il cliente con aria inquisitoria e spalancando le orbite degli occhi lo fissò in attesa di una sua risposta affermativa. -No, no… per carità. E’ che ultimamente ho avuto delle difficoltà... Non mi abbandoni proprio adesso Direttore! Mia moglie ha perso il posto di lavoro e l’hanno messa in “cassa integrazione”... ma farò il possibile la prossima settimana per versarvi qualcosa... - Il soggetto sembrava in buona fede. Roberto lo scrutò attentamente per vedere se bluffava e continuò nell’interrogatorio: -Quanto guadagna adesso?- -Veramente il mio stipendio oscilla... dipende se all’ospedale mi chiedono di fare più turni... All’incirca sul milione e ottocentomila al mese.- -E le rate che deve pagare sono di cinquecentomila al mese... – aggiunse lui -Sì-. -E l’affitto quanto le costa?- -Trecentocinquantamila- -Quindi sono già ottocentocinquantamila... hmm... vediamo un po’... - fece due conti con la calcolatrice. -Lei campa con una milionata… Le rate incidono del 27% sul suo stipendio. Le spese delle bollette e il cibo... mi pare poco per campare... - disse infine Roberto arricciando il naso. -Sì... effettivamente è poco... ma le prometto che da qualche parte i soldi li trovo... Magari farò un’altro lavoro in nero per arrotondare... Mi creda direttore, non ritarderò più.- Roberto pensava ai ragazzi di prima, disoccupati in cerca di un finanziamento che li aiutasse ad emergere mettendo su un’attività anziché semplicemente cadere nell’errore di spacciare la droga o invischiarsi in affari illeciti. Anche lui la pensava come loro una volta... le Banche dovevano favorire l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, e avevano il compito ben preciso di sostenere l’economia locale... Ma adesso la pensava in modo diverso: i soldi che lui gestiva erano da salvaguardare, e ogni errore di valutazione poteva essere fatale per la Banca. Poi pensò alla “cassa integrazione” ed al fatto che si paventasse anche per i bancari... Pensò a sua figlia che crescendo sarebbe probabilmente rimasta per anni disoccupata visti i problemi che esistevano al Sud... e guardò il suo cliente prostrato in silenzio, in attesa della grazia. -Vada Di Donato... Ma mi raccomando: puntualità nei pagamenti d’ora in avanti!- Non stette neanche ad ascoltare i ringraziamenti infiniti, le lodi alla Madonna e le promesse del suo cliente e si incamminò lesto verso il piano della Direzione, dove lo aspettava il Capo. Salì le scale e si diresse verso l’uffico del suo Direttore. Lo interruppe mentre scriveva una lettera. -Eccomi Dottore, mi dica tutto; sono a sua completa disposizione-. -Ah, Macaluso- fece costui, alzando il capo dalla lettera che teneva vicino alle lenti spesse -Ho bisogno che mi faccia una ricerca: deve trovarmi tutti gli ammanchi dell’ultimo anno dichiarati dai cassieri, dicendomi pure le presenze dei dipendenti negli eventuali giorni di denuncia... Inoltre, dovrebbe darmi appena scende, i risultati dell’emissione del nostro Prestito Obbligazionario... e i dati del collocamento ENI. Devo dare i dati in Direzione Generale e mi servono subito.- -Mi scusi, Direttore... Ma perché vuole sapere oltre agli ammanchi dichiarati anche le presenze degli impiegati?- -Mi serve sapere chi andava a prendere i soldi all’Istituto Regionale Centrale.- -Ma allora si sospetta che sia stato qualcuno di noi a... - - Cautele del caso, Macaluso, cautele…Tutto è possibile; non possiamo escluderlo... e se l’Ispettore è qui, significa che in Direzione Generale vogliono accertarlo. Io voglio indagare “parallelamente” all’Ispettore per non ritrovarmi delle sorprese nel cassetto. Ovviamente questo non glielo vada a ridire!- -Mi crede incapace?- rispose stizzito Roberto che era anche un po’ permaloso. -Macaluso... era una battuta! Non se la prenda!- -Mi scusi... sono un po’ preoccupato. Se non ha altro da dirmi, vado giù, perché c’è una gran ressa allo sportello...- -Sì, può andare, grazie.- Ridiscese le scale e parlò con Gaetano per fare la ricerca. -Cosa stanno trovando?- chiese lui incuriosito. -Per adesso niente. Acqua in bocca però. Falla direttamente tu la ricerca dai documenti di cassa e non dir niente al tuo vice. Non far trapelare niente!- -Stia tranquillo. Le faccio sapere in serata- Roberto tornò alla sua scrivania e prese in mano la cornetta del telefono. Fissò un paio di appuntamenti con dei clienti; descrisse qualche investimento ad altri; dedicò del tempo a scrivere alcune “lettere di sollecito” per il pagamento di mutui ritardatari e “cliccò” freneticamente il “mouse” del suo computer per oltre due ore e fino alla chiusura dello Sportello al pubblico; tutto questo in mezzo ad una gran frenesia di clienti e dicolleghi che si moltiplicavano e migravano intorno al suo salottino circondato da una vetrata alta due metri, che gli permetteva di osservare il salone. -Daniela!... dove sei?!- pensò estraniato dalla realtà rumorosa che lo circondava. Immaginò con lei un momento di relax sul divano, e sospirò mentre prendeva le sue cose e si incamminava verso il bar da Giovanni. 4 -Vediamo un po’ da dove iniziare... - disse Bruno mentre preparava meticolosamente la pipa premendovi la miscela che aveva appena estratto da un cofanetto di argento porta -tabacco. -Sembrerebbe che in Italia le famiglie “aderenti” o “conniventi “col sistema mafioso siano parecchie. Ci stiamo orientando a credere ad una teoria dove “la Cupola” non esisterebbe; sono le migliaia di personaggi, tra grandi e piccoli che operano nel campo della criminalità più svariata, che formerebbero il “corpo” di questa “Organizzazione criminale” di tipo “piramidale”. Immaginati: spaccio di stupefacenti, traffico d’armi, bische clandestine, usura e prostituzione. Poi vi sono i “killer” specializzati che vengono assoldati quando è necessario far scomparire testimoni o rivali scomodi. Tra questi ex galeotti, poliziotti corrotti, agenti dei servizi segreti… di tutto… Raffaele seguiva stupefatto il discorso che Bruno sciorinava. Effettivamente tutta la situazione era surreale. Erano ad ottobre e faceva un tempo maledettamente primaverile; lui se ne stava completamente “rilassato” nonostante fosse stato licenziato ed il suo “sogno” di far carriera in banca fosse svanito nel nulla; Bruno gli raccontava che la “Cupola” non esisteva… Insomma… Era così tutto strano che credette per un attimo di sognare. -“Quantifichiamo” poi questi soggetti in almeno… centomila famiglie? Moltiplicando cento-duecento milioni di Lire “pro-capite” e calcolando almeno tre elementi di media per famiglia... significa un gettito di raccolta da trenta a sessanta miliardi di Lire che vengono “riciclati” attraverso strumenti finanziari dello Stato quali B.O.T., C.C.T., e Certificati di deposito al portatore. - - In pratica le famiglie riceverebbero un compenso per fare da prestanome e trasformare il denaro proveniente da attività illecite?- -Questo è ciò che siamo inclini a pensare. Abbiamo scoperto che grosse cifre vengono investite in titoli di Stato senza dare nell’occhio. La Guardia di Finanza non riuscirebbe a fare trecentomila accertamenti l’anno beccandoli tutti.- - E poi... - aggiunse Raffaele - tu stai parlando del nostro Paese... ma anche all’estero esistono le connivenze... vero?- - Esatto. Nel settentrione vi sono le grandi industrie, dove c’è gente specializzata nelle tangenti dei grossi appalti, nei fondi neri e nella “ripulitura” del denaro proveniente dalle zone belliche per il commercio di armi. Comunque stiamo controllando tutti i conti correnti e gli investimenti risultanti delle famiglie e affini di coloro che hanno avuto il confino obbligatorio ad esempio... e sono tante. Poi, i soldi provenienti dalla droga vengono investiti nelle Discoteche, in Bar, acquisizioni di ristoranti... tutte gestioni commerciali dove sia impossibile controllare l’effettivo fatturato... Un giro di fatture false. In pratica i soldi sono quelli sporchi, che l’azienda vada bene o male è relativo. Serve la facciata... la copertura.- - Accidenti!- - Ma non ho finito... I grossi affari la criminalità organizzata li attua attraverso i grossi finanziamenti e i grandi movimenti di denaro... soprattutto attraverso l’estero. Pensiamo già di aver capito come stiano attuando questa strategia, pulendo e facendo rientrare nel nostro Paese il denaro sporco senza destare sospetti. Siamo quasi certi, ormai, che molte banche siano coinvolte... chi più, chi meno. A noi serve scoprire il “metodo”... poi è un gioco da ragazzi incastrare i colpevoli attraverso ispezioni incrociate. L’Istituto Centrale ci sta aiutando moltissimo, ma non possono ancora ispezionare a fondo perché desterebbero troppi sospetti e svelerebbero la ricerca che hanno in corso... I criminali coinvolti troverebbero prontamente canali diversi, e noi saremmo punto e a capo.- Raffaele era ammutolito. Seguiva con attenzione il discorso e tentava di capire bene i meccanismi descrittigli per potere, nella sua mente, chiarire i punti bui. Non riusciva a capire in che modo potessero sfuggire dai controlli grosse quantità di denaro... Era più facile che sfuggissero quelle piccole delle famiglie conniventi. Come si sarebbe potuto provare che i soldi derivavano dalla vendita di armi o di droga anziché da una vendita immobiliare, da un’eredità, da un lavoro clandestino...? Era pressoché impossibile fare la ricerca e trovare le prove su migliaia di persone. Un conto di cento o duecento milioni non implicava automaticamente una provenienza illecita... -Interessante... - disse infine -Non riesco però a capire come le banche siano coinvolte...- Bruno gli posò la mano sulla spalla. -Dobbiamo spremerci le meningi... Se mi aiuti sono sicuro che troveremo qualcosa. Tu non devi perdere il tuo lavoro... tu devi essere riammesso con tutti gli onori, ed io sono convinto che ci riusciremo... - 5 -Adesso prova a ricordare cosa hai fatto ultimamente.- disse Bruno mentre boccheggiava dalla sua Pipa spargendo tutto intorno nuvolette di fumo come se stesse fumando un calumet della pace indiano. Raffaele cominciò a scavare nella sua memoria. Cercò di collegare gli ultimi fatti, le persone che lo avevano contattato e le pratiche che aveva elaborato. -E’ difficile... Vediamo un po’... cominciando da ieri, ho visto Battigia e mi ha fatto quel discorso... - -E cioè? Dettagliami il discorso.- -Mi ha spiegato la “storia” degli esuberi dopo la fusione con la Popolare del Nord-Est... >> -Relativamente vero... vai avanti... - -Che io avevo un brutto carattere e che non avevo i requisiti adatti a gestire il personale... - -Che tu abbia un brutto carattere non è vero. Forse sei troppo impulsivo ed ingenuo... – intervenne prontamente l’amico. -Insomma... ha detto che, essendo io tra i primi ad essere “sacrificati”, mi davano quella buonuscita e le referenze adatte per non bruciarmi sul mercato...- Poi, fermandosi un attimo a riflettere guardò Bruno fisso negli occhi. -Pensi che Battigia possa essere coinvolto in questa storia?- -Non lo so. Potrebbe aver avuto ordini dall’alto; è comunque molto probabile che non sia semplicemente un esecutore o passa carte... Vedi, un capo sa tutto di tutti... specialmente Battigia. Le pratiche del personale come la tua, a volte stranamente “spariscono”. Che lui ne sia fuori completamente è difficile.- -Ma allora anche il direttore della filiale deve essere coinvolto... E il responsabile dei Fidi?- -Tutto è possibile. Continua... - -Beh, ero all’ufficio Legale... ho lavorato su centinaia di pratiche... non saprei... quella più recente e più grossa che ricordo è il fallimento della “Primissima Costruzioni Spa” per circa una ventina di miliardi di Lire... Poi ci sarebbe il concordato preventivo della “Strocchi e Vanberli Srl”; anche lì si prevede una perdita di circa 2 miliardi... Poi il caso di “Adolfi “ ma è una società in nome collettivo… veramente mi pare poco influente.- -Chi sarebbe Adolfi ... .- -Una società che faceva commercio di ortaggi dalla Sicilia... ma è relativamente piccola... diciamo che aveva un fatturato di circa mezzo miliardo l’anno... robetta!>> -Mah!- esclamò infine Bruno. -Effettivamente poco; vai avanti... - -Sì, mi pare strano... e poi il “buco” pare sia ampiamente ripianabile con le proprietà immobiliari dei soci... dovremmo riuscire a ripianare tutto... - -Dove hanno gli immobili?- -Un po’ dappertutto: a Messina, a Catania e anche a Roma.- -A Roma?- -Sì. Uno dei soci è romano. Ma sinceramente mi pare improbabile un comportamento illecito... La società non aveva nemmeno scambi con l’estero…- - E la Strocchi?- -Un concordato preventivo... come ti dicevo di circa due miliardi... Anche qui non mi pare ci possano essere “connivenze”... andavano male... - -Non era quella società che faceva import-export in campo informatico?- -Esatto. Hanno subìto la forte concorrenza della Primex e non hanno fatto fronte ad alcuni debiti poiché non riuscivano più a vendere come gli anni scorsi... Così hanno ricevuto un “decreto ingiuntivo” da parte di un fornitore facendo scatenare le banche che sono saltate loro addosso... Il curatore è... vediamo se mi ricordo bene... dovrebbe essere Parolieri... quello che segue anche il fallimento della Montanari Spa... - -Si... sulla Montanari so tutto.- -Insomma, di grandi fatti al momento non ne ricordo altri... - Bruno si grattò la fronte. Poi entrambi si sedettero su una panchina e stettero in silenzio per un po’ a pensare. -Ah!- esclamò improvvisamente Raffaele. -Ci sarebbe un caso strano che mi è successo circa un mese fa... - -Quale?- chiese incuriosito l’altro -Non centra niente con l’uffico Legale però sono stato avvicinato da un tale Giuliani che mi ha fatto una proposta alquanto bizzarra... - -Beh!? vai avanti!- Raffaele pareva divertirsi. -Sì, strana... mi ha chiesto di accompagnarlo in Sicilia, che lì mi avrebbe fatto conoscere un suo fratello... - -E cosa c’è di strano?- replicò Bruno. -Ho detto “fratello”...- e con un gesto della mano mimò delle virgolette... -Massoneria! – esclamò Bruno. -Forse... Al principio non riuscivo a capire... - -Ma come mai…? Tu gli avevi chiesto dei favori, a questo Giuliani?- -Non proprio. Il discorso era cominciato col fatto che in banca mi trovavo male e che non si faceva carriera se non grazie alle “raccomandazioni”... Poi lui mi ha detto che poteva essere “utile” farmi entrare il un “Circolo Culturale” frequentato da illustri personaggi che aveva diramazioni in tutta l’Italia ed anche all’estero... - -Massoni.- Confermò adesso convinto Bruno. -E va bene. D’altronde ci sono tante Logge massoniche in Italia che sono “legali”.- -Sì- disse Bruno -ma tu che c’entri? Lo sai benissimo che non propongono l’iscrizione nelle Logge a chiunque... Vedi, se tu facessi parte di un’associazione di quel genere, una volta divenuto un “fratello”, non potresti più rifiutarti di contraccambiare favori... Ti ha per caso chiesto qualcosa?- -No. Non ancora.- -Lo conoscevi da molto?- -No, era la seconda o terza volta che lo vedevo... - -Ma è cliente?- -Sì. Penso abbia il conto da noi da due o tre mesi soltanto... - Bruno aggrottò la fronte e sistemò nuovamente la pipa. Raffaele tirò fuori una sigaretta e cominciò ad aspirarne il fumo con veemenza. Si sentiva un’agitazione strana addosso. Pensava di star sognando tutta questa situazione... era così irreale, che non poteva capacitarsi fosse accaduto a lui. Proprio a lui che due giorni prima si lamentava di essere frustrato per la vita monotona e ripetitiva che faceva in banca. Bruno riprese a parlare. -Ti ha detto chi conoscesse, da noi?... clienti, colleghi... - -Fammi ricordare: sì, mi pare abbia accennato al Paparetti... quello che ha un grosso fido da noi... quello dell’Immobiliare... - -Ho capito. E che tipo è ‘sto Paparetti?- -Penso sia tra i clienti primari dell’Istituto... - -Non è quello che ha l’Immobiliare in Via XX Settembre?- -No, quella è del cognato del Giuliani, un certo Santini Giulio. Quella del Paparetti è in Via Po.- -E non sono collegate?- -Non lo so. Cosa c’entra mò Paparetti con Santini?- chiese Raffaele -Operano nello stesso settore... e si conoscono… te lo ha detto lui… il “Giuliani”… no? Controllerò col computer.- Poi indagò ancora. -E questo Paparetti... allora, cosa sai di lui?- -Vorrai dire Giuliani?- -Sì, scusa... Giuliani, che ti ha detto?- -Mi ha detto di farmi un viaggio con lui in Sicilia. Mi avrebbe presentato un professore di un Ospedale che mi avrebbe potuto introdurre nell’ambiente “giusto”.- -E non ti ha chiesto proprio nulla?- -No. Come vedi mi faceva un favore e basta, altrimenti sarebbe uscito a galla qualcosa... - -Non è detto. Forse voleva comprare il tuo silenzio nell’eventualità che tu scoprissi qualcosa. Molti nella mafia corrompono la gente trovando il loro punto debole.- -Io no.- rispose Raffaele un po’ indignato. -Sono onesto, io!- -Ma vaffan... Per cifre di un “certo tenore” tutti siamo corruttibili! C’è chi si accontenta di cento, duecento milioni... Magari tu sei anche “onestissimo”, ma ti vorrei mettere alla prova per un miliardo di bigliettoni… tuttiin tagli da cinquantamila che sono meno appariscenti!>> disse ridendo Bruno, ponendo il braccio sulla spalla dell’amico pensieroso. -Forse per un miliardo vacillerei... è vero. Tutto è relativo. D’altronde ti cambierebbe la vita... Non posso essere così sicuro di me stesso; hai ragione.- -Non dico che tu sia disonesto; però, già il fatto di accettare l’aiuto di un’associazione massonica non è del tutto “puro”. Ne convieni?- -Beh... sai... un aiuto...- Raffaele era evidentemente imbarazzato alle domande dell’amico e cercava di giustificarsi. Era già la seconda volta nella giornata… -Tutti cercano la “raccomandazione” in questa banca del cazzo!- -Sì; ma non puoi dire onestamente che raggiungi determinati livelli per merito tuo... se vai alla ricerca della raccomandazione. - -E va bene... hai ragione. Sono uno stronzetto anch’io! Sei contento?- Si fecero entrambi una risata e cominciarono ad incamminarsi verso la piazza dove avevano lasciato le automobili. -Questa del Giuliani la vorrei proprio approfondire... – disse infine congedandosi Bruno. -Forse sarà il caso che me lo presenti, oppure... Ho un’idea migliore: accetta di farti quel viaggio e scopri cosa c’è sotto... poi agiamo.- -Fare il viaggio io da solo?- -Certo, mica posso accompagnarti! Da solo, così non ci collegano.- -E cosa dovrei fare?- chiese preoccupato. -Lasciati guidare da lui. Fatti proporre quel che vogliono. Tu dovrai far finta di essere “disperato”. Hai perso il lavoro... altro che “carriera”!- -E se si accorgono che sto “bluffando”?- -Non lo scopriranno... Basta che tu assecondi tutte le loro teorie e ti mostri irato con la banca per ciò che ti è successo... Fatti vedere incline ad essere corrotto... Fai pure un discorso di tipo “adesso divento anch’io mafioso... così vedono”!- -Speriamo bene... – disse Raffaele preoccupato. Sentiva il brontolio dello stomaco di nuovo addosso. Stavolta la gastrite si sarebbe trasformata in ulcera... Era tutto così diverso soltanto ieri! Un giorno fa il solito “tran-tran”. Adesso invece diventava protagonista di qualcosa di pericoloso, e senza sapere come muoversi e cosa fare. Perlopiù da solo! Bruno si raccomandò di telefonare subito a quel tipo e fargli sapere l’esito dell’eventuale incontro. Nel frattempo avrebbe fatto qualche ricerca. Ogni evento fosse accaduto a Raffaele in quei mesi recenti era fonte preziosa di indagine... Qualche collegamento c’era di sicuro. Si lasciarono, e Raffaele tornò a casa esausto. La mente gli scoppiava. Ricercò nella sua agenda elettronica il numero di quel tipo e lo chiamò. 6 Giuliani si dimostrò alquanto disponibile. Sembrava quasi aspettasse la sua telefonata. Gli disse che doveva partire fra qualche giorno per Messina; quindi si accordarono per vedersi l’indomani e definire la strategia di quel colloquio “a voce”… Al telefono non desiderava far nomi. In Raffaele peggiorava lo stato del suo nervosismo. Le mani gli sudavano e sentiva la pancia in subbuglio. Prese una camomilla e si sdraiò un attimo sul letto cercando di rilassarsi. I pensieri fluttuarono un po’ dappertutto fino a posarsi , come una piuma abbandonata dal vento, sulla cosa più bella che gli poteva accadere da tempo: Daniela. Il rapporto che era sbocciato tra lui e la giovane ed avvenente collega lo aveva reso molto sicuro di sé tanto da sentirsi felice per la prima volta. Lo status di single che aveva voluto mantenere per tanti anni, lo avevano reso alquanto pauroso della vita. Ciò lo aveva confuso a lungo, impedendogli di approfondire il rapporto nascente con Daniela e lo aveva portato a sciogliere l’ idillio amoroso per non farsi del male. Ma adesso finalmente riusciva a capire che tutto ciò era stato uno stato di sconforto e d’insicurezza. Adesso che aveva capito “chi” lo aspettasse a casa, osservava la vita da un’altra sfaccettatura. Guardò l’orologio e decise fosse ora di andare a fare la spesa; stasera si sarebbero rivisti e voleva preparare una cenetta coi fiocchi. Quando Raffaele tornò a casa, Daniela era lì che lo aspettava nella sua macchina, sotto l’ abitazione. -Ciao! E’ da molto che aspettavi?- chiese lui entrando in macchina con lei. -No, solo dieci minuti... dov’eri?- -A fare la spesa...- rispose Raffaele mentre la abbracciava godendo la sua presenza ed il profumo inebriante che emanava … sembrava che la primavera sbocciasse improvvisamente fuori stagione. -Oggi ho pensato tanto a noi…- Disse sorridendo mentre le dedicava un tenero bacio sulle labbra. -Hai fatto proprio bene!- rispose lei con enfasi. -Non ti scordare che hai bisogno di tanto, tanto amore!- disse poi con tono dolce contraccambiando il bacio. Lei lo aveva amato da subito, ed aveva sofferto nel frequentarlo solo come amico. Adesso non ci stava “più nella pelle”: lui l’aveva finalmente riconosciuta importante per la sua vita! Era talmente entusiasta che non vedeva l’ora di rivederlo ogni giorno; fremeva per ascoltare ogni parola emessa dalle sue labbra; sognava di fare e rifare l’amore con lui; anelava dormire teneramente abbracciata su di lui e sentire il profumo della sua pelle. Daniela sorrise compiaciuta. Aveva capito che quella storia non aveva funzionato la prima volta probabilmente a causa di paure insite in molti uomini legate al concetto di “metter su famiglia”. Spesso in passato avevano affrontato l’argomento di queste sue paure senza peraltro capire se fossero ciò che lo separavano da lei o se semplicemente non la amasse. In fondo Raffaele non era riuscito a capirlo e per rispetto a lei aveva preferito troncare per il momento la relazione, così come si era andata sviluppando, cercando di non superare più la sottile linea che separa spesso l’amicizia alla passione, rimanendole vicino da “amico”. Negli ultimi mesi peraltro Raffaele le aveva dimostrato di aver fatto un grosso passo avanti. Col tempo, pensò lei, avrebbero fatto quei progressi necessari per instaurare un rapporto con tutti i santi crismi. Mentre Daniela pensava a tutto questo, lui le accarezzava i capelli e la guardava teneramente negli occhi. Poi, con uno slancio improvviso ed un sorriso malizioso, la prese per mano e tirandola verso sé disse: -Saliamo in casa dai! Ho una “fame” che non ti puoi immaginare! - Lei arrossì leggermente e sfoggiò un sorriso ammiccante che provocò in lui forti emozioni. A Daniela formicolò addosso un brivido di eccitazione incontenibile. Pensò dentro di sé che Raffaele sarebbe rimasto strabiliato nel vedere la biancheria intima che aveva indossato. Oggi lo voleva sconvolgere, e si era preparata meticolosamente per essere più sensuale del solito. Uscì dalla macchina sfoderando uno spacco altissimo nella lunga gonna di seta nera che mostrò la sua bella gamba lunga, e fece intravedere apposta il reggicalze. Raffaele sentì una improvvisa vampata di calore e si soffermò (trattenendo il fiato) a guardarla scendere. -Mi sa che stasera si salta la cena!- disse ridendo, e lei: -Bisogna vedere di che cibo parli!- QUALCHE GIORNO DOPO 1 Giuliani era un uomo di mezza età con la pancia e le spalle strette. Alto un metro e settantaquattro circa, carnagione pallida, un naso pronunciato leggermente storto da una parte, occhi azzurri e pochi capelli color castano chiaro. Era un tipo riflessivo ed osservatore, e teneva la bocca semiaperta in un perenne sogghigno. Si presentò puntuale quella sera all’appuntamento presso la gelateria sul laghetto dell’ E.U.R. alle sette in punto come convenuto. Ad ottobre, il laghetto era frequentatissimo. Il clima era ancora mite e sebbene fosse rinfrescato dalla calura estiva, non era ancora necessario coprirsi troppo. C’erano poi tantissime giornate come quella, col sole che accarezzava i capelli, riscaldava le spalle e invitava migliaia di passerotti a cinguettare all’ impazzata. Esso era pieno di vialetti che sfoggiavano aiuole ancora fiorite; gli alberi, per la stragrande maggioranza sempreverdi, innaffiavano l’ombra dappertutto riparando i passanti dal sole ancora forte nelle ore pomeridiane. Molti erano i cedri ormai giganteschi, i pini, gli abeti… una natura invidiabile. Vi era la “Passeggiata del Giappone” con le sue meravigliose Mimose dai delicatissimi fiori rosa pallido (quasi candido) che a primavera riempivano tutto il vialetto come un pergolato sulle teste dei romani. Al fracasso degli uccellini si susseguivano le chiacchierate delle coppiette; le risate ed il vociare degli amici che si incontravano per bersi allegramente un caffè o un aperitivo… o semplicemente prendere un cono gelato e fare due passi; Ai bar prendevano vita incontri tra amici, tra amanti, quelli clandestini e di affari, con persone elegantissime, in giacca e cravatta e quella sera c’era anche “quell’incontro”… che Raffaele aveva organizzato con il tipo sospetto. Da qualche giorno Raffaele aveva preparato assieme a Bruno il discorso da affrontare, ma sentiva dentro di sé una grande agitazione. Non sapeva dove sarebbe sfociata la sua azione, ed essendo una persona troppo onesta, gli era difficile mentire. Accennò un saluto vedendolo arrivare da lontano, in mezzo alla folla, e spostò leggermente la sedia dal tavolino dove lo aspettava seduto da alcuni minuti. Si strinsero la mano e l’uomo si accomodò guardandosi cautamente intorno. Poi ordinarono un caffé e cominciarono a parlare del più e del meno. Arrivò l’ordinazione e iniziarono entrambi a rigirare lo zucchero e sorseggiare il profumato e rinomato caffé del Bar fin quando Giuliani gli chiese quale fosse il motivo della sua telefonata. -Ho bisogno del suo aiuto... – rispose Raffaele fissando la tazzina -Che le è successo, Minardi?- disse l’uomo sorseggiando lentamente. –Mi sembra alquanto agitato.- continuò. -Mi hanno licenziato... – rispose lui guardando a terra cercando di mascherare l’imbarazzo della recitazione (anche se lo era veramente). Si sentiva turbato e sperava che Giuliani non lo notasse. Le mani erano sudate e le palpitazioni aumentavano. Sorseggiò anche lui il caffé per prendere tempo. Giuliani lo guardò attentamente senza battere ciglio, e con quella smorfia di chi pensa di sapere tutto gli chiese di andare avanti. Raffaele iniziò il suo racconto citando pedissequamente quanto accaduto nel colloquio col suo capo, fino alla fine. -Insomma... mi hanno detto che a causa di questi esuberi io sono “fuori”. Capito?- Giuliani abbassò gli occhi e pensò qualche attimo. -Mi dispiace... - disse questi con voce grave. -E io come posso essere utile?- continuò finalmente. Raffaele disperò. Non poteva essere lui a suggerire… maledizione! Doveva proporlo Giuliani e con questa domanda invece rischiava di incastrarsi. -Non ne ho la minima idea… lei mi è sembrato sempre così… così disponibile nei miei confronti ed influente…- proseguì nervosamente. Giuliani annuì come se avesse finalmente trovato il filo della matassa. -Vuole che le presenti “quel mio amico”?- chiese poi rialzando lo sguardo e posandolo sulle sue pupille. Sembrava aver già capito tutto. A Raffaele sembrò invece “troppo facile”. Non aveva ancora detto niente che il Giuliani aveva colto il problema e gli proponeva l’aggancio. Immaginò sempre più probabile il fatto che egli fosse al corrente della situazione. E se avesse avuto ragione Bruno a pensare che c’era un collegamento tra la sua proposta, fattagli tempo fa, e quello che stava succedendo? Ma allora, perché si dimostrava sempre disponibile? Non sarebbe stato più semplice lavarsi le mani e lasciarlo naufragare, visto che ormai lo avevano scaricato? Si fece queste domande mentre rispondeva di sì; che avrebbe gradito di essere aiutato... che era disperato... che essendo senza lavoro avrebbe fatto “qualsiasi cosa” pur di risolvere il problema economico... e che gli sarebbe stato “eternamente grato”. Giuliani bevve il caffé e rifletté qualche minuto. -Posso portarla con me a Messina la prossima settimana. Mi dovrei incontrare con questo amico. Glielo presento, e parliamo. Forse là c’è qualche possibilità... sa, siamo “fratelli” e non mi può negare un favore!- -Io non saprei come ringraziarla... Mi creda!- disse Raffaele inumidendo gli occhi per far vedere che era commosso. Se una cosa gli risultava facile era proprio quella della lacrima. Pensava fosse giusto non trattenere il pianto quando veniva. Dopotutto era un modo di sfogare le tensioni e le ansie provocate dal dolore. Per lui era diventato facile farlo anche di proposito. Bastava concentrarsi a qualcosa di triste e... come in quel momento... Fissarono la partenza al lunedì successivo e si salutarono cordialmente. Raffaele rimase seduto finché non lo vide dileguarsi oltre il parco. Rimase stupito dalla facilità con la quale aveva attuato tutta quella “messa in scena” e sorrise dentro di sé nel vedere il cambiamento che stava già avvenendo in lui. -Sto diventando un’altro uomo.- pensò. -Nei servizi segreti!- Come fosse capitato all’improvviso in una bella favola, Raffaele si era scrollato di dosso tutte quelle angosce di dover dire quotidianamente “signorsì” a tutti i superiori; di dover per forza curare le scartoffie e le pratiche del contenzioso! Di dover tornare a casa svuotato nell’anima da un lavoro arido e monotono. Si godé la vista del parco ed il passeggio di belle ragazze che giravano da sole o con i fidanzati. Pensò a Daniela ed estraendo il suo cellulare la chiamò. -Andiamo a cena, stasera. Ti porto in un bel ristorante a Trastevere!- -Ma se non hai una lira!- rispose Daniela divertita. -Non ti preoccupare. Non ci sono problemi... poi mi ripaghi in un altro modo- disse lui scherzando. -Lo sai che quello lo faccio molto volentieri... - rispose lei. Poi aggiunse cambiando tonalità di voce: -Ti amo.- -Anch’io.- rispose lui, e si salutarono momentaneamente. Si alzò; pagò il conto e si incamminò verso la macchina. Mentre stava per entrarci sentì una strana sensazione: gli parve di essere osservato. Si girò di scatto e vide due uomini seduti su di un selciato del parco che guardavano dalla sua parte. Fece finta di niente ed entrò in macchina. Con la coda dell’occhio però tentò di controllarli. Gli uomini seguitavano a fissare dalla sua parte. Uno di essi mise la mano in tasca... –Mio Dio! - (ODDIO ?) pensò Raffaele mettendo subito in moto la macchina pensando fosse una pistola… Il suo panico improvviso si smontò immediatamente nel vedere che invece tirava fuori un pacchetto di sigarette! -Forse mi sto immedesimando troppo e pecco di troppa fantasia… “Mejo che me dò ’na calmata”!- disse fra sé e sé in romanesco, e andò via in fretta. 2 Bruno era rimasto fino a tardi in ufficio facendo finta di dover lavorare ancora a lungo. L’ultimo saluto al Funzionario che uscì raccomandandosi di spegnere il terminale e firmare il foglio dello straordinario a fine serata, e Bruno rimase solo davanti al suo computer. Iniziò così a fare la ricerca anagrafica su quei nominativi comunicati da Raffaele. Mentre le sue dita scorrevano sulla tastiera del computer come quelle di un pianista in un concerto, si guardò intorno. Alle otto ormai non rimaneva quasi più anima viva in banca ma lui si era premunito comunque accostando e non chiudendo la porta per poter sentire se qualcuno si avvicinava; collocandoci dietro una lattina vuota di coca cola, che sarebbe rotolata in caso di apertura della stessa ed infine aveva spento tutte le luci superflue limitandosi a lasciare accese solo quelle indispensabili per non insospettire l’eventuale “ficcanaso”. La stanza era arredata squallidamente e ospitava parecchie scrivanie color beige, tutte in fila e affogate da immensi mucchi di carta; cataste di pratiche; porta-penne, matite e cancelleria varia; video di computer, stampanti antiche e calcolatrici elettroniche antidiluviane. La polvere governava sovrana nonostante le donne delle pulizie avessero già passato il panno per dare una parvenza di pulito su quegli “interstizi” che rimanevano tra le pratiche e le macchine, e quella penombra regalava all’ambiente già di per sé “squallido” quel po’ di “tetro” che non guastava per la ricerca che si apprestava a fare. -Vediamo un po’...- disse appena acceso il programma “Anagrafe”. -Ecco… Adesso vado nel campo “interrogazioni generiche”... allora... - Estrasse dal portafoglio il foglio dove aveva preso gli appunti ed iniziò a scrivere: “CONCORDATO PREVENTIVO STROCCHI E VANBERLI SRL” La macchina elaborò i dati per qualche secondo e sputò fuori la risposta: CONCORDATO PREVENTIVO STROCCHI E VANBERLI SRL: IMPORT-EXPORT MATERIALE INFORMATICO PRATICA A “SOFFERENZE” PER 2 MILIARDI di LIRE CURATORE : PAROLIERI GIORGIO DECRETI INGIUNTIVI DA FORNITORI: SI PRATICA LEGALE INEVASA AL... Continuò con un altra interrogazione: FALLIMENTO MONTANARI SPA: FORNITURE MECCANICHE NAVALI CURATORE: PAROLIERI GIORGIO PRATICA “SOFFERENZE” ARCHIVIATA IL... PERDITA ISCRITTA IN BILANCIO PER 500 MILIONI di LIRE IL... Bruno si soffermò su quel nominativo: Parolieri. Ovviamente, il fatto che lo stesso curatore avesse trattato le due sofferenze non implicava che ci fosse un nesso tra le due società, ma gli parve molto strano. Di solito, con tutti i curatori fallimentari che vantava Roma, era difficile che due pratiche della stessa Banca fossero capitate entrambe a lui. Poi proseguì con la ditta di frutta e verdura... ADOLFI E C. SNC: COMMERCIO ORTAGGI SEDE CENTRALE PALERMO SEDI SECONDARIE: BARI, MESSINA, AGRIGENTO, ROMA, TORINO. COLLEGAMENTI CON ALTRI ANAGRAFICI. PRATICA SORVEGLIATA DA…. PREMERE C1 PER SOCI Premette il tasto. Erano i soci. Difatti, Bruno trovò a nome di essi le informazioni che gli aveva fornito Raffaele. Avevano capienti proprietà immobiliari e la pratica era stata girata a “Rischi da sorvegliare”. -No, penso proprio che questa non c’entri... Il rischio è coperto dai beni personali dei soci... e poi l’eventuale “buco” è robetta... - meditò Bruno andando avanti. Inserì: GIULIANI ANSELMO: Attese la risposta del computer ma fu negativa. Rimase un attimo a pensare. Raffaele aveva detto che era cliente... riprovò ancora nel settore riservato alle Società di Persona. Questa volta il computer rispose: GIULIANI ANSELMO- DITTA INDIVIDUALE MESSINA 12.07.46 RESIDENTE A ROMA IN VIA PO N. 135 ATTIVITA’ DI INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE. NON AFFIDATO. RAPPORTI DI CONTI CORRENTI- CERTIFICATI DI DEPOSITO- LIBRETTI PORT. DOSSIER TITOLI PER 300/M OBBLIGAZIONI-B.O.T-C.C.T. HA COLLEGAMENTI >>> Andò avanti ed interrogò il conto, poi il dossier, poi il rapporto vincolato e realizzò che gli investimenti erano di ben oltre i “trecento milioni” apparentemente iscritti in anagrafe. Oscillavano tra i “settecento e gli ottocento milioni di lire”circa. -Però!- esclamò mentre continuava la ricerca. Pensò fosse alquanto strano che una ditta individuale non solo non fosse affidata, ma addirittura avesse una discreta cifra messa da parte, ed investita, solo con loro… Fece un’altra interrogazione. Ed un’altra, finché si soffermò su questa: IMMOBILIARE PAPARETTI: P.IVA 000112356220 VIA PO 135 ROMA HA RAPPORTI DI CONTO CORRENTE- DOSSIER TITOLI- AFFIDATO PER DUE MILIARDI di LIRE- CLIENTE PRIMARIO HA COLLEGAMENTI CON ANAGRAFICO 554356. Fece il collegamento 554356 che risultò un certo SANTINI GIULIO- DITTA INDIVIDUALE: ATTIVITA’ INTERMEDIAZIONE IMMOBILIARE VIA XX SETTEMBRE 45-ROMA HA RAPPORTI DI CONTO CORRENTE- AFFIDATO PER DUECENTOCINQUANTA MILIONI di LIRE HA COLLEGAMENTI. La sua ricerca continuava nella penombra mentre il tempo scorreva lentamente. Il ticchettio dell’orologio danzava assieme al ritmo della tastiera come fossero due ballerini innamorati. Bruno andò avanti e chiese alla macchina i collegamenti di questo ultimo nominativo. Non riusciva ancora a vedere un nesso tra l’incidente capitato a Raffaele e qualche “pista” derivante da quelle evidenze. Improvvisamente il computer scrisse un nome che attirò la sua attenzione. Aguzzò gli occhi ormai stanchi e ritenne strano vedere l a seguente informazione: PRIMISSIMA COSTRUZIONI SPA VIA ALBERONI 5 ROMA SEDE SOCIALE: MESSINA- VIALE SAN MARTINO 178 ME FALLITA-PERDITE ISCRITTE PER > 20MM di LIRE RISULTANZE DECRETI INGIUNTIVI: BANCHE 5 PRATICA GIRATA A “SOFFERENZE”. Bruno si affrettò a stampare tutto e lasciò il video acceso sulla maschera generica che aveva trovato sul computer entrando prima nel programma. Si alzò e cominciò a guardare nel partitario clienti dove archiviavano le pratiche di affidamento. Cercò la pratica del Santini, in quanto gli pareva una cifra eccessiva per una ditta individuale; cercò quella dell’ Immobiliare Paparetti, e fece delle fotocopie. Cercò qualche motivo che gli spiegasse come mai due ditte affidate per oltre due miliardi non fossero state fatte “rientrare” essendo esse collegate ad una società fallita. Gli sembrò altrettanto “inspiegabile” che non esistessero collegamenti tra la Primissima e l’Imm.re Paparetti... dopotutto vi era un nesso tra di loro attraverso il Santini Giulio... Ma chi era quest’ultimo? Salì al piano superiore e cercò tra le pratiche “incagliate” quella della Strocchi e Vanberli Srl e ne fotocopiò le parti ritenute essenziali; poi cercò tra le pratiche “esaurite” e “archiviate” quella del Fallimento Montanari e cercò tra le pratiche di Fido quella del Parolieri Giorgio. Infine cercò la Primissima Costruzioni Spa ma non la trovò. -Porca miseria!- esclamò infuriato. -Come mai non la trovo?- si chiese scartabellando nuovamente tra le pratiche ammucchiate nei cassoni. All’improvviso udì un rumore. Bruno si apprestò velocemente ad uscire e quando fece per uscire dalla porta spostando la lattina meticolosamente, si imbatté con la donna delle pulizie. -Oh… mio Dio!- esclamò quest’ ultima spaventata e coprendosi istintivamente il seno. Bruno si chinò a raccogliere il secchio che la donna aveva involontariamente gettato per terra facendo un gran fracasso. Egli si scusò. -Credevo non ci fosse più rimasto nessuno Direttò! M’avete fatto prendere nu colpo!- disse con accento di trastevere. -Mi scusi tanto signora! Non pensavo di farle questo brutto effetto!- disse lui sorridendole e uscendo dalla porta. Sgusciò via così in fretta che la donna non fece caso alle fotocopie che Bruno abilmente aveva nascosto tra il loden e la valigetta. Per fortuna sua non c’era nessuno ormai. Le uniche eccezioni potevano essere forse Battigia stesso ed il Direttore della Filiale Giorini. Ma loro stavano all’ultmo piano e si potevano incontrare eventualmente solo in ascensore. Quindi prese le sue fotocopie e nascoste in una busta che poi ripose nella valigetta, se ne andò prendendo le scale antincendio. 3 -Ci sono alcune cose strane, Raffi: intanto per cominciare non capisco quale sia il nesso tra il Parolieri Giorgio e due casi... dico ben “due casi” di incaglio col nostro Istituto seguiti da lui... - -Il fallimento Montanari... e l’altra quale sarebbe?- chiese Raffaele che non ricordava. -La Strocchi e Vanberli!, non ricordi?- -Ah... sì. Non saprei... ma sei sicuro che sia lo stesso curatore?- -Proprio così, e la Montanari ci ha fregato mezzo miliardo!- -Eh sì, purtroppo ci ha messi nel sacco... Vedi: quando siamo andati a iscrivere ipoteca giudiziale sugli immobili, questi risultavano venduti ed in Catasto ci hanno respinto gli atti. Una vera fregatura! Per fortuna che la pratica non era mia. Infatti al Membro di Direzione competente lo hanno “sodomizzato”!>> -E il Parolieri... cosa mi dici su di lui?- -Mah... lo conosco poco... è un tipo molto furbo e viscido come un’anguilla. Aveva promesso d’incontrarmi per risolvere al meglio il caso, ma non si è fatto mai vivo, e non sono riuscito mai a trovarlo.- -Come vi “mettevate d’ accordo”?- Raffaele raccontò a Bruno come spesso riuscisse a far accettare ai curatori dei “compromessi” che salvaguardassero gli interessi di entrambi: della Banca e dei loro clienti. Ma per far ciò, non bastavano alcune telefonate... Ci si doveva incontrare di persona, e senza testimoni presenti, darsi reciprocamente la parola ad incontrarsi “a metà” con delle “proposte di rientro circostanziate”. Questo accadeva soprattutto quando da parte della Banca vi fosse stata qualche remota, seppur reale possibilità di successo per il recupero “a stralcio” della creditoria, attutendo così il danno che avrebbe potuto procurar loro un Concordato Preventivo o un eventuale Fallimento. A volte, addirittura cercavano di eludere le pratiche concorsuali addivenendo a “patti extragiudiziali” dove si riusciva a recuperare più di altre banche affidatarie, anche se si correvano dei rischi di vedersi revocare il versamento a stralcio. Perciò bisognava organizzare bene la faccenda con terzi insospettabili e non collegabili tra di loro… Un bel da fare insomma! -Ma perchè i “patteggiamenti” coi curatori se poi i soldi li avresti potuti recuperare attraverso le azioni legali?- chiese incuriosito Bruno. -Mah... in genere le spese legali ed i tempi processuali sono economicamente svantaggiosi... spesso le garanzie sono insufficienti ed allora è preferibile scendere a compromessi o fare a metà. Pochi, maledetti e subito... capisci?- -E i capi erano a conoscenza di queste trattative?- -Certamente! Cosa credi, che facessi di testa mia? Il rischio era di essere licenziati nonostante tu lo facessi per far risparmiare la Banca!- -Scusa! non ti riscaldare così...- disse Bruno sorridendo al vedere l’amico che si compenetrava nel suo “vecchio ruolo”. Bruno comprendeva lo sforzo che Raffaele faceva nel rivangare il passato. Certo quello non era il migliore dei momenti, ma per la ricerca che stavano facendo era indispensabile. -Voglio che mi presenti il Parolieri... Voglio chiedergli qualcosa...- disse infine. -Perché?- -Perché a me non quadra il fatto che la Banca ci abbia rimesso mezzo miliardo senza dire “Ah”; e poi, il fatto che lui curi un’altra pratica in malora e tuttora inevasa come la Strocchi e Vanberli mi suona male... - -D’accordo, ti fisserò un appuntamento... ma fai attenzione Brù, è maledettamente furbo, quello!- rispose Raffaele. -Passami quel bicchiere Raffi, mi è venuta sete a forza di parlare"- disse Bruno sprofondandosi sul divano. -L’altro caso che non mi quadra è quel Giuliani... abita nello stesso palazzo dell’ Immobiliare Paparetti... lo sapevi?- -Sei sicuro?- chiese Raffaele caduto dalle nuvole. Non ci aveva mai fatto caso, ma guardando i documenti stampati dall’anagrafe si dovette ricredere. -Davvero!- esclamò. -Si. In via Po al numero 135... E poi, un certo Santini di un’Immobiliare è collegato con la Primissima Costruzioni... - -Cavolo!- rispose Raffaele -Santini è il cognato di Giuliani!- esclamò. Bruno sgranò gli occhi e guardando attentamente l’amico si arricciò i baffetti dicendo pensieroso: -Qui c’è un bel giro tra te, il Giuliani e quel fallimento... ma cosa?- -Non saprei; però è strano davvero... Allora Paparetti e Giuliani si conoscono sicuramente se abitano nello stesso palazzo... - replicò Raffaele che iniziava a sentirsi sempre più coinvolto nella storia. -Non solo. Sto pensando che Giuliani ti ha cercato di incastrare perché tu eri il Funzionario dell’Uffcio Legale che seguiva la pratica “Primissima”... che è collegata a suo cognato!- disse raggiante Bruno che iniziava a ricomporre il mosaico della situazione. -E poi, c’è dell’altro... La pratica della Primissima non l’ho trovata.- -Cosa? Tu... tu sei andato a cercare la pratica nel mio ufficio?- -Proprio così. Pensavi che non sapessi dove cercarla?- Raffaele negò scuotendo la testa ma affermò che ciò era pericoloso. Se l’avessero visto frugare negli archivi di un altro ufficio si sarebbero insospettiti... -E’ il mio mestiere, quello di scoprire le cose! Non ti preoccupare, mi ha visto soltanto la donna delle pulizie.- Raffaele gironzolò attorno ai divani ed al tavolino e si accese l’ennesima sigaretta. La mente gli frullava a mille e nonostante si sforzasse, non riusciva ancora a collegare le prove per trovare un filo logico conduttore. -Sto cercando di capire come mai il Paparetti ed il Giuliani abbiano lo stesso indirizzo...- disse infine pensieroso. -Se sono veramente in combutta non mi pare una cosa intelligente...- -Ma è proprio lì che casca l’asino!- continuò Bruno. -Nessuno ha collegato il Giuliani al Paparetti. Non risulta niente dagli anagrafici e uno non ha fido... quasi impossibile collegare le due cose!- Raffaele spense nervosamente la sigaretta che continuò a fumare danzando lentamente sul posacenere colmo. Disse all’amico che gli pareva strano che non fossero stati anagrafati insieme... a meno che qualcuno non avesse manomesso le evidenze telematiche. Infine aggiunse: -Allora il Giuliani ha commesso un passo falso, nel contattarmi!- -Non credo, tu eri già andato avanti... forse loro hanno creduto che avresti chiesto il rientro al Paparetti del fido di due miliardi e anche il cognato Santini col suo fido in quanto collegati... e che ti saresti avvalso del patrimonio del Giuliani per il fallimento della Primissima nel momento in cui scoprivi che erano cognati!- -E perché mai se il Giuliani non era collegato alla Primissima in via fideiussoria? Non lo avrei mai potuto fare...- -Ma...- chiese Bruno - non avevi capito che il cognato di Giuliani, aveva invece delle partecipazioni nella Primissima?- -Non ci avevo fatto caso... sarà, ma io non me ne ero accorto...- -Ma loro hanno pensato di si. Era sotto il naso di tutti! Evidentemente non volevano che tu scoprissi che erano immischiati nello stesso giro... penso che il fallimento della Primissima sia stato architettato apposta...- -E come?- -Forse attraverso il fallimento della società avrebbero creato fondi neri... Non saprei, ci sto pensando. Forse fatture gonfiate e pagamenti falsi…- -Dici che sia implicata in qualche “giro”?- -Dico che c’è qualcosa che non quadra. Probabilmente la Primissima acquistava con denaro sporco gli immobili... poi, una volta fallita, vendeva gli stessi immobili all’asta per ripagare i falsi creditori, pulendo così il denaro di provenienza illecita.- Raffaele chiese ulteriori spiegazioni. -Se avessi del denaro sporco, il rapporto per ripulirlo sarebbe circa del 60%, cioè ogni 100 lire sporche, io riceverei 40 lire sane. Mi segui? Se invece io trasformassi il mio denaro in “lecito” attraverso una vendita fallimentare ci guadagnerei di più e farei un affare!- esclamò trionfante. -Ma scusa, Brù... non era più semplice vendere le proprietà ad acquirenti qualsiasi anziché far fallire la Spa e dare nell’occhio?- -Sarebbe stato più semplice, ma ci dev’essere stato qualcosa che li ha insospettiti e hanno cambiato idea. Ci sarebbe comunque voluto più tempo per farlo... forse vi è implicato il curatore fallimentare e le stesse banche... forse qualcosa è andato storto.- -Sì, mi sembra plausibile...- -Sì. Forse è proprio questo. Un fallimento fa notizia per i risvolti negativi sull’economia locale... per le conseguenze sociali sulla disoccupazione che crea... ma nessuno pensa ad indagare sul motivo che c’è sotto. Forse è implicato pure il giudice che segue il fallimento...- -Beh! adesso mi pare che esageri!- disse Raffaele che iniziava a considerare eccessivi i sospetti dell’amico. Bruno lo mandò scherzosamente a quel paese e si alzò. Raffaele si aggiustò la giacca e disse che adesso sarebbe andato a casa a riposarsi mentre Bruno rispose che lui sarebbe invece andato dal suo capo per saperne di più. Scesero assieme e Bruno gli raccomandò, per l’ennesima volta, di essere cauto. Raffaele prese la sua macchina e si avviò verso casa. Parcheggiata di fronte a casa sua c’era già la macchina di Daniela. Sorrise fra sé. Quella bambola lo stava già aspettando... Com’era dolce! Poi notò le due persone di qualche giorno fa... lì, davanti al bar dirimpetto. Cosa ci facevano là? Si insospettì e continuò a guidare. Voltò l’angolo e parcheggiò lontano. Poi si avvicinò a piedi pian piano per poter controllare la situazione. Con indifferenza si nascose dietro l’edicola, all’angolo della strada ed osservò i due sospetti che stavano ancora parlottando di fronte al bar. Erano assorti in una discussione e non guardavano neppure dalla sua parte. Raffaele pensò di essere stato eccessivo nell’allarmarsi, e col battito accelerato dall’adrenalina si incamminò lentamente verso casa. Voleva guardare ma aveva paura di insospettirli, quindi non si voltò neppure e fece finta di essere tranquillo. Ma in cuor suo si incominciava a sentire seguito... controllato... fossero mafiosi? in fondo loro sapevano del suo licenziamento. Salì per le scale di corsa e arrivò col batticuore al secondo piano. Entrò in casa. -Sei tu?- chiese Daniela affacciandosi dalla camera da letto col sorriso sulle labbra. Poi, quasi immediatamente, il suo voltò si trasformò e divenne preoccupato. -E’ successo qualcosa? Sembri stravolto!- Raffaele disse che andava tutto bene ma si affacciò dietro la tendina della finestra ed osservò la strada. Davanti al bar vide ancora i due uomini. Adesso guardavano dalla sua parte. Daniela fece per affacciarsi, ma lui la bloccò col braccio. -No Dany... è pericoloso. Stai dove sei.- -Cosa sta succedendo?- chiese tremolante e preoccupata. -Niente che tu possa sapere adesso... ti prego. Non voglio che tu ne sia coinvolta.- Daniela lo guardò incredula e si azzittì. -Ti prego Raffi, fammi guardare... starò attenta...- Raffaele la guardò a lungo, poi acconsentì. -Cosa devo vedere?- chiese lei affacciandosi con cautela. -Due uomini... davanti al bar... mi stanno seguendo da giorni.- -Ma perché è pericoloso? E perché ti seguono? C’è qualcosa che mi nascondi, vero?- Raffaele la pregò di giurargli di tenere la cosa per sé, e una volta assicurato, spiegò sommariamente ciò che stava facendo. Omise però di dirle che Bruno era nei servizi segreti e delle supposizioni sul Parolieri e sul Giuliani. Le raccontò che credeva fosse strano il fatto del licenziamento e che forse aveva toccato dei tasti sbagliati. Le disse che stava cercando di indagare su cosa avesse potuto fare per scatenare il tutto. Lei lo abbracciò e gli disse che non l’avrebbe mai abbandonato e che di lei si poteva fidare. Poi aggiunse: -Lo sai che secondo me è proprio Battigia che ti ha fatto fuori?- -Perché?- -Perché io so... oh! mi raccomando!... - -Dimmi pure... siamo in vena di confidenze... - disse lui sorridendole mentre si spostava dalla finestra. -Sembra sia stato implicato con il Direttore Generale in un grosso fallimento ... non mi ricordo quale.- -La Strocchi e Vanberli o la Primissima Costruzioni?- azzardò imprudentemente lui. -Forse... si... mi suona... mi pare fosse una ditta di costruzioni...- -E spiegami ciò che hai saputo...- -Ho sentito dire che dalla Sede Centrale li hanno chiamati a entrambi e poi si è messo tutto a tacere. Sai che io non ho accesso alle stanze dei bottoni. Non so altro, ma si vociferava li avessero interrogati... un grosso fallimento. Tu dovresti saperne di più, no ?- -Io non ne so più di quanto tu possa pensare... però adesso mi viene in mente che ho affermato all’avvocato che segue la nostra Banca che la Strocchi e Vanberli mi pareva un brutto affare... mentre sulla Primissima non ricordo di avergliene parlato... ma lui mi pare una persona perbene... - -Chi, Masocchia?- -Si, il nostro avvocato...- -Ma Masocchia era con loro quando sono stati interrogati!- Raffaele bevve un bicchiere di birra e si asciugò con l’avambraccio la schiuma dai baffi. -Masocchia, Battigia, il Direttore... !- Adesso il rompicapo cominciava a prendere forma. Doveva saperne di più sul fallimento della Primissima, e Giuliani forse era la chiave giusta. Messina, la sede Sociale della Primissima Spa e il collegamento col Paparetti. Quello era un primario cliente, affidato per due miliardi e nessuno gli aveva chiesto il rientro! Si. Qualcosa puzzava veramente. -Ma mi pare assurdo che mi abbiano licenziato per aver detto a Masocchia la frase: “è un brutto affare”!- affermò dopo alcuni attimi di riflessione. -Se c’è qualcosa di losco non è poi tanto strano... ti fanno fuori con una motivazione qualsiasi e ti tolgono il caso! Così non rischiano!- rispose lei. -Ma allora Masocchia che tipo è?- Lei si sedette sul divano e spiegò a Raffaele che l’avvocato ed il capo del personale si sentivano spesso al telefono, talvolta li aveva anche incontrati nella stanza a parlare. Anche fuori, li vedeva spesso, dopo l’orario di lavoro all’uscita dalla banca, e supponeva che si frequentassero con le rispettive famiglie. -Ecco fatto. Adesso basta scoprire il resto.- Raffaele chiamò Bruno. Daniela si chiese cosa c’entrasse l’amico ma si sentì più tranquilla nel sapere che Bruno lo stava aiutando. Alla fine della telefonata gli chiese: -Bruno c’entra?- -Sì. Mi sta aiutando. Acqua in bocca. E’ una faccenda pericolosa.- -Ma lui, come ti può aiutare?- -Questo non te lo posso dire. Fidati di me.- 4 Roberto aveva finalmente finito di stirare le sue camicie e due paia di pantaloni; aveva ripiegato i calzini, li aveva appallottolati riponendoli in un cassetto ed aveva sistemato il letto cambiando le lenzuola. Aveva poi lavato il bagno, mentre in cucina coceva a fuoco lento un sughino al pomodoro con soffritto di cipolla, carote e sedano. Era stanco e aveva fame. Si accasciò un momento sul divano e accese la televisione per vedere che programmi trasmettessero. Gli amici avevano svariati impegni e lo avevano abbandonato da un po’ di tempo; aveva quindi approfittato a stare insieme alla sua damigella per qualche giorno, visto che le ferie gli davano un attimo di tempo da dedicarle. Voglia di uscire non ne aveva, ma sua figlia si annoiava un po’ a stare tutto il giorno in casa, e quindi si scervellava ogni giorno inventandosi qualcosa per farla divertire. Il giorno prima erano andati al cinema a vedere Ghost, e il giorno prima ancora, al Planetario. La fanciulla era rimasta affascinata nel vedere la volta oscurarsi e diventare un cielo stellato. Il programma della serata trattava la Via Lattea ed era stato per entrambi un viaggio fantastico. Per Roberto poi, era stato tornare alla sua infanzia: rivedere il cielo stellato come si poteva ammirare tantissimi anni fa grazie alla mancanza di luminosità riflessa dalla città. Fu una serata molto interessante e Rosetta l’aveva gradita tantissimo tanto da chiedergli di riportarla la prossima volta. Il lavello era ricolmo di piatti e bicchieri nonché di tazzine del caffè da lavare e il bucato appena fatto doveva essere steso in terrazzo. Aveva fatto l’essenziale per andare avanti... il resto l’avrebbe finito domani. Sgranocchiò qualche oliva piccante con un po’ di ricotta e bevve un goccio di vino rosso. Poi si mordicchiò le pipite delle dita come fanno nervosamente i gatti quando si vogliono togliere dal pelame qualche seme uncinato di erbacce raccolto nei campi. Il sugo era ormai pronto e Roberto si apprestò a gettare la pasta nel tegame (pentola?)dove l’acqua bolliva da un pezzo. Poi controllò il forno dove coceva il pollo con le patate. L’aroma si diffuse immediatamente nella stanza al momento dell’apertura dello sportello per il controllo della cottura e Rosetta, dall’altra stanza, dove stava leggendo un romanzo, chiese quando fosse pronto. -Fra dieci minuti si mangia, tesoro...- rispose lui poi fischiettando una melodia d’amore. Fra pochi giorni sarebbe tornato in ufficio e ciò non lo soddisfaceva affatto. Farsi soltanto una settimana di ferie non lo rilassava a dovere... Stava ancora pensando al lavoro e, quando si sarebbe tolto lo stress di dosso, sarebbe stata ora di ricominciare. E poi, avere tutta la casa sulle spalle, era diventato l’incubo del fine settimana. Per poi non parlare qualora fosse uscito qualche sera a divertirsi con gli amici o con qualche donna! Le cose si ammucchiavano ed il da farsi aumentava fino a diventare insostenibile. La casa era sempre in disordine e non trovava il tempo per far tutto. Ma continuava ad andare avanti nonostante gli pesasse un po’. Si ricordò i bei tempi quando era sposato e le faccende domestiche le faceva sua moglie... Pensò che le donne dovessero essere degli esseri sovrannaturali, per fare tutto questo: allevare i figli, mantenere la casa in ordine, e lavorare pure! Se gli avessero dato in affidamento Rosetta, si chiese, non sarebbe stato in grado di farcela, nonostante tutta la sua buona volontà. Pensò all’ufficio e, pur essendo stanco della vita che faceva, gli mancò tutto quel frastuono di macchine e di gente; tutte quelle cose da fare e organizzare... Faceva ormai parte di un ingranaggio senza il quale si sentiva vuoto, incompleto. Era curioso di sapere cosa stava accadendo e che problemi si sarebbe ritrovato sul tavolo al suo rientro. Quei due che volevano il fido... aveva inviato la proposta in Direzione; chissà se gliela accordavano. E quella pratica malandata dove il saldo aveva un esubero di parecchi milioni... -Speriamo che il Capo non la rilevi! altrimenti scoppia il contenzioso!- -Parli a me, papà?- chiese Rosetta entrando in cucina. Si sistemò i suoi bei capelli castani lisci a coda di cavallo con un mollettone in osso di tartaruga. Vestiva una tutina variopinta color viola e rosa e aveva le scarpette da ginnastica con i calzini bianchi corti rovesciati all’ingiù che le lasciavano intravedere un po’ della caviglia. Sorrise al papà che, indaffarato e distratto fece fuoriuscire l’acqua della pasta combinando un pasticcio tra i fornelli. -Papino! guarda che hai combinato!- disse ridendo mentre si sdraiava sul divano a guardarlo divertita. -Che diamine!- disse Roberto abbassando la fiamma e prendendo uno straccetto per pulire il misfatto. -Prima stavo parlando tra me e me...- disse poi con aria distratta. -Scommetto che pensavi al lavoro...- aggiunse lei -e lo facevi a voce alta, come al tuo solito, vero?- -Verissimo!- -Ma papà! Non ti riesci a rilassare mai?- Roberto sorrise alla figlia voltandosi a guardarla: era così bella! Era la sua gioia di vita e le somigliava così tanto! Nel carattere aveva preso dalla madre che era esuberante ed impulsiva. Era una ragazzina brillante ed acuta nonché affettuosa e diligente. Ne era orgoglioso. -Non ci riesco, amore mio...- Scolò la pasta ed un gran vapore si alzò tanto che dovette scansarsi per evitare di esserne investito sul viso. -Ormai mi hanno indottrinato a pensare che la Banca sia “mia” e che i soldi siano i “miei”... e quindi... se sbaglio, mi sento a pezzi.- -Ma perché, ti è successo qualcosa?- chiese lei preoccupata che suo padre potesse avere dei problemi. -Non proprio... ma sai, ogni giorno ce n’è una, e di grattacapi non me ne mancano. L’altra settimana è scoppiato un caso grave e la cosa mi ha un po’ preoccupato... e poi il lavoro di tutti i giorni è massacrante... incessante... ripetitivo!- -Povero, il mio Papà!- disse dandogli un bacio e abbracciandolo sul collo mentre si sedeva a tavola. -Ehi! così butto tutto per terra!... stai buona tesoruccio mio!- e contraccambiando il suo bacio (di cui era ghiotto) versò sul piatto la pasta fumante che emanava un aroma splendido. -Buon appetito!- Dopo qualche secondo iniziarono a pranzare. Padre e figlia, da soli... teneramente. -Papà... - -Cosa c’è?- -Ti piace il tuo lavoro?- chiese tra un boccone ed un altro Rosetta. -Perché mi fai questa domanda?- chiese Roberto incuriosito. -Perché ti vedo sempre più stanco e triste...- disse infine lei guardandolo negli occhi. Roberto restò perplesso qualche attimo. -Non mi dispiace... mi sento abbastanza realizzato... non mi manca niente... - -A me sembri frustrato.- aggiunse ingenuamente lei. - Frustrato?! Ti do questa impressione?- disse ridendo lui. -Si, a volte ti vedo triste e pensieroso... altre volte ti sento nervoso e preoccupato... non sorridi più come una volta. E poi ti vedo sempre stanco!- -Questo lo puoi ben dire! Ma per il fatto di essere frustrato non sono d’accordo. Mi sento preoccupato perché ci sono delle grane in ufficio e debbo risolverle. Ho troppe responsabilità per ciò che mi pagano e questo mi mette di malumore... ma non mi sento frustrato. Anzi!- -Ma cosa è successo di così importante per ridurti a questo modo?- Roberto si alzò, prese il pollo dal forno e lo portò sul tavolo. -E’ successo che purtroppo qualcuno ha rubato dei soldi e stiamo cercando di capire chi l’abbia fatto, per punirlo. Ecco tutto.- -Rubato?!- esclamò sorpresa Rosetta sgranando gli occhi mentre finiva la pasta e gli porgeva il piatto vuoto. -Sì. Purtroppo io non ho idea chi possa essere stato e ho una gran paura che possa essere uno dei miei ragazzi. Ci tengo troppo a loro, capisci?- -Vuoi bene ai tuoi colleghi?- -In un certo modo... vedi, sono tutte persone che frequenti dalle sette alle dieci ore al giorno e lavorando insieme, risolvi anche tanti problemi insieme... un lavoro di gruppo. Ciò ti lega indubbiamente alle loro vite; conosci i loro caratteri; li vedi nei momenti di gioia e di dolore... anche se molti mascherano le loro preoccupazioni o disperazioni, col tempo e conoscendoli a fondo, riesci a capire che c’è qualcosa che non và. Siamo una “grande famiglia”, mi segui?- -Si, ti seguo. Allora pensi sia stato uno dei tuoi a rubare?... e quanto avrebbe rubato?- -Gli ammanchi ammontano a svariati milioni... ma che si tratti di uno di loro, ho i miei forti dubbi.- -E allora chi è stato?- chiese Rosetta che adesso addentava una coscia di pollo con le mani. -Penso siano stati fuori dalla nostra Banca.- -Davvero? Sono stati i ladri?!- -Chiamiamoli così; ma adesso mangia... non dovrei neanche raccontarti queste cose! sono “Top-secret”!- disse Roberto ridendo e addentò anche lui il suo bel cosciotto fumante. Nel pomeriggio, dopo aver lavato i piatti e rimesso a posto le ultime cose, mentre Rosetta si faceva un pisolino, Roberto si mise a leggere. -Un “buon libro”- pensava -è ciò che ci vuole per rendere la vita più sopportabile.- E così i pochi giorni a disposizione passarono in fretta, senza neanche accorgersene, tra un pensiero ed un altro. Pensò alla sua solitudine; alla sua famiglia disgregata... a quella dolce ragazzina che era diventata tutto per lui, e pensò pure al fatto che gli mancava una donna al suo fianco. Si chiese se sarebbe stato fortunato anche lui a trovare una donna che l’avesse amato e desiderato. Quelle serate dove andava fuori in cerca di avventure erano diventate ormai rare e infruttuose. Cercava qualcosa che nei piano bar non avrebbe mai potuto trovare. Cercava un amore tenero e totale che gli riempisse la vita... cosa che tentava invano di rimpiazzare con il lavoro. Almeno questo non lo faceva pensare tanto... lo distraeva e lo stancava. Spesso tornava a casa distrutto e ciò lo faceva sopravvivere... ma quando si trovava in ferie gli riaffioravano i pensieri del suo stato attuale di “single” e si sentiva un po’ melanconico. Stava bene; si; ma sarebbe potuto stare meglio, e lo sapeva. La Domenica sera si preparò i vestiti per l’indomani e si aggiustò la sveglia per essere puntuale, come al solito, per aprire la Banca. Si addormentò con la televisione accesa immerso in mille preoccupazioni... con l’agitazione di chi l’indomani deve andare per la prima volta a scuola, o fare un esame. LUNEDÌ 1 Bruno studiò attentamente le fotocopie delle pratiche sospette e meditò a lungo sul da farsi. All’ora di pranzo tentò nuovamente di trovare quella mancante della Società Immobiliare e si recò nella stanza dove erano depositate le pratiche di fido. Cercò a lungo tra i fallimenti in corso e tra le sofferenze ancora in essere ma non trovò la pur minima traccia. Fu per caso che aprendo i cassetti del Contenzioso trovò la raccolta delle pratiche esaurite. -Vediamo un po’ qui... - disse a bassa voce mentre sfogliava velocemente e teneva le orecchie tese per sentire il minimo rumore, visto che da un momento all’altro poteva rientrare qualche dipendente (e non gli avrebbe giovato dover giustificare lì la sua presenza). Trovò la pratica. Notò che era stata archiviata parecchi mesi prima e che la verbalizzazione di chiusura era firmata dal Signor Giorgi, il Direttore, e da Raffaele. Pensò che fosse strano il fatto che Raffaele non ricordasse l’archiviazione della pratica che sfociava in una perdita secca per l’Istituto di oltre venti miliardi... perlopiù firmata dal Direttore della Filiale in persona! Fotocopiò il contenuto della relazione con l’intento di leggersela con calma e, richiudendo il cassetto, uscì furtivamente dall’ufficio. Raffaele era intanto partito per la Sicilia mentre Bruno quel pomeriggio aveva fissato un appuntamento con il Ragioniere Parolieri. Si preparò per uscire, e motivando l’assenza al suo capo con una scusa, andò all’appuntamento nello studio del Curatore. Mentre viaggiava sull’autobus, estrasse la fotocopia piegata in quattro dalla sua tasca. “Roma, 24 marzo 1996…Pratica girata a Sofferenze: Primissima Costruzioni S.p.a. La ditta in oggetto, operante nel settore edilizio… aveva cospicuo capitale investito in immobili … garanzie personali sufficientii... Il fatturato… sui 200 miliardi, con utili in relazione, era cresciuto negli ultimi tre anni del 22% …” Bruno continuò a leggere tra scossoni e virate talvolta così acute da doversi reggere e smettere di leggere per qualche attimo, mentre l’autobus gareggiava nel traffico romano per arrivare al capolinea. “Bla, bla… la Società compariva solida nel settore…si avvalevano di materiali da costruzione importati dall’estero, dove riuscivano a comprare a costi inferiori di quelli reperibili sul mercato nazionale creando una forte concorrenza.. ecc...ecc…” -Ah… ecco!- esclamò finalmente vedendo comparire una notizia interessante.. “A nostra insaputa i maggiori soci garanti furono liquidati dalla Società Immobiliare senza previa comunicazione al nostro Istituto e le proprietà immobiliari di questi vendute…” -Strano- pensò Bruno. In questi casi le Banche venivano sempre allertate da qualcuno dentro al Catasto… vero anche che c’era un tale arretrato… Continuò a leggere. “L’atto di revocatoria fallimentare fu negato dal Giudice in quanto l’uscita dei soci dalla S.P.A fu contemplata quale una vicenda di normale amministrazione e ribaltò l’onere della prova sulla eventuale “malafede” dei soci uscenti al nostro istituto che non fu in grado di provare, lasciandoci quindi delle fideiussioni senza alcun valore. Inutili risultarono le nostre insistenze… con immediato collocamento della pratica a “Rischi non tranquilli”… in quei giorni affondò una nave …” -Ma cosa centra questo?- si chiese Bruno che rilesse più attentamente: “in quei giorni affondò una nave che trasportava ingenti quantità di materiale da costruzione con conseguente lite tra la ditta in oggetto (che negava il pagamento) ed i fornitori esteri, i quali chiedevano Decreto Ingiuntivo provvisoriamente esecutivo… l’assalto delle Banche fu immediato… l’opportunità di inserirci tra i creditori privilegiati, privi ormai di garanzie valide, fu materialmente impossibile…” Bruno smise di leggere. Era ormai arrivato a destinazione e si apprestò a prenotare la fermata suonando il campanello. Il suo pensiero si era quasi materializzato. -Ecco cosa è successo…Una nave affondata… la merce perduta… il decreto ingiuntivo…- Tutto questo tuonò nella sua mente mentre comprendeva finalmente che il fallimento dell’azienda, essendo la banca inserita solo nella massa creditoria con garanzie svuotate di valore… -Ma certo! – esclamò. –l’ Istituto è rimasto spiazzato con un credito inesigibile e le successive trattative per il recupero… i ricorsi in Tribunale… sono stati vanificati dall’omologa del Fallimento decretato dal Giudice… Ecco cosa è successo!- Scese dal bus. -Ma Raffaele come faceva a non ricordare una simile perdita?- si chiese. Finì di leggere la relazione che era divenuto ormai un pezzo di carta stropicciato ed intriso dal sudore delle sue mani. “… costringendoci a chiudere la pratica con una perdita secca per il nostro Istituto di 21.105…….. miliardi …comprensive delle spese legali e gli interessi… ecc. ecc. “. Il foglio era firmato “Raffaele Minardi -Responsabile dell’Ufficio Legale” e poi vi era il timbro dell’Istituto di Credito convalidato dal Direttore in persona: “Sig. Giorgi Piero.” Il tutto era stato inoltrato alla Direzione Generale e la pratica era stata archiviata con passaggio a “Perdite” in data successiva. Bruno arricciò il naso, e richiudendo il foglio, si apprestò ad incontrare il Curatore. 2 Il palazzo ottocentesco si trovava in zona Prati, uno tra i più prestigiosi ed antichi quartieri romani, e si affacciava sulla trafficata Via Cola di Rienzo. Bruno citofonò e si annunciò. Aperto l’antico portone di legno massiccio si intravedeva attraverso un ampio androne buio un cortile illuminato dal sole pomeridiano, ricolmo di piante dai colori verde scuro con al centro una fontana che zampillava acqua attraverso le bocche di mostriciattoli dalla forma di pesce. Attraversò il cortile e salì su per le scale fino al secondo piano. Arrivato a destinazione fu accolto da una signora anziana con gli occhiali ed i capelli raccolti. Fece cenno di accomodarsi in un salottino e Bruno si sedette su un divano a guardarsi le riviste scaraventate disordinatamente sul tavolino. -Deve attendere un po’, il Ragionier Parolieri è ancora impegnato.- disse l’anziana che si dileguò nel corridoio. Bruno sfogliò nervosamente le riviste mentre tentava di trovare la chiave giusta per interrogarlo. Un quesito che lo tormentava era scoprire quale fosse o potesse essere il collegamento delle due pratiche con il Curatore. Ma cosa gli poteva chiedere? Come faceva ad incastrarlo? Le due società erano andate male... una fallita, l’altra in concordato... ma quale era l’eventuale connessione con la Banca Romana di Credito Ordinario? -Strano- pensò, -Ci deve essere qualcosa che mi sfugge... - Passarono circa venti minuti nei quali egli fece illazioni, programmò domande da porre, pensò a Raffaele e si chiese come stesse andando il viaggio in Sicilia... quando finalmente la segretaria lo invitò nello studio. -Buona sera Sig. Lentini. Prego, si accomodi.- disse con un sorriso di cortesia un anziano e raffinato signore. Vestiva un completo grigio che si intonava ai suoi capelli bianchi; portava degli occhiali con una montatura scura in osso di tartaruga, e le lenti spesse, indice sicuramente di una forte miopia, gli ingrandivano sproporzionatamente gli occhi. Parolieri era seduto comodamente su una poltrona girevole imbottita in pelle marrone scuro, dietro ad una massiccia scrivania del settecento, o del cinquecento... Bruno non se ne intendeva di antiquariato, ma visti i mobili, gli arazzi appesi alle pareti e i soprammobili... notò molto stile ed un gran lusso. -La prego di scusarmi se non l’ho subito ricevuta... - disse con un forte accento meridionale -ma avevo un paio di telefonate urgenti... sa com’è!- -Non si preoccupi! Siamo abituati ad attendere... noi bancari! La nostra prima virtù è la pazienza!- disse in maniera ilare Bruno e posò la valigetta ai piedi della sua sedia dopo aver estratto le pratiche sospette. -Gradirei… Ragioniere, avere qualche delucidazione in merito a delle pratiche da lei seguite... - Parolieri osservava in silenzio ed attendeva. -Si tratta... della Strocchi e Vanberli... - disse infine Bruno alzando lo sguardo e fissandolo negli occhi. -Prego... - rispose questi. -Vorrei capire cos’è realmente accaduto e se... esistono i requisiti… per recuperare la nostra creditoria... sul serio.- pronunciò Bruno sottolineando le ultime parole. Parolieri si alzò lentamente e prese un raccoglitore impolverato dalla biblioteca alle sue spalle. Poi slacciò il nastrino che lo teneva chiuso e ne sfilò una paio di cartelle dopo averle cercate accuratamente. Le sfogliò e leggendo qua e là disse: -Cosa vuole sapere... veramente?- -Parolieri... Lei sta curando il Concordato preventivo... quante possibilità ha la mia Banca di recuperare?- -Abbiamo sufficienti garanzie immobiliari che dovrebbero consentirci di ripianare i debiti verso i dipendenti; i fornitori nonché le Banche... quindi pure Voi!- -Non lo dica così, per piacere!- rispose con una battuta leggermente ironica Bruno. -Lo so che ce l’hanno tutti contro di noi... ma lei sa benissimo che eseguiamo semplicemente degli ordini dall’alto e che dobbiamo recuperare i nostri impieghi... - -Lo so, lo so... guardi il colore dei miei capelli, giovanotto! Avrò ormai ad ottant’anni la sufficiente esperienza…? Purtroppo spesso siete voi banche che causate i fallimenti di aziende sane che attraversano solo dei periodi di scarsa liquidità, oppure che hanno qualche difficoltà transitoria. Invece di appoggiarle e farle superare gli ostacoli, le fate saltare per aria, per paura di non recuperare i vostri maledetti soldi! E’ proprio così che li perdete! Questa gente ha le idee ed il coraggio di porle in atto, e voi non fate altro che spingere, prima per dar loro i soldi, e poi improvvisamente ne pretendete la restituzione facendole saltare. Bel modo di operare, il vostro!- Bruno abbassò lo sguardo. -Ma con la Strocchi… cos’è successo?- Parolieri accese una sigaretta e sfogliò la pratica. -Veramente è stata l’imposizione della normativa Cee coi diritti sul software a metterli in crisi. Hanno subito la forte concorrenza dell’estero e si sono trovati a ribassare talmente i prezzi delle loro importazioni pur di vendere... che non hanno più avuto i soldi per pagarle. Un fornitore ha avuto la malaugurata idea di fargli gli atti legali... e visto che il vostro Sistema Bancario non li appoggiava sufficientemente, essendo a corto di liquidità… insomma; gli siete saltati tutti addosso... Lei sa meglio di me come funziona il resto!- -Ma a ragion sua, cosa doveva fare il sistema bancario… dopo che un fornitore si era mosso?- -Mah…convengo con lei che a prima vista l’azione del fornitore che agisce per vie legali possa sembrare l’errore iniziale… il fatto che non abbia esperito alcun tentativo di riconciliazione extragiudiziale sicuramente la ritengo un’azione superficiale… ma la verità, a mio avviso, è che sia stato il “non appoggiare” la ditta con adeguati mezzi finanziari quando entrò in crisi ciò che abbia decretato la sua fine! Siete state voi banche....- rispose l’anziano. -I soci hanno sufficienti garanzie?- -E’ ciò che ho già detto. Hanno numerosi immobili e io sto cercando di venderli per recuperare i fondi a ripianare tutto. Ci vuole tempo…- -E la Montanari?- azzardò Bruno. -Cosa centra la Montanari?- rispose il vecchio ragioniere aggrottando i sopraccigli. -Pensavo... - -Pensava cosa? Scusi giovanotto! Cosa centra la pratica Montanari con la pratica Strocchi!?- -No... dicevo... non è anche questa una delle aziende che ha curato Lei?- -Sì, e allora? E’ fallita... lì non vi è stato niente da recuperare. Voi Banche non vi accorgete neanche quando esistono delle scatole cinesi!- -Cosa intende dire?- -Dico che la Montanari Spa non aveva patrimonio... avete basato i vostri affidamenti su garanzie chirografarie inutili… vuote! Voi purtroppo credete di fare gli imprenditori ma in realtà date i soldi spesso alla cieca.... Oppure pretendete garanzie esorbitanti proprio perchè non sapete valutare il rischio. Un’azienda si valuta per come è inserita sul mercato, dalla capacità imprenditoriale del management... non in base agli immobili o alle firme su pezzi di carta!- Bruno assentì con la testa. -Ha ragione... avremmo potuto approfondire... Ma i soci, non erano collegati alla Strocchi?- -Alla Strocchi?! Ma giovanotto! Non mi faccia perdere ulteriore tempo con delle fandonie! Via... via... – Il curatore iniziava adesso ad innervosirsi e il suo atteggiamento diveniva sempre più aggressivo e acuto. -Mah... ero certo che ci fossero dei legami...– -Non sono mai esistiti contatti o partecipazioni dirette tra i soci!- esclamò iniziandosi ad alterare chiudendo le scartoffie. Bruno colse al volo l’occasione replicando a mezza bocca, usando un tono omertoso... -Ma quelle indirette le conosciamo... noi... - Il vecchio si fermò e lo osservò con aria cupa. Adesso la fronte era aggrottata ed il tono divenne minaccioso. -Io le consiglio di lasciar perdere... Lei perde il suo tempo e diventa impertinente a farmi queste domande! Lei ha preso un granchio ed io La prego adesso di farmi lavorare.- -Io cercavo la Sua collaborazione...- -Si è sbagliato di grosso se è venuto a giocare a fare lo Sherlock Holmes con me!- Parolieri si alzò e gli indicò con gentile freddezza la porta e i due si congedarono con la dovuta etichetta. Uscito per strada, Bruno telefonò al Ministero e spiegò loro che forse aveva toccato la corda giusta. Si addentrò tra il traffico caotico romano e attraversando le strade inondate di gas di scarico, clacson e passanti frettolosi, salì sull’autobus arancione per raggiungere il suo Capo. 3 Raffaele era un po’ teso. Nonostante la notte avesse dormito bene, i suoi pensieri gli avevano procurato un’emicrania. Si era vestito il più elegantemente possibile e si era presentato all’appuntamento alle nove. Aveva così intrapreso assieme al Giuliani un lungo viaggio in autostrada incontrando fosche nubi lungo il cammino. Giunti a Napoli, versava a pioggia. Giuliani guidava “sportivamente” e raccontava a Raffaele aneddoti della sua vita. Raffaele, oltre ad annoiarsi, iniziava anche ad innervosirsi. Le sue storie non gli interessavano, perlopiù non sapeva che parole usare per intavolare l’argomento. Fumò come un ossesso durante tutto il percorso sino a quando, poco lontani da Salerno, si fermarono a mangiare un boccone. Il discorso lo tirò fuori il Giuliani mentre erano a pranzo. Gli disse: -Lei è teso. La preoccupa molto la situazione?- -Vorrei vedere lei al mio posto!- rispose seccamente Raffaele mentre arrotolava una forchettata di pastasciutta. -Stia tranquillo, adesso ci pensiamo “noi”!- -Noi”, chi?- azzardò Raffaele. -Gli “amici fratelli”- disse lui tranquillamente. -Mi fa piacere che lei si sia rivolto a me per chiedere aiuto. Se avessi saputo prima che aveva bisogno, forse riuscivo ad evitarle anche il licenziamento... Sa, questo mio fratello in Sicilia è molto potente...- -E adesso non si può far più niente, per tornare indietro?- Insistette Raffaele. -Mah... adesso è un po’ tardi... Però non disperi; un lavoretto glielo troviamo. Magari in Sicilia. Vedremo cosa possiamo fare...- Finito il pranzo intrapresero nuovamente il viaggio. Arrivarono in Basilicata, dove le montagne apparirono più cupe e minacciose, oscurate dalle nubi sempre più dense mischiate alla nebbia, dando a quel tratto appenninico un’aria tetra, quasi stregata. Raffaele gli raccontò che da quelle parti aveva avuto un incidente d’auto. Aveva trovato auto e camion fermi davanti ad un tunnel dietro il costone della montagna. A nulla era valso frenare a strattoni, scalare dalla quarta alla seconda... l’olio lasciato per terra dal tamponamento iniziale lo aveva fatto slittare... e lo scontro era stato fortissimo. L’auto distrutta... le vacanze andate in malora. -Per fortuna si è salvato!- concluse Giuliani rallentando l’andamento. -Così si sente più tranquillo?- -Si, grazie.- rispose gentilmente con un sorriso Raffaele. Non si fidava di quell’uomo ed era ormai quasi certo che c’entrasse col suo licenziamento, ma visto che già era teso approfittò della scusa della guida per camuffare il suo nervosismo e non commettere imprudenze. Arrivarono in Calabria sul tardi. I l cielo sfoggiava un mantello di stelle meraviglioso. Sembravano più vicine del solito. L’aria era impregnata di un profumo gradevole d’erba essiccata. Faceva fresco e si stava bene. Si fermarono in una stazione di servizio e dopo cena, Giuliani disse che si sarebbe fatto un pisolino. Raffaele acconsentì e si addormentò pure lui. 4 Si risvegliò mentre erano già in movimento e chiese intontito che ore fossero. -Le quattro del mattino- rispose Giuliani. -E dove siamo?- -Siamo vicini a Reggio. Tra mezz’ora arriviamo a Villa S. Giovanni e traghettiamo.- -Bene.- rispose Raffaele e poi continuò: -Che tipo è il suo amico?... e, cosa debbo dirgli?- Giuliani disse che ci avrebbe pensato lui. Raffaele avrebbe dovuto soltanto raccontare i fatti come erano accaduti. Che cercava una sistemazione dignitosa. -Ma cosa fa esattamente il suo amico… e come si chiama?- chiese incuriosito lui. L’altro gli rispose superficialmente: -E’ un dottore.- -Lavora in ospedale?- -Minardi- disse infine Giuliani, -faccia il minor numero di domande possibili... Sa com’è... qui si tratta di “fratelli” Massoni. Meno si sa... meno si è coinvolti. E poi a lei non deve interessare chi sia o cosa faccia questo “fratello”. Vedrà che la riesce ad aiutare... ci sono io qui… apposta!- -Mi scusi Giuliani... non intendevo indagare... era solo curiosità.- -Non si preoccupi. Siamo tutti curiosi. Ma una cosa che ho imparato nella vita, è quella di parlare poco e farmi gli affari miei. Così si riesce ad andare avanti.- Il discorso si troncò lì. Raffaele si rassegnò a non poter indagare ulteriormente e aspettò di arrivare a destinazione. Giunti nei pressi di Villa San Giovanni, si potè gustare la costa sicula che illuminata dalle mgliaia di lucine delle case e delle strade, splendeva all’orizzonte come i terrazzi romani durante il periodo di Natale. Intravide le navi traghetto che solcavano un mare argentato, illuminato da una splendida luna piena. 5 Appena arrivato in albergo, Raffaele telefonò prima a Daniela, poi a Bruno. Li svegliò entrambi ma nessuno si lamentò. Erano in attesa di sue notizie e parlò a lungo con tutti e due. -Spero vada tutto bene.- gli disse Daniela -Mi manchi da morire e vorrei essere lì con te... Stai attento, ti prego!- Raffaele la rasserenò e gli raccontò come era andato il viaggio. Poi aggiunse che si sarebbe fatto risentire appena poteva... preferiva evitare telefonate. Le disse di aspettarlo a casa e riscaldargli il letto, che l’indomani sarebbe tornato. Con Bruno invece stese il piano di attacco: -Fallo parlare il più possibile... Vedi di scoprire chi è quello e dove lavora. Se ha qualche interessenza con la ditta che tu sai. Mi raccomando sii il più disperato possibile... Ne va della missione.- -Stai tranquillo- lo rassicurò Raffaele -Mi sento sereno, nonostante tutto, e poi... più naturale di così! Sono o non sono, ufficialmente disoccupato?- -Fai meno lo spiritoso... Cerca di scoprire se hanno dei collegamenti con società marittime... i nostri fratellini...- -Società marittime? Perché? Cosa centra con la Primissima... ?- -Non fare nomi al telefono!- redarguì immediatamente Bruno. -Fai ciò che ti ho detto e basta... Senti se hanno qualche società che rientri nel ramo “trasporto-via mare” di qualsiasi merce e soprattutto se hanno collegamenti coll’estero.- Raffaele non afferrò il perché di questa richiesta, ma rispose affermativamente, senza porsi ulteriori domande. -Me lo spiegherai dopo... se ritieni sia all’altezza...- -Fai meno lo spiritoso e riposati. Buonanotte.- -Buonanotte- rispose lui spegnendo il cellulare. Poi la stanchezza ebbe il sopravvento sulle tensioni del viaggio e si addormentò. Quando si svegliò, sulle nove, si fece una bella doccia calda scese a fare colazione nella sala dell’albergo. Giuliani lo salutò cordialmente e gli disse che a pranzo avrebbero incontrato il Professor Castrozzo. Raffaele memorizzò questo nome ed alla prima occasione lo trascrisse nella zona segreta della sua agenda elettronica. Girarono per Messina in mezzo al traffico caotico ed alle strade affollate di gente. Notò la spazzatura fuori dai bidoni, i bambini albanesi ai semafori a chiedere l’elemosina... le auto vecchie e ammaccate... ma si soffermò su un particolare bizzarro: vide una costruzione semi diroccata e bruciata sul ciglio della strada. Pareva essere stato un albergo o un ristorante e si reggeva ancora in piedi grazie alle travi delle colonne in metallo, piegate dal calore provocate dall’incendio. Chiese al Giuliani spiegazioni. -Era un ristorante. E’ stato distrutto da un ordigno esplosivo. Si è incendiato ed eccolo lì.- -Ma quando è successo?- -Anni fa. Non pagavano la tangente e li hanno fatti saltare.- Giuliani pareva molto disteso; ne parlava come se fossero cose che accadessero tutti i giorni. -Ma perché non buttano giù le macerie? Che senso ha lasciarlo in bella vista per anni?- chiese lui ingenuamente. -Perché così serve da esempio.- rispose l’altro. -Da esempio?... Ma lo Stato, non fa niente?- -Lo Stato?- Giuliani scoppiò in una grossolana risata. -Qui, in Sicilia, comanda la Mafia, caro Minardi. E poi... chi è lo Stato se non una manciata di uomini inermi davanti alla criminalità organizzata? Sa quanti di loro sono coinvolti? Gliene potrei fare, di nomi!- -Non credo tutti gli uomini politici siano criminali!- rispose timidamente lui tanto per portare avanti il discorso. -No, forse non tutti... ma quanti bastano- -Ma, secondo il suo parere, la Massoneria è connivente a questi giochi?- azzardò per la seconda volta Raffaele che incominciava a prendere confidenza con il suo sospettato numero uno. Giuliani restò un attimo a pensare quasi volesse dare la risposta più esatta possibile; poi guardò il compagno di viaggio e col suo solito sorriso rispose: -Penso che tra la politica e le logge massoniche vi sia una forte aderenza... ma come le ho già detto... io mi faccio gli affari miei e non ho mai avuto delle certezze. Sa... il mondo gira... e si vive una volta sola!- -E speriamo che questa vita sia più lunga possibile!- affermò ridendo Raffaele. Giuliani sorrise e rispose affermativamente con la testa. Arrivarono alla villa del professor Castrozzo. Era una villa ben curata. Un oasi nel deserto di disordine ed immondizia. Tutto a un tratto appariva la villa, maestosa in mezzo al caos. Le palme giganti all’entrata; un grosso cancello blindato e telecamere sul muricciolo di cinta, ricoperto da vetri spezzati all’in su per evitare intrusioni. Il guardiano aprì loro il portone al suonar due volte il clacson e la macchian del Giuliani si inerpicò su di una ripida strada verso la casa attraversando un ampio giardino fiorito ricolmo di buganvillee ed agavi giganti. Mai viste da Raffaele di quella grandezza, prima di allora. Inoltre, con somma sorpresa, lui che amava le piante, riconobbe un albero di Araucaria di trenta metri circa di altezza. Lui ne aveva coltivata una in vaso ed era appena arrivata ad un metro dopo sei anni. Rimase meravigliato da tale splendore. Scesero dalla macchina mentre si avvicinava un signore magro, snello e coi capelli brizzolati. Aveva i pantaloni da mare corti ed una camicia semi sbottonata sul petto color cachi. Lo sguardo duro; un toscano in bocca. In Sicilia avevano trovato un clima caldo, nonostante fosse ottobre e Raffaele aveva nuovamente sbagliato nella scelta dell’abbigliamento. Si era tolto la giacca di dosso ed era rimasto con la camicia, arrotolando le maniche e allentando la cravatta. Ci furono le presentazioni. L’uomo prese sotto braccio Giuliani chiamandolo “caro fratello” e, sorridendo di tanto in tanto anche a Raffaele, li accompagnò sull’ampia loggia antistante la villa, dove si sedettero su delle sedie di legno bianco laccato ricoperte da comodi guanciali. Chiese al domestico di portar loro un aperitivo e comandò di iniziare a preparare il pranzo. -Caro Giuliani, vi ho fatto cucinare gli involtini di pesce spada... e poi le nostre prelibatezze: lo “sciabagheddu”... e il “pesce stocco”! Spero piacciano anche al suo amico…!- disse infine rivolgendosi a Raffaele. -Minardi- ripose Giuliani. – Raffaele Minardi.- -Sciabachè?!- chiese divertito ed incuriosito lui. -Sono pesci fritti appena nati, , una squisitezza!- ribadì Castrozzo divertito. -Ma lei, dalle “nostre parti”… non era mai venuto prima d’ora?- -No. Questa è la prima volta, e debbo dire che sono molto emozionato. Mi piace ciò che ho visto finora!- disse mentendo un po’ Raffaele che della città aveva visto piuttosto cose negative. La sua impressione però cambiava via via che trascorreva il suo tempo lì, ed assieme al clima mite, apprezzava la natura ed il meraviglioso panorama che si stagliava sullo Stretto. Erano in collina e si poteva ammirare una vista eccezionale. Il pranzo fu anch’esso eccezionale e Raffaele divorò tutto … o quasi. Il “pesce stocco” era molto forte ed il sapore a lui sconosciuto. Lo gradì, ma non lo fece impazzire. Il vino, un Regaleali, fu un ottimo elisir in mezzo a tanta bontà. Finirono di pranzare e il Professore tirò fuori dal taschino un altro antico toscano e lo accese con cura, mentre Raffaele approfittò a divorarsi una sigaretta. Osservò il professore: aveva un anello con un rubino sul mignolo sinistro e un crocifisso d’oro enorme sul petto. Boccheggiò un po’ di fumo e finalmente affrontò l’argomento: -Cosa possiamo fare per il suo amico?- chiese il professore guardando Giuliani. Raffaele si sentì formicolare le mani ed iniziò a sudare. Era come se il tempo si fosse improvvisamente fermato... nessuno fiatava e Raffaele sperò Giuliani rompesse il silenzio. Fortunatamente fu così. -Penso si possa fare qualcosa... è un “nostro amico”... ed è stato dimesso dalla Banca nella quale lavorava per motivi di esuberi... vuole spiegarlo lei direttamente al Professore?- chiese Giuliani passandogli la palla. Raffaele spiegò a grandi linee la stessa cosa aggiungendo che si trovava in una situazione disperata e che non capiva del perché “proprio lui” fosse stato preso di mira... in quanto la sua professionalità non era in discussione. -Che ruolo aveva nella sua banca, sig. Minardi?- chiese il professore mentre lo scrutava impassibile. Il suo Crocefisso luccicava col riflesso dei raggi del sole accecante siciliano ferendo le pupille di Raffaele che ormai si sentiva stordito, un po’ dalla stanchezza, un po’ dal buon vino. Faceva fatica a mantenere il ruolo dell’attore ma era consapevole delle parole che pronunciava. -Ultimamente ero all’Ufficio Contenzioso... poi si stava vociferando che mi avrebbero riaffidato lo Sportello... e invece…- -Si vede che ha fatto o detto qualcosa di sbagliato- affermò l’anziano. -Sa... a volte si pagano le conseguenze di essere troppo bravi... troppo ingegnosi...- A Raffaele sembrò un messaggio trasversale. -Mi dica lei, Professore. Anche se io ritengo di non aver commesso sbagli... o almeno non me ne sono accorto... si può rimediare?- -Dipende da cosa ha commesso... se non lo sappiamo, come possiamo rimediare?- rispose astutamente l’anziano. -Beh... io intendevo dire... se si può essere riassunti, tramite qualche raccomandazione... ufficialmente non ho fatto niente di grave...- -Questo potrebbe essere possibile.- disse l’altro. -Tutto sta a veder dove possiamo intervenire. Qui da noi non sarebbe un problema... ma se lei preferisce tornare a Roma devo sentire alcuni amici ... forse in un altro campo... non quello della banca.- -Veda lei, professore- rispose prontamente Raffaele. -Dica lei dove e cosa devo fare ed io la seguirò ciecamente. Ripongo molta fiducia e stima nell’ ”amico” Giuliani e quindi anche in lei. Sono pronto a “qualsiasi” cosa pur di trovare serenità... lei mi capisce... vero?- Il professore osservò senza battere ciglio Raffaele e rivolgendosi all’altro gli disse di sentirsi quella stessa sera. -Chiamami al Circolo, ti farò sapere...- Ringraziarono e con i dovuti salamelecchi si congedarono ringraziandolo per l’ospitalità e per l’interessamento. Usciti dal cancello finalmente Giuliani disse trionfante: -E’ andata!-. 6 Giuliani disse che doveva fare qualche giro e si congedò da Raffaele in albergo. Si sarebbero rivisti per cena, durante la quale avrebbero contattato il professore al Circolo. Ma di che “Circolo” parlava, il professore? Raffaele glielo aveva chiesto. -Castrozzo è un uomo molto influente ed è Presidente del Circolo Navale- gli era stato risposto. Raffaele allora si era azzardato a chiedere, seguendo il consiglio datogli dall’amico Bruno, se “essendo presidente di una così importante associazione” non avesse avuto la possibilità di imbucarlo in una società Marittima... magari anche a viaggiare sulle navi.... Giuliani era rimasto sorpreso e gli aveva chiesto il perché di questa proposta e Raffaele gli aveva abilmente risposto che adorava andare in barca e che voleva evadere un po’ dalla solita routine. Viaggiando in mare avrebbe superato la sua crisi, visto posti nuovi... fatto un’esperienza che sognava fin da piccolo! Inoltre… si sapeva che viaggiare in mare comportava grossi guadagni! Giuliani sembrò accogliere favorevolmente la storiella e cominciò a parlare, raccontandogli che in effetti il Professore era “agganciato” a varie società marittime anche molto grosse ed importanti... e soprattutto alle linee di trasporto-merci, dove avrebbe potuto benissimo inserirlo... se voleva. Magari a fare la contabilità o seguire le pratiche di sdoganamento, visto che erano inerenti al suo mestiere, oppure, se non vi era questa necessità avrebbe potuto aiutare un po’ facendo vari mestieri e così intanto guadagnarsi qualche soldo. -Stasera glielo accenno al professore... chissà che lei abbia avuto una buona idea...- -Magari!- disse Raffaele che ormai pensava di aver imbroccato la strada giusta. Sentiva che l’amico Bruno era arrivato a scoprire più di quanto lui immaginasse. -Strano, però- pensava, -cosa c’entravano le società marittime con una ditta di costruzioni?- Rimase solo in albergo e fece una telefonata. Chiese a Bruno se aveva fatto bene o meno. Lui gli disse di accettare qualsiasi cosa gli fosse offerta. -E se mi imbarcano, come farò a stare fuori dai guai? Ho un po’ di paura!- chiese preoccupato. -Devi. E’ l’unico modo per scoprire cosa stia succedendo... io mi sono informato ed ho scoperto qualcosa. Poi te lo spiegherò. Tu accetta e poi telefonami.- -No! Dimmi cosa sta succedendo! cos’hai scoperto, Brù? La pelle la rischio io e voglio saperlo… adesso!- Bruno acconsentì di mala voglia. -Hai mai archiviato la pratica Primissima?- -No... non l’ho archiviata... l’aveva presa il Direttore per girarla alla Direzione Generale. Perché?- -E invece l’hai archiviata “tu”... ufficialmente! Ho controllato... la tua firma è falsificata. La banca ci ha rimesso oltre venti miliardi! A questo punto, penso proprio ci sia qualcosa di veramente losco sotto. Secondo la tua relazione non c’è stato niente da fare per evitarla!- -Vorresti dire che io avrei scritto una relazione? Ma è totalmente falso!- Raffaele era attonito dalla notizia. Ascoltava attentamente ciò che gli veniva riferito dall’amico mentre camminava su e giù nervosamente nella stanza come un leone in gabbia. -Il direttore l’ha controfirmata... poi forse anche il capo del personale e sicuramente qualcun’altro ne erano al corrente. Non è possibile archiviare a perdite una pratica di ventuno miliardi senza avere una rete di connivenze all’interno... poi sicuramente c’è dell’altro, ma lo devo accertare ancora.- -Ma cosa centra allora la compagnia marittima?- -Secondo me c’entrano le navi, ciò che trasportano... è strano… poiché il legame con il fallimento è collegato all’affondamento di una nave che apparteneva al gruppo del Professore… ecco perchè è importante che tu salga sulle loro navi. Il collegamento di queste navi ed il Giuliani esiste, poiché lui ti sta presentando il Prof., e se esiste un collegamento seppur indiretto tra lui e la Società immobiliare attraverso il cognato, allora le navi e la società di costruzione hanno qualcosa che le lega al di fuori del mero trasporto del materiale da costruzione!- -Ma se è affondata… cosa ti interessa sapere cosa trasportava? Io sinceramente non ci arrivo Brù!- -Sto cercando anch’io di capire il perché. Devi fidarti di me e del mio intuito. Trasportano qualcosa che non possono dichiarare e le assicurazioni quindi non pagano. Ma loro comunque guadagnano un mucchio di soldi sporchi… non so ancora come.- Raffaele capì che quella era la strada giusta. Acconsentì a proseguire il piano e finita la conversazione uscì a fare una passeggiata per Viale San Martino. Vi era un’infinità di gente. I negozi, uno accanto all’altro sfoggiavano le più disparate merci ma senza un addobbo particolare sulle vetrine... tutto esposto alla meno peggio... i vestiti ammucchiati, i manichini di vecchia data... tutto diverso dallo stile che si era ormai consolidato nella sua città. A Roma i negozianti facevano i debiti pur di allestire in modo originale le loro vetrine. Pensò che probabilmente qui non ne avessero bisogno... forse vendevano comunque ed era quindi inutile spendere dei soldi extra. Pensò anche che stando lì, con un po’ di fantasia, avrebbe potuto creare lui la moda dell’allestimento, e guadagnare un mucchio di soldi... Continuò lungo il viale e vide tanta gente, di tutti i tipi. Elegante, raffinata... bei giovani... tutta un’altra impressione da ciò che aveva visto finora. Si sentì a suo agio e quell’aria di festa e allegria che regnava tutt’intorno gli piacque. La gente pareva spensierata, tranquilla... e ogni tanto la si vedeva incontrare gli amici, i conoscenti... due chiacchiere, una risata... Roma era una città anonima, e se incontravi in centro qualche conoscente eri sorpreso. Che differenza nello stile di vita di questa città! Da una parte l’omertà, la paura, la microcriminalità, la povertà, la disoccupazione, il disordine e la sporcizia... Dall’altra, tutta questa ricchezza e spensieratezza, belle donne, negozi di lusso con prezzi abbordabili... Chissà come facevano a convivere questi due mondi? Mentre passeggiava lungo il viale, vide la facciata di una banca. Sembrava dominare la strada. Ne lesse il nome: “Banca Industriale Sicula”. Sembrava un nome importante. Ma non conosceva l’esistenza di questa banca. Non ne aveva mai sentito parlare. -Chissà come vivono qui...?- si domandò. Si chiese se la routine li ammazzasse quanto ammazzava loro; se le scartoffie e la burocrazia esistessero in maniera maggiore... Si chiese anche quanti inchini i clienti e la gente in generale gli facessero …e quante porte aperte avessero i bancari in Sicilia al contrario di lui! Mica come a Roma, dove ormai lo trattavano con arroganza pretendendo il servizio come fosse un semplice ragioniere! Sentì invidia ed amarezza nel contempo, pensando alla sua attuale situazione ed all’ingiustizia che aveva dovuto subire. Ma si promise di trovare il coraggio per andare avanti e vendicarsi. Sarebbe tornato con tutti gli onori e poi avrebbe cercato un’altra sistemazione. Alla fine, le dimissioni le avrebbe date lui e li avrebbe mandati tutti a quel paese! 7 Per Roberto il rientro era stato massacrante. Troppe scartoffie ed arretrati da rivedere e controllare in quanto nessuno aveva minimamente affrontato e sviscerato i problemi sorti nella settimana che era mancato. -Al diavolo!- pensò, e si accorse che in una giornata si era giocato i benefici di tutta quella settimana di relax con la sua Concetta. Mentre spegneva il terminale del suo computer, a tarda sera, scese l’Ispettore De Rubertis. Avendo terminato anche lui, gli chiese di accompagnarlo a cena, e Roberto accettò. Parlarono di lavoro e ovviamente affrontarono il problema per il quale questi era venuto da Palermo. L’ispettore era riuscito ad evidenziare vari ammanchi denunciati negli ultimi tempi e ad accertare che nessuno dei suoi collaboratori avesse ritirato i soldi all I.R.C. per più di due o tre volte. Gli ammanchi invece erano svariati . Quindi aveva dedotto, che pur in mancanza di prove, chi rubava erano quelli dell’Istituto Regionale! Roberto pensò a quelli dell’Istituto Regionale come dei veri e propri mascalzoni. -Si fanno forza del loro potere! Sono dei Massoni!- disse agitandosi. -Calma Macaluso! Non si può paragonare dei ladruncoli a dei Massoni; per di più non abbiamo né la certezza né tanto meno si può far di tutta un’erba un fascio,!- rispose l’Ispettore. -Per me sono dei mafiosi e nessuno me lo toglie dalla testa che esistano connivenze all’interno del sistema- continuò Roberto che ormai si fidava dell’Ispettore. In quelle settimane avevano legato a sufficienza poiché la pensavano allo stesso modo su tante cose. -Vede De Rubertis, nessuno mi impedisce di pensare che il sistema sia talmente marcio che approfittino pure di questi giochini per far quattrini. Dopo tutto chi li va a denunciare?- L’Ispettore aggrottò la fronte annuendo e aggiunse: -D’accordo ma è un po' eccessivo paragonarli a quei soggetti che lei ha menzionato prima... quella è roba seria e non si sprecherebbero di certo a rubare pochi milioni...- -Forse questo è vero... ma sono dei corrotti e vanno scoperti e licenziati! Non come si fa spesso, che li si induce a dare le dimissioni spontaneamente…- disse con determinazione Roberto versandosi un ulteriore bicchiere di vino. -Vada piano col vino... mi deve portare all’albergo!- disse ridendo l’ispettore. -Comunque ha ragione... andrebbero licenziati in tronco ma sappiamo che sarà impossibile.- -Come mai... Perché non abbiamo le prove?- chiese Roberto -Anche... ma secondo me è facile trovarle... basterebbe andare in due e farsi sigillare in una busta le mazzette. Poi, appena usciti, chiamare i Carabinieri e fargliele contare a loro. Scatterebbe una denuncia immediata e...- -E allora perché non lo facciamo?!- esclamò eccitato Roberto all’idea di poter scagionare definitivamente i suoi ragazzi e porre fine ad un abuso di potere. -Perché questa è fantascienza.- -Ma che dice!- -Non potremo mai denunciare l’Istituto Regionale Centrale di una faccenda simile. E’ contro ogni logica.- -Ma perché?!- -Ma è semplicemente controproducente! Non possiamo fare una denuncia simile per ragioni diplomatiche e di opportunità... non ce lo permetterebbero da Palermo.- Roberto guardò stupito l’Ispettore e gli chiese a bassa voce: -Ma allora questa è connivenza! Da parte nostra sappiamo che rubano e li lasciamo fare?- L’Ispettore disse calmissimo: -Macaluso... lei crede proprio che noi si sia fuori dal gioco?- -Cosa intende dire? – -Lei veramente crede che il nostro Istituto non possa essere coinvolto in cose illecite o perlomeno poco trasparenti? Oppure crede che in Sicilia la Mafia e la Massoneria siano un’invenzione? Crede forse che il potere politico di Roma non coinvolga l’Istituto Regionale? e allora io e lei non possiamo farci niente... non per una faccenda di poco conto quale l’ammanco di soldi nelle mazzette…- Roberto stava zitto e pensava. -Ma allora... perché è venuto a studiare il caso se sapeva che non li avrebbe potuti denunciare?- -Semplice. Per vedere che non stati i nostri.- -Ah...!- esclamò tranquillizzato Roberto che incominciava a capire le regole del gioco. -Sono quindi esclusi... i miei ragazzi?- chiese col cuore in gola. -Si. Sono fuori pericolo.- Roberto si asciugò la bocca e posò il tovagliolo sul tavolo. Guardò compiaciuto l’Ispettore e si sentì sollevato da un gran peso: quello di dover prendere provvedimenti contro qualcuno dei suoi ragazzi. fossero -Ispettore...- Lui lo guardò con attenzione e aspettò che continuasse. -Grazie per la sua collaborazione.- -Dovere...- -Lo sa... lei mi è simpatico. Spero proprio di poterla rivedere presto in Sede.- -Non se lo auguri, Macaluso... la prossima volta verrò a spulciare le sue manchevolezze... contabili... s’intende!- I due si fecero una risata e alzandosi da tavola fecero a gara per pagare il conto. Alla fine Macaluso vinse la battaglia. L’incubo era terminato... almeno per il momento. Tornando a casa Roberto osservò il panorama stupendo della costa illuminata sullo Stretto. Si sentì leggero e tranquillo e nonostante la giornata intensa, anche soddisfatto. Sua figlia gli aveva detto che era un frustrato ma lui pensò: -Almeno non stasera!- NOVEMBRE 1 Raffaele si trovò sulla banchina con il suo borsone stracolmo e pesante. Fece un rapido esame delle cose che aveva portato e si ricordò di aver dimenticato il dentifricio. L’avrebbe rimediato. Non era grave. Faceva già freddo e una lieve pioggerellina lo costrinse ad aprire il cappuccio del suo giaccone. Doveva attendere l’imbarco nella nave dove Giuliani era riuscito a sistemarlo per un viaggio che sarebbe durato un paio di mesi. Destinazione ignota. Verso la Turchia, forse sul Mar Nero... poi non aveva potuto capire dove. La sua mansione era incerta: fare le pulizie; fare i turni di notte per la navigazione; aiutare un tale “Carlo” in cucina; controllare lo sbarco-’imbarco delle merci e lo sdoganamento... un po’ di tutto, insomma. Nessun compito preciso... -Fai un po’ quel che ti dicono di fare- gli disse Giuliani prima di congedarsi. -Vedrai che guadagni bene...- concluse. Tutto era grigiore intorno a sé. La giornata, le navi attraccate una accanto all’altra, il cemento della banchina e persino il mare erano plumbei. La sua nave era arrugginita. Sembrava vecchia ed inaffidabile. Sperò fosse solida abbastanza per riuscire a galleggiare in mare aperto. Il nome era “Marinella”. Era una grossa chiatta per il trasporto di merci. La stavano caricando di pallets con le gru, per poi essere accatastate nella stiva. Degli uomini a bordo ne coprivano alcune con teloni di plastica e le ancoravano con grosse catene al suolo ed ai bordi della nave attraverso dei ganci metallici. Bruno gli aveva spiegato che la Primissima Costruzioni era fallita ufficialmente a causa del naufragio di una nave che trasportava grosse quantità di materiale da costruzione che avevano acquistato in località ignote. Questo avrebbe causato problemi alla società comportando la disdetta di alcuni cantieri in corso a causa del fermo “avanzamento lavori”; inoltre l’assicurazione non aveva pagato il sinistro. Quindi La Primissima si era trovata in difficoltà e non avrebbe pagato la merce. Di lì, poi, ricevuto un decreto ingiuntivo dal fornitore estero... Il Tribunale aveva decretato il suo fallimento. Le banche ne erano rimaste tutte incastrate. Ma Bruno aveva ribadito che la cosa più importante non era il fallimento della stessa, quanto il collegamento al Castrozzo, che indirettamente risultava essere colui che controllava una serie di società di navi da trasporto di cui faceva parte quella affondata, al largo delle coste turche. Bruno si era raccomandato di tentare l’ispezione della barca per scoprirne il contenuto. Secondo lui si poteva trattare di armi o di materiale radioattivo. Bruno non credeva alla storia del materiale da costruzioni. Forse essa era solo stata una causa collaterale al vero problema. Il fallimento di una società che riciclava il denaro sporco aveva messo in pre-allarme i malviventi. Se Raffaele, che seguiva ufficialmente la pratica di fallimento avesse subodorato qualcosa di strano ed avesse prodotto documentazione al Tribunale, forse si sarebbero scoperte le pentole. Conniventi con alcuni personaggi all’interno delle banche coinvolte, i malviventi avrebbero “sensibilizzato” i loro responsabili a tacere e chiudere in fretta la pratica. L’eliminazione del funzionario? Probabilmente solo una precauzione. La storia sembrava quadrare. “Cautela e occhi aperti” erano state le raccomandazioni ripetute in continuazione dall’amico. Raffaele invece pensava alla sua pelle ed al pericolo di un altro naufragio. Forse il trucco consisteva nel far affondare i barconi arrugginiti, che costavano quattro soldi... e incassare laute somme dalle assicurazioni... forse invece era il trasporto di armi o di droga dalla Turchia, ciò che li faceva guadagnare, e l’incidente li aveva messi in difficoltà, avendo pagato un carico finito in fondo al mare. Boh! Non riusciva a disfare la matassa. Nel frattempo si inserivano nella sua mente altri pensieri: Daniela ci era rimasta male. Partire per circa due mesi... senza vederlo o poterlo chiamare! Gli aveva chiesto se fosse una scusa per non vederla più. Lui l’aveva rassicurata... fino a dirle quasi tutto sulla sua missione. Allora Daniela si era tranquillizzata sentimentalmente sebbene preoccupata per la sua incolumità; lo aveva stretto fortemente a sé nel salutarlo facendo i dovuti scongiuri di stare attento. Gli aveva promesso che al suo ritorno l’avrebbe trovata lì, ad aspettarlo…e che lo avrebbe massacrato di baci e di tenerezze... Gli dispiaceva lasciarla, specialmente adesso che si sentiva agitato e preoccupato. La missione che doveva svolgere era altamente rischiosa e non sapeva che fine avrebbe potuto fare. Finalmente imbarcato aveva depositato il suo bagaglio in una cabina stretta e buia, illuminata soltanto da un oblò e da una lampadina che emanava una luce fioca sul soffitto. L’umidità e l’odore di salsedine regnavano ovunque. La stanza era di due metri di larghezza per tre di lunghezza, conteneva su un lato due letti a castello e di fronte un armadio a muro, un lavello arrugginito nell’angolo dietro la porta e una specie di tavolino agganciato alla parete di ferro a mo’ di comodino. Le coperte di lana erano stantie di muffa ed i pavimenti rivestiti di plastica erano incrostati di sudicio oltre ad essersi leggermente ondulati per l’umidità, e ovunque, il metallo era arrugginito. Era veramente un ambiente schifoso. Sembrava peggio di una cella in carcere. Di quali pulizie parlava Giuliani? dei bagni forse? Certo quell’ambiente non era per niente decoroso. Neanche ad essere stato un pirata nel settecento! Si sentì avvilito di dover affrontare un così lungo viaggio in tali condizioni e desiderò ardentemente poter telefonare all’amico per dirgli che mollava tutto; di non poter affrontare quel viaggio... poi ragionò e si impose la calma. Si adagiò un attimo sulla sua branda, e almeno la trovò confortevole. Guardò il soffitto e l’oblò. Vide le nuvole dondolarci dentro. Su e giù, lentamente, a ritmi regolari. Sentì un leggero senso di nausea e quindi distolse lo sguardo da quella finestrella. Osservò attentamente la stanza. Poi si affacciò dalla porta e notò in fondo al corridoio il bagno. Lo ispezionò. Faceva ribrezzo. Poi osservò le docce: anch’esse in uno stato pietoso. Gli ricordò la naia. Uscì sul corridoio nuovamente e trovò una serie di scale. Le discese e vide altre stanze, poi finalmente la stiva della nave che si apriva davanti ai suoi occhi. Era molto grande e nonostante la poca luminosità dell’ambiente, gli spezzò l’angoscia causata dalla claustrofobia che aveva addosso. Nel ritornare sopra si imbatté con un marinaio dalla pelle scura che lo guardò stupìto nel vederlo lì. Raffaele prontamente, ed esprimendosi in inglese, gli chiese dove poteva trovare il bagno. Questi allora indicò con l’indice in fondo al corridoio e continuò per i fatti suoi. Raffaele così riuscì a dileguarsi e a non destare sospetti. Andò in poppa, sulla cabina di comando e salutò il capitano Calogero, Carlo, l’aiuto cuoco che doveva servirsi di lui, e un marinaio che era al timone. -E’ la prima volta che salite su una nave, giovanotto?- chiese il capitano divertito. -Beh... a dire il vero, si- -Si nota dalla faccia! Non vi verrà mica da vomitare?- chiese ridendo. -Stia tranquillo, Capitano, se vomito non se ne accorgerà nessuno! Qui è tutto così pulito!- rispose Raffaele facendo dell’ironia con un gran sorriso. -Vieni- disse Carlo -ti mostro la cucina, così ci dai una mano a sbucciare le patate!- e si mise a ridere con fare esagerato. -Ehi! mica sono un clandestino a bordo!- rispose sempre con una battuta ironica lui, e fattasi un altra risata tutti insieme, scesero fino ad una stanzona piena di fornelli, scaffali, frigoriferi tutto in acciaio inox. Qui almeno risplendeva tutto come nuovo anche se Raffaele si chiese dove fossero i topi. Tutte le navi avevano quegli animaletti clandestini a bordo, e le cucine, si sapeva fossero il loro luogo preferito per scorrazzare e cibarsi... Grazie ai forni accesi si stava bene. Mentre osservava i pentoloni che fumavano di vapore iniziò veramente a pelare patate, sbucciare pomodori sbollentati per il sugo, tritare cipolle, carote e sedani ed infine lavare ogni tipo di verdura. Una radiolina suonava canzoni tipicamente italiane ed un napoletano le canticchiava allegramente. L’ambiente era simpatico e il lavoro non gli pesò più di tanto. Carlo ad un tratto gli si avvicinò e disse indicando con gli occhi uno che passava lo straccio per terra: -Occhio a quello... è un tipo pericoloso... fatti gli affari tuoi e non ci parlare. Vedrai che non ti darà fastidio... - -Grazie del consiglio- rispose, e continuò a fare il suo lavoro fino a sera. Il cuoco, un ragazzotto di Catania di oltre centodieci chili, panzone e simpatico, preparò un buon sugo per la pasta; il napoletano squamò e lavò il pesce fresco che poi, cucinato con tanto aglio e peperoncino, fu degustato con gli apprezzamenti della ciurma. Raffaele si beccò gli auguri della matricola, dopo aver mangiato e bevuto a volontà. -Si na’ buona forchetta! guagliò!- disse il napoletano apprezzando l’appetito del nuovo arrivato. Fuori faceva freddo ed era buio. Le stelle splendevano più del solito, ed in mare aperto apparivano più vicine del normale. Telefonò a Daniela cercando di non farsi vedere. La rassicurò e le disse tante parole dolci. Le disse che le mancava e che non vedeva l’ora di riabbracciarla. Fu breve. Qualcuno comunque lo vide perché poco dopo, rientrato in cabina comandi, Calogero gli chiese se la fidanzata stesse bene. Raffaele stette al gioco e non negò l’evidenza. -Sa come son fatte le donne! La mia ragazza è apprensiva... e poi, non mi vedrà per tanto tempo... è preoccupata che me ne trovi un’altra in qualche angolo sperduto di questa terra!- Calogero si mise a ridere. -Caro giovanotto... tutte le donne sono delle gran “bottane”!- disse imperioso alzando il mento in aria e guardandolo di sguincio, -tranne ovviamente a’ matre, a’ sora e a’mugghiere!-aggiunse immediatamente. Poi fece qualche battuta sulle sue amiche “maîtresse” che conosceva in ogni porto della costa europea. Tutte puttane di classe… diceva lui. -Vedrai quanto “fottono” i marinai, giovanotto!- concluse tra le risatine compiaciute degli altri che già si erano eccitati al solo pensiero di concretizzare presto i loro desideri. 2 Bruno entrò nella stanza dove un uomo alto, magro e stempiato di circa una sessantina d’anni sedeva dietro ad una scrivania. -Allora?- chiese, -Cos’hai di così importante per venire qui da me? Lo sai che non è prudente farti vedere al Ministero...- -Hai ragione Capo, ma penso di aver trovato un filo logico e te lo volevo spiegare... di persona.- -Va bene, ormai ci sei… vai al dunque. Cos’hai scoperto?- L’uomo si accese una sigaretta e aprì leggermente i vetri della finestra che affacciava ad un cortile interno, per far entrare un po’ d’aria. -Ho scoperto che la Primissima è fallita a causa del naufragio della nave che trasportava ingenti materiali di costruzione. Questi materiali non erano stati pagati e forse loro speravano che l’assicurazione li rimborsasse ma qualcosa non è andato per il verso giusto e l’assicurazione ha paventato il dolo nel naufragio.- -Questo lo sapevamo anche noi, vai avanti...- -Sembrerebbe che la nave affondata al largo della Turchia appartenga alla flotta del Castrozzo. Nave vecchia, affondabilissima... e che il carico reale della stessa fosse stato prelevato altrove... all’estero. Credo di aver capito di che carico si tratti.- -Beh?!- fece l’uomo stempiato incuriosito. -Vedi... la nave non ha seguito la rotta prestabilita... ha fatto una variazione veloce e si è diretta altrove... forse verso Odessa, in Crimea... Lì hanno caricato dei barili e li hanno buttati in mare affondando addirittura la nave. I marinai che si sono salvati sono i soliti, ho controllato gli equipaggi precedenti della stessa barca. Gli altri hanno preso alcune scialuppe inaffidabili e sono tutti dispersi... morti... chissà... Forse li hanno addirittura freddati prima di calare a picco il bidone...- -E il carico cosa sarebbe? Se fossero armi o droga non credo che affonderebbero la nave...- -Difatti. Questo mi ha fatto pensare a lungo. Pavento siano scorie radioattive.- L’uomo si alzò lentamente e chiuse la finestra. Poi si girò intorno al tavolo e vi si appoggiò stando in piedi vicino a Bruno che continuava: -Secondo le mie ipotesi, dovevano affondare la nave in un punto profondo del mediterraneo con il carico radioattivo di scorie, e poi i superstiti dovevano essere solo i marinai del gruppo. Quelli imbarcatisi per caso di altre nazionalità, tipo slavi e albanesi perire, per non avere testimoni scomodi. L’assicurazione avrebbe dovuto pagare una grossa quantità di denaro relativa a merce inesistente dando loro la possibilità di ricomprare il battello... una barcaccia da affondare successivamente guadagnando così il doppio: prima dal paese che richiedeva lo smaltimento, poi dall’assicurazione... I soldi dati dai governi che si volevano sbarazzare dalle scorie li avrebbero riciclati poi in banca.- -E allora perché far fallire la ditta di Costruzioni? e perché l’assicurazione non ha pagato? Dovrebbero essere tutti d’accordo... non pensi?- -La Primissima cominciava a essere sospettata di traffici illeciti... forse col fallimento salvavano le apparenze... non avrebbero potuto continuare a lungo ad affondare carichi fasulli; il secondo problema, forse non era in programma. Magari le assicurazioni cominciano ad essere tartassate da queste barche che vanno a picco e si stanno difendendo... forse già hanno capito che c’è qualcosa di losco ma a noi certamente non lo vengono a dire...- -Sarà... ma non mi convince ancora qualcosa...- -La banca?- aggiunse Bruno. -Esatto. Come fanno le banche a sovvenzionare delle ditte che affondano le proprie navi? Quanto può durare?- -Questo non lo sappiamo. Bisognerebbe indagare in tutto il territorio nazionale, partendo dalla Sicilia, per vedere se la stessa banca affida la ditta navale. Per adesso sovvenzionava quella di costruzioni ed in altra città. I collegamenti anagrafici non esistono.- -Ciò che sappiamo è che c’è il collegamento con il professor Castrozzo e le sue navi... vai a Messina per vederci più chiaro in quanto a me non pare credibile il fatto dell’affondamento delle navi e delle assicurazioni mentre a questo punto penso sia più logico si sia trattato di una incidente di percorso che li ha messi in difficoltà. Secondo me hai ragione con il fatto delle scorie da smaltire… ma dove? In quale Paese? Non certo in mezzo al Mediterraneo!- -Senti...- aggiunse Bruno a voce bassa, -vorrei avvertire il mio amico di stare attento alla rotta che seguono e di controllare le scialuppe di salvataggio... non vorrei averlo messo nei guai... A questo punto, se controllare la merce non serve… è già troppo pericoloso starne vicini, se ho ragione!- -Va bene. Ma stai attento. Sii di poche parole; potrebbero intercettarvi. Avete già stabilito un “codice” tra di voi?- -Si, ci ho già pensato.- Bruno uscì di corsa e dileguatosi in mezzo al traffico romano avvertì Raffaele di fare attenzione a quei fatti e di fargli sapere qualcosa. Raffaele si sentì crescere l’agitazione addosso. Fortunatamente si era dileguato quando vide lampeggiare il suo telefonino e si era diretto a prua dove non c’era nessuno. Adesso doveva stare attento. Sapeva effettivamente qual era il problema ma era più preoccupato per la fine che potevano fargli fare. Se si fosse comunque salvato si sarebbe beccato tanta di quella radioattività da morire di cancro dopo qualche anno! Sperò vivamente che fosse tutto falso e che il carico fosse inesistente ma ormai non poteva fare niente... si era veramente “imbarcato” in un gran casino, lui! 3 Roberto guardò nel suo scadenzario le incombenze in sospeso. Doveva telefonare alla sig.ra Giovannini per il suo dossier titoli; al Dottor Castagni per vendergli la polizza pensionistica e ad altri nominativi inclusi in un lungo tabulato per sondaggio di sviluppo. Poi trovò alcune posizioni irregolari di conti da controllare e due verbalizzazioni da completare per richieste di mutuo. La lista giornaliera degli assegni scambiati a “Stanza di Compensazione”, i tabulati con le “movimentate” e tanti appunti di cose da fare e organizzare. Qualche rinnovo di fido di conti garantiti e il problema dell’aria condizionata da risolvere, poichè non si respirava più in quell’ambiente pieno di fumo e senza riciclo d’aria. Si alzò e si avvicinò all’operatore commerciale che stava documentandosi sulle quotazioni di borsa per il nuovo collocamento che li impegnava ormai da giorni. -Come va la borsa?- -Come al solito, Capo... qui, se si continua di questo passo avremo molta gente scontenta. I nostri Fondi non hanno un rendimento entusiasmante... per non parlare delle gestioni patrimoniali!- -Carlo, anche gli altri si troveranno nelle nostre difficoltà... è il mercato che non va. Cerchiamo invece di fidelizzare la nostra clientela attraverso un continuo contatto di consulenza. Lì saremo sicuramente vincenti.- -E il fatto che i tassi passivi sono diminuiti ulteriormente di 0,75%?. Cosa facciamo per le convenzioni?- Roberto si sentì la responsabilità addosso di gestire una situazione incontrollabile. Fare nuovi conti, soddisfare quei clienti già acquisiti e accontentare la Banca nell’abbassare il costo della raccolta era un compito difficile. -Carlo... lo sai che non possiamo alzare il costo della raccolta con le convenzioni... dobbiamo tentare di contenere gli scontenti il più possibile... lo so che non hai tutti i torti ma non riesco a farci niente...- -Ma tu sei il Funzionario!- rispose indispettito l’altro. -Se non insisti tu, col Direttore, quello non fa niente e poi a noi tocca “farci il mazzo” per riprenderci la gente che va via scontenta!- Era sempre il solito problema: lavoravano come matti per portare a casa un nuovo cliente e d’improvviso, una manovra sui tassi o sulle condizioni dei conti facevano perdere tempo per sentire le lamentele, gestire le proposte per il ripristino delle vecchie condizioni a chi minacciava di andarsene, per non parlare della gestione di chiusura di una buona fetta dei conti stessi. Tornò alla sua scrivania borbottando che il suo addetto commerciale aveva ragione... senza risolvere il problema. Si stava stufando dell’atteggiamento del suo Istituto. Pretendevano “la moglie ubriaca e la botte piena”... Se ne approfittavano con il ricatto dei licenziamenti, ma così si sarebbe arrivati a chiudere per mancanza di clienti! Il rush finale per il raggiungimento del budget lo dovevano fare adesso, ed il calo dei tassi, gli avrebbe sì comportato un aumento del gettito reddituale, ma era una lama a doppio taglio: sui volumi avrebbe forse perso quel tanto che bastava a non raggiungere gli obbiettivi per colpa dei dirottamenti. Roberto si guardò intorno e cercò di razionalizzare la situazione. Pensò che forse non stava facendo a sufficienza il suo dovere per portare a casa i risultati attesi. Che vita monotona era quella! Sempre i soliti problemi impossibili da risolvere, e in contrapposizione con le esigenze dei clienti e di loro stessi! Non si riusciva a mediare entrambe le cose se non prendendo decisioni spesso alterne: oggi contro i capi, domani contro i clienti, sempre in un andirivieni di polemiche e lamentele. Possibile che le Banche tentassero sempre di spremere la loro clientela acquisita in contrapposizione al famoso motto di essere “orientati al cliente”? Roberto prese il telefono in mano e iniziò a fare una telefonata mentre squillò l’altro apparecchio. Dal quadrante a cristalli liquido apparse il numero del Direttore. Agganciò immediatamente il primo per rispondere al secondo. Si beccò la lamentela del “numero Uno” per non aver ancora raggiunto il budget sulle assegnazioni del Collocamento Azionario. -E’ di primissima importanza che si raggiunga il traguardo entro Venerdì, e noi siamo ancora ad una percentuale di assegnazione del 65%!- Inutile rispondere. Roberto sapeva benissimo che rinfacciargli il fatto che fosse impossibile fare “tutto e subito” era tempo sprecato. Il budget prevedeva di tutto e non era facile farlo completamente. Roberto pensava fosse meglio dedicarsi anima e corpo a raggiungere bene tre o quattro settori di importanza strategica quali la raccolta, i depositi titoli, i fondi e le gestioni patrimoniali. Le carte di credito o il numero di polizze assicurative, pur essendo importanti ai fini del margine di redditività erano secondo lui accessori. E così anche gli svariati collocamenti azionari od obbligazionari che si susseguivano ormai quotidianamente. -E’ più importante mantenere soddisfatta la base e incrementarla, onde poi avere nuovi sbocchi per collocare tutti gli altri prodotti che abbiamo anziché saturare i pochi clienti in casa, tartassandoli con mille proposte!- diceva spesso, ma nessuno lo ascoltava. Riattaccò il telefono rispondendo che avrebbe provveduto. “Ecco il solito bicchiere di merda quotidiana” disse fra sé e sé avvilito. Subire un lisciabusso ogni giorno da parte del capo, alla sua età, non era dignitoso. Desiderò avere un mestiere per le mani che gli potesse dare la possibilità di ribellarsi e mandare tutti a quel paese, ma purtroppo si accorse che era destinato a perire in banca. Pensò a ciò che gli aveva detto giorni prima Concetta, e si accorse che effettivamente, il fatto di essere orgoglioso di appartenere alla categoria, era una semplice illusione. Probabilmente nel pro e nel contro si barcamenava per cercare di sentirsi soddisfatto, ma in realtà erano tante le sue frustrazioni che forse trasparivano agli occhi di un’anima pura ed ingenua come sua figlia. Il problema vero, era poi il temporale che si avvicinava: mantenere il posto, era già un successo, e ciò voleva dire piegarsi sempre più all’arrogante ed incessante pretesa degli Istituti di Credito, che avevano la certezza di essere forti e di poter guadagnare avvalendosi del sacrificio personale dei loro dipendenti. Infatti, sui bilanci delle banche, l’incidenza del costo del personale incideva assai, e con le fusioni, avevano avuto il “via libera” a minacciare licenziamenti, sventolare la cassa integrazione ed i prepensionamenti. La produttività doveva triplicare e i banchieri sapevano che se riuscivano ad indebolire il Sindacato, sarebbero riusciti finalmente ad ottenerla sguainando la frusta come ai vecchi tempi, quando il capoufficio controllava i minuti che il dipendente stava in bagno o se si era sprecato qualche assegno circolare perché compilato male… Che inferno! Roberto si consolò al pensiero che la faccenda delle mazzette si fosse risolta, ma pensò anche alle conseguenze che aveva rischiato qualora fossero stati i suoi cassieri ad aver rubato. La responsabilità era la sua, e certamente non avrebbe giovato alla sua posizione e carriera. Guardò l’orologio e si accorse che doveva chiudere. Prese istintivamente l’asta e le chiavi rinchiuse nel cassetto, poi, con passo lento ed errante, si avvicinò al capo cassiere e gli disse: -Coraggio! Chiudiamo bottega e andiamo a casa!- 4 Dopo qualche giorno, attraversato l’Egeo, arrivarono sullo stretto del Bosforo. Raffaele rimase affascinato nel vedere quelle casupole sulle sponde del mare che gli ricordavano Venezia ed apprezzò il panorama che si mostrava a lui: il lungo ponte che attraversava lo stretto, e dall’altra parte, le guglie in lontananza della grande Moschea di Santa Sofia, di cui aveva studiato i dettagli architettonici all’università. La città si nascondeva tra i fumi di alcune fabbriche e lo smog del traffico. Le navi si incrociavano sotto l’immenso ponte, denso di camion, dando l’impressione di essere in un’autostrada marina. L’aria era più calda ed il sole veniva soffocato dalla leggera foschia che copriva come con un mantello l’intero quadro. Una volta attraccati, non solo dovette seguire lo sdoganamento delle merci ma anche faticare parecchio per aiutare gli altri a sbarcare gli oggetti di piccole dimensioni andando su e giù per la scaletta. Aiutò a spostare scatole pesanti da appendere alle gru per scaricarle lentamente sulla banchina, portò su nuove provviste per il viaggio: sacchi di patate, boccioni di vino, acqua e una miriade di altri generi alimentari... al tramonto era sfinito. -Andiamo a cena e poi a divertirci!- aveva proclamato il capitano a sera e tranne alcuni uomini che erano rimasti di guardia, gli altri se l’erano squagliata a divertirsi nelle zone più malfamate della città. Forse erano malfamate proprio perché le frequentavano loro, pensò Raffaele, e si sentì gratificato di poter fare squadra con il capitano e gli altri italiani a bordo. Andarono in un’osteria nel centro della città dove (c’era da immaginarselo) la cucina era italiana! Il cibo era discreto ed il vino non mancava, tutto importato dall’Italia. In mezzo alla stanza, immersi nel fumo, camuffato da incensi vari e marijuana, tra il fragore di canzoni italiane mischiate ad alcuni ritmi locali, si inseriva a tratti qualche canto, proveniente dai minareti, incitante alla preghiera. Tutti mangiarono a sazietà e bevvero esageratamente, contornati da ragazze semi svestite che facevano di tutto, pur di guadagnarsi la serata. A Raffaele capitò una gli si sedette sopra e lo massaggiò facendo una danza del ventre ... beh, una sculacciata nel sedere gliela diede anche lui, nonostante non volesse arrivare oltre. Doveva stare al gioco, e la ragazza comunque meritava. Con mosse sinuose e femminili si facevano palpare, si strusciavano toccando a loro volta, prendendo prontamente qualche mancia, che era solo il preludio del loro vero guadagno nel dopo-cena, su nelle stanzette private. La serata finì bene, perché quando fu il suo turno, Raffaele finse di essersi ubriacato e quindi tornò alla nave sostenuto da Carlo e dal napoletano che lo sostenevano a braccetto canticchiando per le strade, facendo un po’ i cretini (a rischio di essere arrestati dalle autorità locali che erano severissime per comportamenti offensivi alla legge islamica). -Non sii bono a nulla!- gli disse ridendo il capitano mentre rientravano, e tutti felicemente ubriachi e scarichi di libidine, si diressero alle proprie cabine per farsi una bella dormita. 5 Raffaele aveva ispezionato tutta la nave e non aveva scoperto niente. Pensò ci fosse qualcosa di strano: tutto quadrava fino ad un certo punto ma non fino in fondo. Le scialuppe di salvataggio le aveva trovate in ottimo stato; la merce era esposta tranquillamente nella stiva e di stanze chiuse a chiave o nascoste non ne aveva viste; esisteva in lui il dubbio di essersi imbarcato sulla nave sbagliata; di armi, droga o materiale radioattivo non esisteva traccia. Non riusciva a capire cosa gli stesse sfuggendo. E se fosse stato vero, quel naufragio? Non aveva indagato per evitare di svelare il suo segreto, ma non aveva neppure carpito messaggi o discorsi inerenti l’argomento da parte dei siculi, coloro che potevano far parte del clan. Erano ormai in viaggio da parecchie ore e navigavano vicino la costa nord del Mar Nero. Forse il carico misterioso era lì, in terra Ucraina, ma non ne poteva avere la certezza. Il barcone solcava velocemente il mare mantenendo una distanza equidistante dalla costa e ciò non gli quadrava neppure tanto. Se avessero dovuto approdare ad Odessa o a Sebastopoli in Crimea, avrebbero tagliato dritto per fare prima. Perché costeggiavano? Forse il carico era da imputare ai Bulgari o ai Rumeni? La risposta arrivò la sera, quando improvvisamente la barca si fermò. La costa era illuminata scarsamente ma si poteva notare che restava sempre alla stessa distanza. Qualche marinaio si affrettò a buttare l’ancora e ci fu un movimento generale di preparativi. Raffaele non chiese niente. Si tenne in disparte e osservò dal ponte la costa. Dopo un’ora si sentì un rumore in lontananza: era una barca di piccole dimensioni e veniva verso di loro in fretta. Pensò allora: -ci siamo!- e il cuore cominciò a battergli forte. Era sempre più nervoso; forse il momento cruciale arrivava e doveva avere un comportamento tranquillo, altrimenti si smascherava. Ma incominciava ad avere paura. Lui era un bancario, dopo tutto. Mica era abituato a queste avventure! Dalla vita monotona e squallida che aveva fatto sinora, a fare lo “007”, era stato un salto improvviso e difficile. Sentiva l’eccitazione della situazione particolare e conveniva che era senz’altro meglio che stare sulle scartoffie… ma agognava pure il calduccio del suo letto e la compagnia di Daniela dopo le ore d’ufficio, e del solito tran-tran. Gli mancava la terra sotto ai piedi... quella sicurezza del “quotidiano” che aveva vissuto sempre e che lo aveva plasmato fino allora. Il battello arrivò. Si fermò molto vicino alla barca e qualcuno si mise a parlare col capitano in inglese. Raffaele riuscì ad afferrare che a breve avrebbero scaricato qualcosa ma non riuscì a sentire bene. Poi uno slavo dell’equipaggio si fece avanti e parlò in russo, e quindi Raffaele non seguì più il discorso. Di lì a poco, la barca si avvicinò sempre di più finché fu affiancata e agganciata da grosse funi alla loro nave. Un ingente quantitativo di barili di media grandezza furono issati e trasbordati velocemente ma con cautela. I marinai indossavano guanti pesanti simil amianto e tute che non aveva visto prima di allora. Nessuno fiatò finché la barca si allontanò... e si dileguò nel buio. La ciurma pareva capire che quel carico conteneva qualcosa di particolare. Nessuno difatti aprì bocca. Raffaele non era stato chiamato a fare le manovre e restò in disparte a guardare. Soltanto alcuni marinai avevano preso parte al trasbordo e il capitano aveva impartito pochi ordini, come se già sapessero cosa fare. Raffaele pensò che era già troppo pericoloso avvicinarsi al carico, soprattutto se fosse stato radioattivo, e quindi accettò di buon grado di essere stato in disparte. Poi i bidoni furono trasportati nella stiva e il capitano, una volta finito il lavoro si avvicinò a lui e gli disse che era un lavoro pesante e che glielo aveva risparmiato anche in virtù della sua inesperienza. Raffaele ringraziò il capitano facendogli capire che aveva fatto bene... che lui ancora non era in grado di fare certi sforzi e si disse disponibile a ricompensare il suo pensiero gentile in altra occasione, magari aiutando in altro modo. La nave ripartì e tutti (o quasi) andarono a dormire. Raffaele pensava e pensava. Si sentiva inquieto e non riusciva a prendere sonno. Il suo compagno di cella ormai russava e nel buio gli scricchiolii della carlinga diventarono rumori sinistri. Raffaele pensò che doveva avvertire il suo amico e quindi si alzò e fece finta di andare in bagno. Una volta accertatosi che nessuno fosse nelle vicinanze e che tutti fossero addormentati usò il suo cellulare e lanciò all’amico un messaggio nel codice segreto convenuto: “La balena è sazia... siamo vicini alla costa bulgara. Torniamo indietro.” tirò lo sciacquone mentre digitava l’SMS per evitare di farsi sentire. Poi si affacciò guardingo dalla porta e vide che nessuno lo aveva seguito. Tornò nella stanzetta; si rimise silenziosamente a letto e si assopì. 6 Passarono alcuni giorni quando finalmente si ritrovarono nuovamente in mare aperto. Lasciarono definitivamente il Bosforo e oltrepassarono il Mar di Marmara avviandosi verso il Peloponneso. Raffaele riuscì a carpire da voci di corridoio che la nuova destinazione fosse una località della costa africana ma nessuno parlava più del dovuto. Tutti sembravano però diversi, non si cantava più; si lavorava e basta. Le facce erano più tese e pareva che un silenzio omertoso fosse calato sulla nave come una nebbia improvvisa. Anche nei suoi confronti, gli sguardi erano più celeri e disinteressati. Sembrava quasi che non lo considerassero per niente. Oltrepassarono Creta e continuarono a navigare in direzione sud-ovest; quindi Raffaele messaggiò anche stavolta le coordinate che dirigevano a questo punto la nave verso la costa libica. Non vi erano più dubbi. Col trascorrere le ore, Raffaele poté addirittura scorgere in lontananza la Sicilia e sentì tanta nostalgia dell’Italia. Chissà se avrebbe mai rivisto la sua patria! Continuò a chiedersi il perché andassero verso la Libia. Se stavano trasportando scorie radioattive, alla Libia cosa interessava?. Ne tantomeno avrebbero affondato nuovamente la barca vicino alla Sicilia. E se fossero stati bidoni pieni di armi? Oppure pieni di droga? Si incominciò a fare mille domande. Fu in ultima ipotesi che arrivò alla conclusione che quel paese avrebbe accettato le scorie facendosi pagare profumatamente per seppellirle nel deserto. Chiamò l’amico e glielo comunicò. Bruno allora intuì che anziché scorie potesse trattarsi di un carico di uranio per la costruzione di ordigni nucleari. Spiegò a Raffaele che Il naufragio poteva essere stato veramente un incidente; questo motivo chiariva molto le cose: non riscuotendo la cifra investita per pagare il materiale, la Primissima era fallita. Adesso il mosaico era quasi definitivamente completato; mancavano solo le prove, che erano su quel battello. Gli disse di stare attento e di indicargli l’esatta posizione. Raffaele lo fece all’istante, aggiornandolo sulle coordinate e la rotta. Si preparò ad inventare qualcosa di buono perché era mancato a lungo dal ponte, rischiando di insospettire qualcuno. Ma erano tutti troppo presi da altri pensieri. 7 Erano ormai vicini alla soglia del duecentesimo chilometro dalla costa quando improvvisamente sul cielo sfrecciarono due F14. Sorvolando a bassa quota, il rumore fu tremendo e fece vibrare il pontile. Il capitano e gli altri si pietrificarono e si vociarono a vicenda degli ordini. Frettolosamente Calogero andò in cabina comando e prese la radio trasmittente in mano. Gli aerei sorvolarono nuovamente la nave, sempre a bassa quota e a poca distanza si intravidero un paio di motovedette grigie, portanti bandiera italiana. Raffaele si rincuorò dopo aver capito che non erano Mig libici nè tantomeno navi nemiche, e lo intuì sia dalla provenienza delle stesse da Nord, opposta alla loro rotta, e soprattutto dall’estrema preoccupazione della ciurma. Erano terrorizzati di essere stati scoperti e di cadere in trappola. Arrivarono anche quattro elicotteri della Guardia costiera italiana e la nave fu velocemente circondata e scortata nuovamente verso il mare aperto. Sul battello c’era frenesia e nervosismo e il capitano parlottava sguaiatamente con il napoletano e con altri compreso il marinaio slavo che aveva parlato in russo. Parecchi di loro erano in preda al panico e nessuno pensò a lui. Soltanto uno gli disse -siamo fottuti!- Raffaele attese che la Guardia Costiera si avvicinasse. Furono tutti immobilizzati sotto la minaccia delle armi e i Finanzieri sbarcarono assieme ad un gruppo folto di militari tutti armati fino ai denti. Successe tutto in un baleno e con un’efficienza degna dei marines. A bordo, con grande meraviglia e felicità di Raffaele, sbarcò Bruno, il suo grande amico. 8 La perquisizione del contenuto accertò quanto paventato da Bruno. Furono trovati materiali per la costruzione di un ordigno nucleare che sarebbero stai forniti ad un paese africano che nessuno citò per segretezza. Il contenuto doveva essere scaricato in Libia, da dove qualcuno avrebbe proseguito via terra per la consegna. I membri dell’equipaggio furono arrestati e Bruno abbracciò l’amico con tale impeto che quasi caddero per terra. -Sono stato in pensiero per te! Hai fatto un ottimo lavoro! Complimenti!- -Io... io veramente me la stavo facendo addosso!- replicò emozionato Raffaele e scoppiò in un pianto di allegria che gli scaricò tutte le tensioni che aveva accumulato sino allora. -C’è qualcuno che ti aspetta a braccia aperte... lo sai?- -Mi posso immaginare! la chiamo subito!- Quella telefonata fu interminabile. Non aveva mai provato così tante emozioni in una vita come aveva fatto in poche settimane. Raffaele salì in un elicottero con Bruno e una volta in aria, osservò il battello della sua grande avventura diventare piccolo e allontanarsi dalla sua vista. Si sentì rinvigorito improvvisamente ed euforico. Si tornava a casa! 9 Arrivato in eliporto a Messina Daniela lo abbracciò con tutte le sue forze e si mise a piangere. Lui la consolò accarezzandole teneramente i capelli e la baciò appassionatamente appoggiando il borsone per terra. Poi, con le braccia intrecciate, si incamminarono con Bruno verso la Caserma della Capitaneria di Porto e la oltrepassarono senza fermarsi con un semplice cenno ai doganieri. Arrivati con un volo speciale militare a Roma vi erano ad aspettarli una moltitudine di giornalisti che non appena ebbero varcato la porta automatica dell’aeroporto di Fiumicino li assalirono con flash, domande e si accalcarono addosso tanto da creare una sensazione di disagio mista ad eccitazione. Essere al centro dell’attenzione in quel modo non era sua abitudine ma lo fece sentire diverso. Aveva compiuto qualcosa di importante ed era diventato il fatto del giorno, e ciò lo ripagava di tante sofferenze e frustrazioni. Daniela lo teneva stretto e lo guardava con gli occhi pieni di luce. Gli disse bisbigliando all’orecchio che d’ora in poi non lo avrebbe fatto più partire, che lo amava, che voleva vivere tutti i giorni della sua vita assieme a lui. Le domande furono le solite, il frastuono degli scatti fotografici e l’inseguimento dei fotoreporter fino alla macchina che li aspettava fuori, la solita scena alla quale ci si era abituati ultimamente alla televisione. Fu strano per Raffaele essere diventato il protagonista, una volta tanto, dopo essere sempre stato uno spettatore passivo degli altri. Arrivati a casa si salutarono con Bruno che gli raccomandò di andare al Ministero il giorno dopo. La serata si concluse in maniera meravigliosa. Daniela restò muta ad ascoltarlo per ore e se lo abbracciò a sé per dimostrargli quanto gli fosse mancato, quanto aveva temuto per la sua incolumità. Raffaele aveva vissuto un sogno eccitante e si sentiva un nuovo soggetto. Era rinato improvvisamente e si sentiva pieno di energie, ma la stanchezza del viaggio e lo stress di tutta la giornata piena di eventi lo fece crollare verso le undici. Si addormentò fra le braccia della sua dolce, sensuale ed innamorata “collega”. 10 L’ufficio del Capo di Bruno sembrò piuttosto squallido a Raffaele, che si immaginava grandi sale con mobili antichi ed arazzi appesi alle pareti, tipo le stanze che inquadravano quando riprendevano il Presidente della Repubblica o qualche Ministro. Invece vide un uomo magro e stempiato assieme ad un signore dai capelli brizzolati vestito con un doppiopetto blu e cravatta stile regimental. Lo accolsero calorosamente e lo invitarono ad accomodarsi su una poltroncina. -Questo è il sig. Corbetti- disse il capo di Bruno -E’ il suo nuovo Direttore alla Banca Romana...- Raffaele si chiese come mai dell’incontro con il capo della sua ex-Banca, ma rispose doverosamente al saluto. -Piacere.- Si accomodò e guardò Bruno, che restato un po’ in disparte seguiva tutta la scena con aria soddisfatta e sorridente. Gli strizzò l’occhio per rassicurarlo. Raffaele non capiva. Si incominciò a sentire a disagio. Cosa voleva dire quell’ incontro? Incominciò a preoccuparsi e ascoltò in silenzio le parole che pronunciavano quegli sconosciuti. -Carissimo Minardi... lei ha svolto un servizio allo Stato che è impagabile. Lei ha affrontato con coraggio degno di un leone una faccenda molto delicata e pericolosa, ed è stato di grande aiuto a svolgere indagini che ci hanno permesso di incastrare un’intera banda di trafficanti di armi nucleari, oltre che di scorie radioattive. Un servizio degno di una medaglia... - -Grazie-, rispose lui che comunque non ci vedeva chiaro sulla presenza del Direttore della Banca: la sua figura in quel contesto stonava. Lui per la Banca non aveva svolto alcun servizio… anzi. -Il Dott. Corbetti, della sua Banca... - continuò il funzionario del Ministero -Ex... - precisò sarcastico Raffaele. L’uomo stempiato si fermò e osservato velocemente il banchiere si rivolse nuovamente a Raffaele e ripeté sottolineando: -Sua Banca- L’uomo stempiato guardò il direttore e gli fece cenno di proseguire. -Mi permetta, sig. Minardi... se sono qui è perché l’Amministratore Delegato in persona mi ha raccomandato di porgerle le sue personali scuse per quanto accaduto. Ci dispiace averle provocato angoscia e disperazione e nondimeno aver tollerato un’ingiustizia così grave... vorremmo risarcirLa di tutte le sofferenze subite, ma oggi come oggi non possiamo tornare indietro e cancellarle le ferite… e quindi... - -Accetto le vostre scuse...- rispose interrompendo Raffaele che riscuoteva vendetta in quelle parole. -Vorremmo… come dicevo, risarcirla di tutti i danni e quindi sono appositamente qui per richiamarla presso di noi. Pensiamo di far cosa giusta e inoltre ammiriamo il comportamento da lei mostrato.- -Come sono andate le cose?- chiese lui rivolgendosi a Bruno ed all’uomo stempiato. -Sono stati arrestati parecchi personaggi “illustri” tra i quali, per quanto la riguarda da vicino, alcuni tra i vertici della Banca, assieme ad altre persone che fungevano da contatti, con l’accusa di associazione per delinquere, corruzione ed abuso d’ufficio a scopo malavitoso.- rispose il Capo dei Servizi Segreti. -Battigia c’entrava?- chiese Raffaele guardando l’amico. -Sì, anche Giorgi e l’avvocato erano coinvolti... in Direzione Generale poi c’erano i big. Praticamente le nostre conoscenze erano le pedine più piccole- rispose Bruno. Raffaele guardò nuovamente il Direttore della sua Banca e attese che finisse il suo discorso. -Minardi...- continuò questi accennando un sorriso -Lei è stato riammesso pienamente tra noi... le sarà data una promozione per quello che ha fatto... e voglia accettare veramente le nostre più sentite scuse.- Tutti restarono in silenzio in attesa di un suo cenno di accordo. Ma questo tardò nel venire. Raffaele sentì trafiggere il suo essere da un fulmine improvviso. Sentì ribollire nella testa mille sensazioni e mille pensieri. Il suo battito si fermò improvvisamente, e con calma surreale prese la decisione. Le mani non gli sudavano; non era stato mai così sicuro di sé né così sereno nella sua vita. -La prego di scusarmi Sig. Corbetti... Mi dispiace ma non posso accettare la sua proposta per quanto allettante e sincera...- Il direttore lo guardò accigliando il viso ed irrigidendosi improvvisamente, sorpreso da quella risposta. -Vede... io… in questo periodo ho sofferto una profonda crisi interna e mi sono sentito avvilito come non mai... ma se ho capito una cosa, è sicuramente quella che il “bancario” non è certamente il mio stile di vita. Non mi interessa la vita squallida ed accecata nel raggiungimento del successo per la quale i bancari sguazzano come dei pescecani. Non mi permette di vivere la mia vita con entusiasmo e con soddisfazione. Preferisco, vista la situazione di fatto, andare per la mia strada e realizzare i miei sogni da uomo libero.- Bruno si affrettò a dire: -Raffaele... ti prego, pensaci prima di dare una risposta affrettata... capisco come ti senti ma non puoi rovinare la tua vita per una questione di orgoglio o di principio!- Raffaele si girò verso l’amico e ribatté serenamente. -Caro amico mio... tu mi sei stato sempre vicino e sai come io la pensi sul nostro mestiere... non credere che non apprezzi lo sforzo che la Banca sta facendo nei miei confronti...- -Non è uno sforzo... è un atto di giustizia che le dobbiamo.- aggiunse Corbetti. -Capisco Direttore, e ne sono lusingato... Lei ha appagato i miei sentimenti di vendetta e di rigetto che avevo per la Sua Banca e per gli uomini che in essa mi hanno fatto del male... ma non è il tipo di vita che desidero fare. Mi sento di essere una persona con entusiasmo e fantasia... per me, non c’è posto in Banca. Se rientrassi a lavorare per lei, rientrerei nella quotidianità delle frustrazioni e diventerei nuovamente un vegetale. No, mi dispiace. Non posso accettare.- Rimasero tutti zitti per qualche minuto. Imbarazzato, Corbetti prese la sua valigetta, e aprendola estrasse una busta. La porse a Raffaele. -Questo, almeno, lo voglia accettare per aver svolto un favore alla Banca e con le nostre scuse. Accetto la sua decisione e ammiro la sua forte personalità e comportamento nonché la sua determinazione a raggiungere i suoi obiettivi, ma questo almeno, lo accetti...- Corbetti aveva estratto una busta e la porgeva verso di lui attendendo che la prendesse. Bruno gli annuì di farlo. Raffaele aveva ormai intuito che dentro quella busta vi era un assegno. Non poteva quantificarne l’ammontare, ma capiva che esso gli avrebbe risolto tanti problemi. L’incertezza del domani lo avrebbero indotto a prendere la busta, metterla in tasca e andarsene. Ma non lo fece. Rifiutò la busta ringraziando. Si alzò, porse la mano al Direttore, all’uomo stempiato e rivolgendosi a Bruno disse: -Grazie, amico, per avermi aperto gli occhi.- Uscì dalla porta e si senti finalmente un uomo libero. Era una giornata splendida. Il sole riscaldava le sue spalle e gli infondeva un’energia incredibile. La soddisfazione di poter tornare a casa e ricominciare tutto da capo lo riempiva di gioia. Le rondini sorvolavano tuttora il cielo romano in cerchio e gli urlavano: “Vola via con noi!” 11 Quella sera Roberto si dedicò a sé stesso. Pensò ai suoi sentimenti, ai suoi sogni. Meditò sulla vita che aveva fatto finora e si sentì totalmente frustrato. Aveva tante idee per la testa ma anche la consapevolezza di non riuscire a realizzarle mai. -Svolgo una vita da bancario e basta.- diceva a sé, e sentiva l’angoscia del non risolvere i suoi problemi crescere sempre di più. La giornata era finita con una litigata col Direttore. Il collocamento non era riuscito a farlo totalmente nonostante il suo personale sforzo e le lamentele si erano susseguite poi con mille altre: la gestione del personale, il budget, l’atteggiamento in generale per la risoluzione dei problemi quotidiani... insomma, una giornata del tutto negativa. Aveva anche risposto alle accuse e si era sentito rispondere che non si doveva giustificare. Si sentì rinfacciare che era polemico e che così non giovava la carriera. Quella maledetta carota che non si avvicinava mai, quasi fosse appesa ad un filo, trasportata dallo stesso corridore. Sempre equidistante dal corpo: quanto più si sforzasse a rincorrerla, essa era sempre irraggiungibile. Era avvilito e non riusciva a capire se doveva stare zitto o ribellarsi ad una situazione che andava sempre peggiorando. Pensò alla sua vita e a tutte le sofferenze passate... ai suoi fallimenti in amore, nelle relazioni umane... ed il lavoro era in aggiunta a tutto ciò. Si chiese se poteva cambiare la sua vita ma concluse che era pressoché impossibile. Ormai era indottrinato a pensare alle scartoffie e dire “signorsì” ogniqualvolta gli fosse richiesto uno sforzo. Finì le faccende domestiche quotidiane e si mise sotto le coperte con l’intento di finire il giallo che stava ormai leggendo da tempo. Si immerse così nel sogno irreale di una vita diversa. Visse quale protagonista l’avventura di Raffaele. Desiderò Daniela al suo fianco ed ebbe un’immensa emozione quando lesse il rifiuto di Raffaele, divenuto ormai il suo idolo, di tornare a lavorare per la Banca... lui sì che era uno che aveva coraggio! Desiderò avere quel suo coraggio e determinazione, ma guardandosi nello specchio della sua anima, una volta finito e chiuso il libro, pensò: “Io morirò Bancario!- E rassegnato al ruolo che la vita gli aveva delineato, ripose il libro sul comodino, spense la luce e si addormentò sognando ciò che non avrebbe mai potuto realizzare. FINE ? Note sull’autore: Alberico Lupi è uno pseudonimo letterario usato dall’autore per i suoi romanzi. Nato in Argentina, trascorre la sua infanzia a Buenos Aires per poi seguire la sua famiglia quando si trasferisce negli Stati Uniti, a New York, dove trascorrerà la sua adolescenza ed i suoi studi. L’ultimo trasferimento lo porta nel 1976 a Roma, dove inizia la sua carriera in un importante Istituto di Credito raggiungendo il grado di Funzionario. Nel 1995 conclude il suo secondo matrimonio e scrive la sua prima opera: “Zio Nets” che narra l’ultimo stage di convivenza da “separato in casa”. Poco dopo, , scrive quest’opera: “BanKari”. Il suo temperamento vulcanico e l’insoddisfazione della vita condotta in banca lo porteranno infine a stravolgere definitivamente la sua esistenza inducendolo a lasciarla per intraprendere la libera professione come “Promotore Finanziario”. Ma la crisi mondiale della bolla speculativa durata più anni in Borsa lo porterà a lasciare definitivamente quel mondo che descrive accuratamente durante il 1996 in quest’ opera e che è oggi pubblicata dopo dieci lunghi anni. Alberico oggi ha cinquant’ anni, vive a Ravenna e si è sposato per la terza volta.

sabato 22 novembre 2008

BanKari-Preview

Thriller Nota:
Questo thriller, scritto da me nel lontano 1996, è di attualità ancor oggi, nonostante tutto.
Basta guardare a ciò che le Banche sono in grado di fare ancora (subprime) pur di far "Utili" e di quanto disonesto è il sistema.
Mi rallegra moltissimo presentarvi il mio "Thriller" nella speranza che quei banchieri, uomini d'affari, managers rampanti possano smettere di ledere l'immagine di tutta la categoria dei "bancari"; cioè di coloro che ingenuamente e responsabilmente espletano continuamente le loro mansioni, sacrificandosi e cercando sempre di rendersi utili alla gente, come ogni buon lavoratore.
Come ero anch'io oltre 10 anni fa.
Buona lettura.
Roberto Pino
ALBERICO LUPI -BANKARI finito di scrivere a Ravenna, nel 1996
Questo libro è frutto della fantasia dell’autore. Personaggi e luoghi menzionati in quest’opera non riflettono alcuna correlazione con la realtà o con fatti realmente esistiti. Qualsiasi analogia è quindi assolutamente casuale.
Prefazione
Le ultime vicissitudini riguardanti “Bancopoli” nonché i mutamenti lavorativi che mi hanno coinvolto dopo il ‘96, mi inducono a distanza di dieci anni esatti dalla sua stesura, a pubblicare il giallo che vi state accingendo a leggere. Nel 1996 infatti appartenevo ancora alla “categoria” e non osai pubblicare un libro che evidenziava molti lati oscuri del mondo delle banche nonostante molti di voi riconosceranno che ciò che sta accadendo oggi fosse già “lampante” fin da allora e vi rispecchierete probabilmente in quel “modus cogitandi” dei protagonisti del libro poiché quella mentalità si sviluppava in maniera decisa intorno a noi. Purtroppo, quando fui pronto, mi avvertirono di una serie di “inimicizie” che mi sarei potuto procurare e di pericoli che avrei dovuto affrontare con la pubblicazione di questo libro a rischio di ledere la mia vita in Banca, tali da indurmi ad essere “prudente”. Pubblicai quindi un altro libro: il romanzo “Zio Nets”, che ebbe un discreto successo, ma che non sconvolse più di tanto la mia vita né mi diede la risonanza che speravo di avere con “BanKari”. Occasionalmente fornivo una copia inedita a qualche amico, così tenendo stretto il posto di lavoro; diventò quindi il mio “Sogno nel cassetto”... ignaro che avrei lasciato la Banca comunque pochi anni dopo vittima di una brillante azione di “convincimento” che ho scoperto avesse un nome: “Mobbing”. Nonostante “BanKari” sia una mera invenzione basata sulle molteplici “dicerie” che circolarono tra colleghi nell’ambiente di lavoro per oltre venti anni e che quindi non si riferisca a nessun fatto veramente accaduto o a personaggi realmente esistiti, esso è divenuto di brillante “intuizione e lungimiranza” se lo si colloca giustamente nel periodo della sua stesura. Alla luce di ciò, ho evidenziato nel libro tutto quello che negli ultimi dieci anni il “sistema bancario” ha effettivamente trasformato o vissuto: le maxi fusioni, le scalate per incorporazione; gli scandali; la mala governabilità e l’esistenza di reti delinquenziali insite nelle strutture di potere che oggi la Magistratura ha messo in piena luce… E cosa dire del “Mobbing” attuato per le categorie dirigenziali da “eliminare” ed ai licenziamenti di massa quando i governi europei lo consentirono… o allo “smembramento” delle nicchie professionali, non per far posto a nuove assunzioni bensì per cacciare via personale “in esubero” ? Ma quale esubero! Il sistema bancario si impoverì tutto ad un tratto della professionalità che aveva, facendo risentire gravemente questa carenza al Mercato durante gli anni a venire. Per oltre quarant’ anni abbiamo assistito alla guerra per il potere tra le Banche e l’Industria; abbiamo vissuto le manovre Massoniche e mafiose che ci hanno portato al Crack del Banco Ambrosiano ed agli intrecci politici con le sue morti “eccellenti” … ormai “Storia” nel nostro Paese; abbiamo ascoltato le continue menzogne dei suoi “Guru” che ci hanno traghettato fino ai nostri giorni fin quando non ci hanno impoveriti dei nostri sudati risparmi creando prima, per poi disfare, le “bolle speculative” e ci hanno derubato con operazioni di “insider trading” (solo pochi anni fa ne era la prassi; quasi un privilegio per chi deteneva il potere di saperne prima degli altri). La Magistratura, i Politici, i Giornali, gli esperti dei Programmi Radiofonici e Talk-shows televisivi hanno tutti ultimamente evidenziato che gli ultimi scandali delle intercettazioni telefoniche derivano dal fatto che il “Controllato controlla i suoi Controllori” … Non era già evidente dieci anni fa la lotta per il controllo della Banca d’Italia da parte delle Banche? Ci hanno anche dimostrato quanto “marciume” ci circondi col caso “Consorte” e “Fiorani”… ma fino ad oggi non ci hanno forse fatto crescere “felicemente” in un sistema corrotto e spesso illegale senza mai dirci niente? Cito le “ottime opportunità di investimento “Cirio” e “Parmalat””; i “Bond Argentini”… tanto per citare gli ultimi e i più eclatanti investimenti indicati dalle banche da “piazzare” alla clientela senza che i dipendenti potessero obiettare, che parlano molto chiaro su quello che fu l’atteggiamento delle banche verso i loro risparmiatori e del fatto che nessuno, come la Consob e Banca d’Italia incluse, si fossero mosse “prima” di autorizzare le O.p.a. e prevenire le truffe. Era difficile che all’epoca un operatore commerciale o Promotore Finanziario riuscisse a leggere e “capire” i difficili e pesanti libri chiamati “Opuscoli Istituzionali” che la Legge imponeva semplicisticamente di “leggere” prima dell’adesione a migliaia di Opv o Opa che si susseguivano mensilmente durante gli anni 1998-2000… gli anni della Bolla speculativa. La maxi-truffa in America “Enron” coadiuvata dal comportamento delinquenziale della “Arthur Andersen” –notissima ed importantissima Società di Revisione che doveva “controllare” i bilanci della stessa Enron- dimostrò inoltre come era corrotto il sistema di controllo delle banche e delle operazioni finanziarie. Ma chi volle tutto ciò? Chi ha sempre detenuto il potere oscuro di manovrare il mercato e lo ha sempre esercitato per scopi illeciti ai danni dei risparmiatori? Quanti altri scandali e truffe scopriremo nel futuro che sono attualmente perpetrate dentro i templi del “Dio Denaro” senza che si sappia niente? E’ nata forse oggi “Bancopoli”, o è sempre esistita ed oggi fa “comodo” tirarla in ballo per opportunità politica? Perché esistono ancora i “Paradisi Finanziari” nel mondo che non riusciamo a debellare come la Svizzera, il Principato di Monaco, San Marino, Cipro e le isole Cayman… (per citarne solo alcuni)? Perché esiste il “Segreto Bancario”, il “Conto Cifrato”? Cambierà qualcosa nella società italiana o dopo questo “ennesimo polverone” che ha costretto il Governatore della nostra prestigiosa Banca Centrale a mollare la “poltrona a vita” accadrà qualcosa che ci “distrarrà” nuovamente facendoci diventare insensibili e vaccinati alle solite ruberie, pensando alla propria pagnotta quotidiana da sudare? “… E tutti torneremo al nostro “caro” posto di lavoro, sottomessi e “grati”… con la testa china e lo sguardo apatico… pensando al nostro futuro ed a quanto siamo stati fortunati di non aver perso la nostra poltrona…” Purtroppo i recenti scandali piovuti sugli Organi della Banca Centrale ed i casi Giudiziari aperti contro personalità del mondo politico e bancario del nostro Paese, imbrattano d’infamia tutta la “Categoria dei Bancari”. Nonostante la mia “presa di distanza” da quel mondo e mentalità ormai a me lontane, non lo ritengo giusto e voglio spezzare una lancia a favore di tutti coloro che lavorano in quel mondo, in quanto il suo popolo è formato da persone selezionate e con curriculum di grande moralità ed onestà. Il Prestigio, le banche se lo sono meritato grazie ai loro dipendenti, ed il fatto che siano esistite ed esistano tuttora le “mele marce” non deve infangare una categoria intera. “BanKari” diventa in questo contesto più attuale che mai, facendo riaffiorare le sofferenze ed i sentimenti, i dogmi e le fedi del “popolo delle banche” che combattono da sempre per il “bene” e per la giustizia all’interno della propria Azienda: Questo libro è dedicato a tutti quei bancari coscienziosi, onesti e dediti alla loro professione, che -comunque fedeli agli ordini impartiti dai superiori-, riescono a “pensare” e a “ribellarsi” agli ordini sbagliati o impartiti dai mascalzoni. Il mio invito a tutti coloro i quali vivono quotidianamente le problematiche di questo antico mestiere è di ragionare con la propria testa e di ascoltare la propria coscienza e di lottare fermamente per i principi di onestà e correttezza morale. Quei principi in cui hanno creduto i loro predecessori, facendo dei Bancari, una Grande Categoria. Vivere in Banca... come Roberto e Raffaele.
Alberico Lupi
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OTTOBRE
Ieri
-1-
Era una giornata fredda, piovigginosa, grigia. Tutt’intorno era umido e le goccioline di acqua danzavano giù per i vetri della grande finestra che dava sul parco. Raffaele si sentiva umido addosso. Si era messo il vestito più bello che possedeva, per quella occasione. Ma adesso si sentiva a disagio, così inumidito... Il vestito emanava un odore strano. Di muffa? No, forse di stantio. Era la prima volta che si vestiva invernale. Era la prima giornata un po’ fredda che faceva in quel mese di ottobre. Strano. In genere fino alla fine del mese si stava bene ed il clima era mite, ma quest'anno il freddo era arrivato un po’ prima. Si guardò intorno: a parte la grande vetrata sul parco, la stanza era ovattata da moquette per terra e stoffa alle pareti. I suoni venivano soffocati dal condizionatore creando un ambiente irreale, come in un "limbo", come se il tempo si fosse fermato. Erano le otto in punto. Aveva sonno ma i pensieri gli frullavano nella testa ad un ritmo accelerato come il ticchettio dell'orologio. Era un giorno importante, quello. Non doveva sbagliarsi. Guai a sbagliare le parole!. Era nervoso e se lo sentiva addosso; gli sudavano le mani... i pensieri scorrevano troppo veloci, disordinatamente. Si mosse per vedere più da vicino un quadro (di autore?) appeso ad una delle pareti. Non conosceva il nome dell'autore ma i colori erano appariscenti, vivi. La trama non si evidenziava, era una di quelle tele che dicono e non dicono niente... un quadro moderno da interpretare, fatto da chissà chi e comprato tanto per riempire il "buco" e " arredare"... Forse (pensò) qualche dirigente aveva imposto l'autore per favorirlo... facendosi anche un regalino ... magari a casa sua. Tangentopoli non finiva certo al punto in cui erano voluti arrivare! Tanto per la cronaca Raffaele aveva saputo che la sua azienda aveva pagato fior di quattrini ai maggiori giornali per evitare "notizie sfavorevoli" o "contrarie". Oppure, per restare in tema di gestione acquisti, solo una ditta aveva avuto l'appalto esclusivo per la stampa di tutta la loro modulistica... Fior di miliardi che sicuramente avevano fatto mangiare tutta la Direzione Generale! Mah... Pensava e osservava il quadro. Gli occhi gli si chiudevano. Non aveva dormito per niente la sera prima, dal nervoso. “Quando mi tolgo il rospo dallo stomaco” diceva a se stesso “mi passerà la gastrite”. Difatti Raffaele soffriva di gastrite e di coliche nervose da quando le cose in banca non erano andate più per il verso giusto. Il lavoro certo non lo esaltava. Non si sentiva per niente "tagliato" per quel mestiere e soprattutto non si sentiva realizzato. Ma ciò che lo faceva imbestialire era il metodo di gestire il personale. “Numeri!” ripeteva sempre. “Siamo solo dei numeri per loro!”. E le giornate passavano inesorabili tra un litigio e una lavata di testa da parte di qualche superiore. Uno sgarro e una vendetta, qualche rogna o un cliente inviperito allo sportello... il capoufficio che si lamentava perché c'era troppa gente che si segnava lo straordinario o il capo del personale che redarguiva il collega perché troppe volte in una giornata era stato visto prendere il caffè al distributore automatico. Poi, però, quando ai capi serviva, venivano spostati da un ufficio all'altro senza poter dire “ah” Mai che venissero incontro al dipendente: “desidera andare in qualche ufficio particolare?... dove si sente maggiormente realizzato?... Ha qualche preferenza per un’Agenzia?” Macché! Lui era stato sballottato per mesi da un posto all'altro. La mattina all’agenzia di Piazza Spagna, poi, appena arrivato, veniva un contrordine e si doveva recare "di corsa" a Monte Mario. Arrivato dall'altra parte della città (e a Roma si sa quanto tempo si impieghi a spostarsi da un capo all'altro della città) gli era stato detto : domani all' E.U.R.. E così per circa tre mesi. Si era anche dato malato per vedere se ci mandavano qualcun altro. Tic... tac... erano solo le otto e cinque. Il tempo scorreva lentissimo. L'appuntamento era alle otto e mezzo e di questo passo il tempo non sarebbe passato mai. Si guardò le scarpe. Erano bagnate anche loro, sulla punta. Si erano pure sporcate di fanghiglia. Estrasse un fazzoletto di carta e lo insalivò senza toccarlo con la lingua. Poi lo stropicciò leggermente sulla scarpa e la pulì asciugandola appena, onde evitare di lasciarci attaccata la carta. Adesso erano un po’ più decenti. Si toccò la cravatta per vedere se il nodo "alla scappino", come gli aveva insegnato a fare suo padre (era l'unico nodo che conoscesse), fosse fatto bene e se la cravatta pendesse correttamente. La barba se l'era aggiustata corta corta di circa 1 millimetro la sera prima ed aveva usato il profumo costoso, quello regalatogli dalla sua mamma l’ultimo compleanno. Voleva fare una bella impressione, come vuole l'etichetta, visto che il colloquio era col Capo del Personale. Ma come mai questa convocazione? Non era proprio riuscito a capirne il significato. L'aveva chiesto al suo capo diretto, il sig. De Filippis, vicedirettore, il quale sapeva parecchie cose, lì dentro. Ma questi l'aveva squadrato bene negli occhi e senza battere ciglio gli aveva risposto che non ne aveva la più pallida idea. “Io sono contento di te” gli aveva anche detto per rassicurarlo. No, non pensava fosse stato lui a farlo chiamare. D'altronde ci potevano essere mille motivi per andare all’Ufficio del Personale. Da semplice routine a qualche spostamento di ufficio oppure... per una promozione! Ma no… Raffaele sapeva che di promozioni non se ne parlava da un bel pezzo. Dallo sportello l'avevano “convinto” a trasferirsi all'ufficio “Incidenti e Contenzioso”. Una bella roba! Tutte “rogne”, dalla mattina alla sera: una messa in mora, un reclamo, un incidente col cliente tal de’ tali... un decreto ingiuntivo urgente... oh! Per non dimenticare le noiosissime riunioni di "salvataggio" di alcune aziende con i rappresentanti delle banche ed i curatori che proponevano “concordati preventivi” prima di dover affrontare un eventuale fallimento. Anche se doveva riconoscere che, in effetti, professionalmente aveva avuto modo di crescere un po’. Ultimamente si vociferava però nei corridoi che lo avrebbero nuovamente spostato allo “Sportello” del pubblico. Perché “sbatterlo” nuovamente quando già ci stava? Forse, pensava lui, prima lo avevano declassato togliendolo perché non rendeva . Ma allo sportello non ci potevano neanche mettere un deficiente... perché allora rimettercelo? Oltre ai risultati che si dovevano portare bisognava avere presenza, pugno di ferro, savoir-faire ed astuzia con la clientela per non farsi scappare l'affare; agganciare il cliente tentennante e fargli fare quell' investimento o quell' altro affare…per la banca, s’intende. Insomma, non fare “dirottare” i fondi che erano la linfa vitale della banca. “La Raccolta!”, quella famigerata parola che riempiva la bocca del Direttore, e poi del Condirettore, e poi dei vicedirettori, e poi ... e poi... poi c'erano i “Funzionari” come Raffaele, che avrebbero dovuto rompersi l'osso del collo per farla questa famigerata “Raccolta”!. Agli impiegati non potevano forzare più di tanto la mano perché li mandavano a “spigolare”. Quello perché ormai quasi in pensione se ne fregava, l'altro che aveva la moglie malata gravemente e quindi bisognava essere comprensivi. Uno era sindacalista e nessuno osava andarlo a stuzzicare. Un altro era “scoglionato” (termine tecnico bancario sinonimo di “demotivato”) e Raffaele tentava in tutti i modi di spronarlo, ma senza aumenti di “stipendio” o di “grado” (che aiutava per far “carriera”) non era affatto facile. L'unica “carota” che Raffaele poteva sventolare a quella gente era accordar loro permessi retribuiti (di nascosto al Personale) ed accordare le ferie per i periodi estivi e di Natale-Capodanno, periodo che tutti chiedevano. Le otto e venti. Si sedette di nuovo. L'intestino brontolava. Era tipico per Raffaele sentire il ventre in subbuglio quando era nervoso. L'ultima volta che ricordava di essere stato male, ma proprio male, era stato dopo la terza rapina. Sì, proprio una brutta faccenda. Quelli erano drogati ed impauriti, tanto che a uno gli tremava la mano. “ Adesso spara un colpo” pensò allora. Il cassiere, con duecento milioni di lire per terra, dentro la cassetta di ferro, gli diceva al bandito “i soldi li ho nel caveau!... vieni giù che te lo apro!” rischiando la propria vita e quella dei colleghi qualora il delinquente si fosse accorto della bugia. Che imbecille ed irresponsabile era stato! Se la ricordava bene quella maledetta colite spastica durata ininterrottamente più di un mese! Lo curarono col bromuro perché dicevano che i nervi sotto choc contraevano in continuazione le budella!.. E poi, la grande delusione. Arrivarono i “Grandi Capi” a rincuorarli per lo spavento subìto portando wisky, grappa e dolci, “abbracciandoli paternamente” avvolgendoli e stringendoli con le braccia in senso paterno. Raffaele pensò veramente di far parte di una “grande famiglia”, ma dopo un po’ di tempo gli fu spiegato da colleghi anziani e smaliziati che in dette occasioni il capo del Controllo e quello del Personale “tastavano” i dipendenti per coglierli in flagrante qualora avessero nascosto delle mazzette (lasciate dalla frettolosa fuga dei ladri) nel taschino interno della giacca o nei pantaloni... Ci mancava che lo avessero tastato nelle parti “basse”! “Chissà cosa vuole quello?” pensò di nuovo Raffaele: “Forse mi farà veramente tornare in agenzia... e se lui mi dovesse chiedere cosa preferisco... allora gli dirò che sono letteralmente scontento di tornare in trincea. Mi sentirà proprio… Oppure gli dirò che sono stufo di essere trattato da "tappabuchi", che ho una certa professionalità che non sfruttano e che mi sento un numero. Gli dirò che voglio nuovi stimoli!.” Difatti Raffaele aveva un patrimonio linguistico notevole e si sentiva sprecato nel fare lavori che non fossero collegati con le sue capacità. E poi odiava la routine. D’altronde anche il lavoro di Agenzia non era ciò che più gli si confacesse: sempre e comunque le stesse cose, nella rincorsa infinita dei budget da raggiungere, e le solite problematiche col personale! D'improvviso la porta si aprì. Si affacciò una bella fanciulla di nome Daniela. Lavorava per l'ufficio del personale. Portava una bella gonnellina blu a plissé ben fasciata. Corta un palmo sopra le ginocchia che sfoderava due belle cosce, ben fatte, con tutto il resto... ed una caviglia sottile, raffinata come un cavallo da corsa. Era mora e aveva gli occhi a mandorla, scuri. Un bel sorriso ed una bocca carnosa. Portava gli occhiali che le davano un tocco di classe... (un po’ della "Segretaria tuttofare".) - Ciao Raffi, come stai? - disse lei arrossando lievemente. - Ciao... sto benissimo - rispose lui ammiccando. - Sei venuto per il "Capo", vero ? - - Hmm... sì. Mi ha convocato lui... - - Ah... e a che ora? - - Adesso, praticamente...- poi riflettendo chiese - A proposito, sai il perché? - Raffaele aveva recentemente avuto una storia con Daniela, e si erano lasciati in ottimi rapporti. Così ottimi che ogni tanto si vedevano ancora. Solo da amici, ma si vedevano. Adesso aveva preso coraggio e si era lanciato nel chiederle quella informazione, così importante per lui. Non riusciva a capire il perché di questa convocazione e si sentiva un po’ come il "sig. K" nel Processo Kafkiano. Aveva la sensazione di essere inquisito; tutto quell' alone misterioso intorno ad una convocazione senza una ragione apparente. Daniela rispose negativamente con la testa e alzò leggermente le spalle a mo’ di scusa per non essere al corrente e non poterlo aiutare. Gli disse che se serviva qualcosa lei era “a disposizione”, e con quel “doppio senso” si congedò con uno sguardo languido e furtivo nel richiudere la porta. Raffaele non fece in tempo a dirle di lasciarla aperta. La porta si chiuse e lei si dileguò. Si sentiva soffocare adesso che erano le otto e trentun minuti. La sensazione di panico si faceva sempre più forte e col riscaldamento acceso,la voglia di togliersi la giacca invernale, diventava irresistibile. Si toccò il polso per sentirne le pulsazioni: erano regolari seppur un po’ veloci, ma sapeva bene che in uno stato di agitazione era normale avere un po’ di tachicardia. Si alzò; andò verso la porta del salottino d'attesa e la spalancò. Si sentì un po’ meglio. Stette vicino alla porta qualche secondo, poi si affacciò timidamente fuori e osservò il commesso che leggeva il giornale. “Ha bisogno?” fece questi alzando lo sguardo. “Sa se il Sig. Battigia sia già arrivato?... avrei un appuntamento…” disse timidamente Raffaele. “Guardi che è qui dalle sette e quaranta!, vediamo un po’... posso telefonargli se vuole...” “No, no!... grazie...” Raffaele aveva timore di essere impertinente a sollecitare il capo del personale soprattutto per un colloquio di cui non conosceva neanche il contenuto, e sentiva crescere l'ansia dentro di sé. No. Chiamarlo e fargli presente che non era stato puntuale l'avrebbe potuto irritare ulteriormente. No, no... - Non si preoccupi, aspetto - e si ritirò in buon ordine nuovamente dentro la saletta d’attesa riaffacciandosi alla finestra. Fuori non pioveva più. Si era alzato un po’ di vento. Qualche foglia gialla cadeva trasportata giù in mille piroette. Il sottobosco del parco ne era pieno. Da lì si vedeva l’ arteria principale dell’E.U.R. . Era trafficatissima a quest’ora. Ormai era l'ora in cui tutti dovevano arrivare al proprio posto di lavoro, e tranne i lavoratori ministeriali che attaccavano prima, essa si affollava di ritardatari innervositi dai semafori rossi e dal traffico intenso. I clacson suonavano come delle trombe in un concerto, accompagnati dal fracassante ronzio dei motori stressati delle motociclette e dei motorini dalla marmitta consumata. Loro invece avevano il foglio “presenze” da firmare che alle otto e venti veniva rigorosamente ritirato dai commessi, più rigidi delle “SS”. Poi ci si doveva “giustificare” all’ufficio Personale, e al terzo ritardo scattava la prima lettera di avvertimento. Alla terza lettera poteva anche scattare la “giusta causa” per essere licenziati. Raffaele era funzionario e quindi era esonerato dal firmare, ma la responsabilità di aprire e chiudere il “Tesoro” lo costringeva ad arrivare sempre prima dei cassieri ed a uscire dopo tutti gli altri... e dopo il suo Capo. Raffaele la considerava una vitaccia. Dalle dieci alle undici ore al giorno senza poter più segnare lo straordinario. Era sicuro di averci rimesso economicamente a diventare quadro direttivo. Pesavano ormai su di lui molte responsabilità tra le quali i risultati commerciali, strettamente collegati al personale, che doveva galoppare senza lamentarsi; le firme da apporre sui contratti, fideiussioni o affidamenti... tutto soltanto perché aveva "la Procura". Ma cosa firmava? Spesso lui non lo sapeva neanche. - Devi firmare e basta - gli rispondevano i colleghi o i suoi superiori. - Ci vuole la doppia firma - rispondevano altri. - Spetta a te, hai la “Procura”- e così via. Il commesso si affacciò: “ Il signor Battigia la sta aspettando.” Il cuore incominciò a battere forte. “Eccomi!” disse Raffaele affrettandosi verso la porta. Si aggiustò la giacca e ritoccò per l'ultima volta il ciuffo di capelli all'indietro. Si ripulì i denti con la lingua e deglutì con fatica quella poca saliva che gli era rimasta in gola. Seguì il commesso attraverso una porta, poi dentro un corridoio in linoleum di color beige maculato: voltò dietro di lui a destra passando lo sportellino delle impiegate del personale... quello sportellino basso più del solito… Fino allora Daniela e Raffaele si erano sempre e soltanto salutati quando si incontravano per i corridoi della Sede. Saluti seguiti da sorrisi maliziosi, ma Raffaele non si era mai azzardato a fare delle “avances” poiché le sue informazioni sulla “collega” erano che fosse sposata … e poi lavorava in un ufficio che era “tabù” per chi era “di carriera”. Era stato per caso che si era leggermente chinato quella volta davanti allo sportellino per parlare con Daniela -dovendo chiedere delle informazioni- e avesse intuito che anche lei si fosse separata... era bastata una sua battuta lanciata casualmente… -come mai non porti la fede?- un invito a farle nascere la voglia di parlarne, di sfogarsi... -come hai fatto a capirlo?- rispose lei arrossendo lievemente. -Mi è già successo… so come ci si sente e posso aiutarti… Guarda che si sopravvive… Ci si sente finalmente liberi e si ricomincia a vivere… Guarda me!- ribattè sorridendo. Poi, vedendo che lei lo fissava interessata e che si era avvicinata per parlare a bassa voce con una certa complicità, si fece coraggio e chiese: -Se ti può far piacere, stasera non sono impegnato… possiamo parlarne bevendoci qualcosa assieme- ammiccò lui col cuore trepidante. La risposta fu fugace ma impulsiva. Decisero di vedersi dopo l’orario di lavoro. Seguì prima un “drink” allo “Shangri La”; poi una cena da “Checco allo Scapicollo”; due bottiglie di “Corvo di Salaparuta”... prima ancora di capire ciò che stavano facendo, tutti e due erano ubriachi in macchina.